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1 marzo| 1704 Vincenzo Gritti

Dispaccio del 5| novembre| 1704|


N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
s’attrovano al presente ridotti al solo numero di sei li banditi famosi che, carichi d’armi, uniti in truppa andavano infestando la provincia, e sono li nomi loro Marco Chiurco detto Moro d’Andrea, Giovanni Palichiurco, Simon suo fratello, Steffano Chiurco quondam Simon, Andrea Chiurco quondam Prenz detto Pungaletta o Tracchioro, tutti da Monsalese, villa del territorio di Parenzo, e Valentin Furlan da Visinada nominato Baldas suocero del sudetto Giovanni Palichiurco, banditi con pena di morte e confiscatione de beni dall’eccellentissimo precessore Zeno, in caso delegatogli dall’eccellentissimo Consiglio di Dieci, col rito di secretezza, unitamente con Zuane Parbin, et Andrea suo fratello, banditi con bando maggiore di morte tormentosa, conditione di tempo, et esborso di soldo, il primo de quali, caduto nelle forze della giustitia, restò sotto il reggimento precedente giustitiato, e l’altro, doppo haver rinovate le delinquenze con l’interfetione (?) di Marco Chiurco quondam Colle, preteso auttore dell’aresto del fratello, s’allontanò dal confine, e s’attrova presentemente in Gradisca, essendo pure nel caso stesso rimasto confinato in una carcere per anni sette Colle Garbin, padre delli sudetti fratelli, e l’altro suo figliuolo di nome Antonio che, retento in contrafatione di bando, fu mandato a moschettare in Parenzo; onde distrutti dalle forze della giustitia li fratelli suddetti, ristretto nelle carceri il padre con qualch’altro aderente, uscito dal confine l’altro figliuolo Andrea, devesi sperare che, con l’aresto o allontanamento degl’altri, siasi per conseguire l’effetto della quiete e sicurezza della provincia. A quest’oggetto esequendo le commissioni impartitemi dall’eccellentissimo Consiglio, ho rilasciate più volte le commissioni a Capi di cento et a Zuppani et huomini delle ville per la loro insecutione et aresto, e ne sarebbe seguito l’effetto, che tentorono sino nelle loro case, se dalle voci degli adherenti, e parciali (?) non fossero stati avisati, per il che recaduto al Capo delle cernide di Montona nella prima insecutione fermar la moglie di Valentin Baldas, che tiene l’habitatione in Vissinada, et il pastor degli antedetti banditi, che custodiva alcuni animali minuti in numero di 130, amassati con furti, e condutti nel castello di Montona, ho ordinato l’aresto d’esso pastore, con la custodia della donna e la rendita degl’animali al publico incanto, perché il denaro del tratto, conservato nella publica Cassa, e nella seconda insecutione fatta da esso Capo e soldati, sopra gl’avisi che si fossero colà lasciati rivedere, hebbe l’incontro dell’aresto di Mare, moglie del sudetto Giovanni Palichiurco, con un putello lattante, e di Mirco o Nicolò figliuolo del sudetto Furlan, giovine d’anni 18, che corre in sospetto d’essere anch’egli bandito, facendoli pure custodire nel castello sudetto di Montona, per raccogliere dai loro costituti le notitie necessarie alla giustitia, e rilevare particolarmente dalla voce delle done l’inteligenze et aderenze che tengo essi loro mariti e banditi sudetti. Le stesse diligenze saranno pure continuate da essi Capi e communi, così che devesi sperare di veder estirpata l’unione di gente così scelerata e trista, a consolatione e sicurezza della libertà e delle vite e sostanze de sudditi.
Con questo fine, tutto che m’attrovi haver in pronto molti processi da spedire con sentenze di bando in casi che furono delegati all’eccellentissimo precessore, et in me confirmata la facoltà del procedere, me ne vado astenendo per il dubio che potessero correre ad unirsi con li suaccenati banditi, ed ingrossarne il numero, a divertimento di che crederei potesse riuscire profittevole al publico servitio, et a quello della giustitia insieme, l’uso dell’alternative nelle sentenze di bando, o in servitio personale, o in esborsi di paghe per huomini al campo, come in altri tempi con commissioni di Vostra Serenità è stato solito praticarsi.
L’unione poi mottivata dall’eccellentissimo signor Capitanio di Raspo merita la publica comendatione, ma essendo stata dalla Serenità Vostra concessa la facoltà all’eccellentissimo precessore Morosini di liberare i Banditi della provincia, e poi nel reggimento susseguente Basadonna, con la chiamata universale de medesimi, la facoltà allo stesso di praticarne l’effetto, e non essendosi fraposto in questo tratempo, che il solo corso di due soli reggimenti, ho creduto proprio lasciarne cadere la notitia, nelle quali liberationi de banditi anco del reggimento di Raspo, non si raccolge (!) che niuno loro habbino proposto o abbracciato il servitio personale, dimostrandolo chiaramente tutto il tenore dell’annesse copie, alle quali unisco l’altra del numero de banditi, che dal corso d’anni dieci in qua s’attrovano descritti sopra li libri di queste publiche raspe; il che humilio a Vostra Serenità in obbedienza a ducali 13 settembre caduto. Gratie etc.
Capodistria, 5 novembre 1704.

Vincenzo Gritti, Podestà e Capitanio.

Allegati: documenti riguardanti le persone bandite dai rettori di Capodistria e di Raspo, con lista di nomi, provenienze e tipo di condanna (5 cc.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 85.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.