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1 marzo| 1704 Vincenzo Gritti

Dispaccio del 11 agosto| 1704|

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
il Capitan Belgramoni, che attualmente serve l’eccellentissimo signor Capitan delle Rive Donado, capitato qui i giorni decorsi, e trasferitosi a Trieste non so per quale faccenda, al suo ritorno di là è venuto a dirmi che da quel Generale gli era stata data incombenza di dovermi assicurare aver egli ordinato risolutamente al padron del feluccone napolitano uscito in corso, a non inferir molestie a sudditi della Repubblica, fisso nella massima di voler che caminino le cose con tutta quiete al confine. Che attese poi le gelosie a quali era al presente soggetto, nasceva anco a lui l’occasione di pregarmi a prescrivere circolarmente per la provincia, che nelle fedi di sanità da rilasciarsi nell’avvenire a chi partirà per i porti austriaci, sia specificato il nome, cognome, patria e nazione d’ogn’uno, per potersi regolare con tal’attenzione nell’admettersi in città, senza di che non sarebbero ricevuti. M’è parso che non fosse d’assentirsi alla richiesta, per gli impegni che portava seco, mentre o che bisognava far una rigorosa inquisitione sopra cadauno de passaggieri, o rimettersi alle loro asserzioni, et in tal caso, passando qualche estero sotto nome di suddito, s’avrebbe dato motivo a confinanti, venendo poi per quale accidente riconosciuto, di dolersi e sospettare d’inganno, a che sono facilmente inclinati. Affine però di non causar per l’altra parte dell’alterazione col mancar alle convenienze della corrispondenza, ho spedito da lui il Maggior Visconti a renderli grazie dell’uffizio obligante che mi era stato avanzato a nome suo, sopra l’intenzione di ben vicinare, in prova di che riconoscevo la commessione rilasciata al padrone della felucca, et attestarli che dal canto mio sarò ugualmente attento acciò non insorgano nuovità. Gli ho detto che li aggiunga che per quello spettava al punto delle fedi di sanità si compiacesse di riflettere che l’espressioni che si facevano nelle stesse erano le consuete e stabilite dall’uso ordinario; et che nel discorso poi, insinuandoli destramente i riguardi che correvano, cerchi rimoverlo dalla pretesa. Dopo averlo ricevuto et inteso volentieri, gli ha risposto che aveva dimandata la specificazione predetta non di suo capriccio, ma per comando espresso degli Ambasciadori cesarei di Roma e Venezia, che intendevano si usassero tali cautele. Che adognimodo, per farmi vedere la stima che faceva del cortese tratto che seco lui si pratticava e il buon genio che aveva di sodisfarmi, restringersi egli a dimandar che venghi spiegato per ora nelle fedi il numero solamente dei sudditi e degli esteri, senza maggior dichiarazione, ma che ciò abbia da farsi in tutti i luoghi subordinati a questa carica. Che si persuadeva che, passando a contentarsi di così piccola parte di sodisfazione, gli verrebbe da me senza difficoltà concessa; pertanto più che sotto il Generale Erbestein s’è anzi stilata la particolar minuta diligenza da lui prima ricercata. Quest’ultimo tocco, che m’arrivava improvviso perché per l’informazione sapevo che correva l’ordine solito senza alterazione alcuna, mi ha obligato a maggiori perquisizioni. Trovo veramente che uno de Ministri, destinato all’incombenza, i quali per la consuetudine del paese si mutano spesso, s’abbia l’anno passato, per il corso di vinti giorni in circa, presa libertà addotta in esempio; né l’eccellentissimo rappresentante dall’ora pareva saperlo, venendo sottoscritto le fedi medesime dal solo Ministro del Magistrato alla Sanità, composto da un certo numero di questi cittadini. Non dovendo però io prender norma dall’abuso in corso, e che tira seco in qualunque forma le sue conseguenze, né potendo sperarsi di superar d’avantaggio quello s’è fatto dal Generale, protestando anch’egli di dover ubbidire a superiori precisi comandi, mi rivolgo all’oracolo della sovrana sapienza dell’Eccellenze Vostre per ricevere lume di regola sicura nell’emergente, che con tutto il maggior ossequio rappresento. E, perché anco in altri tempi diverse volte per qualche dì non ha caminato questo traghetto, adesso pure, giacché non è cosa insolita, si fermerà, per non arrischiarsi a ricever il rifiuto o altro trattato che levi il negozio dall’indifferente disposizione in cui resta.
Intendo passato il sudetto feluccone alla volta del Po per tentar ivi qualche represaglia, e che persi poi il tirarsi a Corfù in aguato di tartane francesi, portando seco, ad oggetto di sorprender a man salva col deluderle, varie bandiere, e tiene tra le altre anco quella di San Marco.
La galeotta che avevo spedita nell’acque del Friuli in traccia di contrabandi, è ritornata dopo aver visitate quelle rive, senza che sii sortito d’incontrare alcun bastimento sospetto.
Si sono restituite pure a salvamento tutte le barche concorse di qua alla fiera di Sinigaglia, e giunto con una di esse per riveder la famiglia il patron Carlo di Carli, l’ho fatto con tutta cautela arrestare, e si trova in prigione, dove sarà custodito sino ad altre prescrizioni della Serenità Vostra, avendo con ciò ubbidito a quelle di 19 giugno prossimo passato. Gratie etc.
Capodistria, 11 agosto 1704.

Vincenzo Gritti, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 85.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.