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25 luglio| 1709 Aurelio Contarini

Dispaccio del 18 novembre| 1709|

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
con mie humilissime di 4 corrente rappresentai all’Eccellentissimo Senato quanto circa il pagamento del dacio dell’imbottadura corer di contrario tra il conduttore del medesimo et questo corpo de’ Nobili. Mi risservai di fare lo stesso per il dacio ancora del vino a spina, per cui parimenti emerge controversia, controversia però assai differente, pronti li Nobili di pagare il dacio in ragione di soldi trenta per orna, in ordine a’ decreti dell’Eccellentissimo Senato, che in progresso meglio rifferirò; et il conduttore Sereni pretende esigerlo, come fu da’ Populari, in ragione di soldi quarantacinque, rispetto alli soldi dieci per lira che di tempo in tempo sono stati imposti.
Adempendo però all’obligo della mia riverenza con le presenti, premetterò esser questo uno di quei datii che anticamente di libera ragione della città furono da essa per effetto di devocione rassegnati alla Serenità Vostra, in augumento delle publiche rendite di questa Camera, la quale all’incontro assonse l’incombenza di sodisfare, come ha fatto, et fa in luogo della città, la limitatione alla Cassa dell’Eccelso Conseglio di Dieci, li medici et li precettori, che in tutto rilleva la summa di lire sei mille trecento novantasei correnti all’anno. Questo dacio della spina è pagato per il vino, che a minuto viene venduto nell’osterie et da’ particolari nelle proprie case; et per il dacio stesso anticamente veniva corrisposto il terzo di quanto si ricavava dalla vendita del vino; quando l’anno 1589, riccorsa la città alla publica clemenza, l’Eccellentissimo Senato assicuratosi con giurate informationi, che troppo pesante fosse la corrisponsione, prescrisse con l’occluso suo decreto 2 settembre anno sudetto 1589, che in avvenire non fosse pagato più di soldi trenta per orna, et non altro. Essendo poi a parte a parte in progresso di tempo stati imposti li soldi dieci per lira, quest’è la cagione che l’obligo della corrisponsione si sia avvanzato a lire due et soldi cinque; quale, rispetto massime alli soldi tre che si deve per il dacio dell’imbottadura, et poi anco alle spese del raccolto, che qui sono considerabili, io veramente la considero eccedente il terzo di quello viene ricavato, e così il premesso decreto dell’Eccellentissimo Senato non sortisse il suo effetto. Li Popolari hanno però sempre pagato, et pagano tuttavia in ragione di lire due, soldi cinque per orna; e se per parte della città, mentre venivano imposti li soldi per lira, fu fatto qualche riccorso, per rendersene esente non s’inoltrarono poi maggiormente, stante che li conduttori del dacio si contentarono d’esiggere da’ Nobili li trenta soldi solamente. Hora succede che l’attuale conduttore non intende distinguerli dalli Popolari, et pretendendo da essi Nobili ancora il dacio in ragione di lire due soldi cinque l’orna, rispetto come dissi alli soldi dieci per lira, è riccorsa la città già mesi nell’Eccellentissimo Pien Colleggio, et incoata causa, attende la sovrana sapientissima decisione. Se questa seguisse favorabile per la città doverebbe senza dubbio convertirsi in benefficio ancora de’ Popolari, contro quali non v’è ragione che possa distinguerli da’ nobili; et in tale caso dovrebbesi pure far adequata bonificatione al conduttore del dacio, da lui con questo espresso patto abboccato per anni quattro per lire cinque mille quattrocento ventiquattro, buona valuta, all’anno, compresi soldi per lira; summa annualmente superiore di lire settecento ottanta nove, buona valuta, alla precedente affittanza. Osservo in questi registri che dal nobil huomo ser Giovanni Foscarini, fu qui Podestà, possino, in essecutione di ducali dell’Eccellentissimo Senato 29 decembre 1706, esser state portate in tale materia informationi diffuse, onde da queste ancora l’Eccellentissimo Senato può raccogliere lumi maggiori per le sue sapientissime deliberationi. Gratie etc.
Capodistria, 18 novembre 1709.

Aurelio Contarini, Podestà e Capitanio.

Allegato: copia di ducale datata 2 settembre 1589, in materia di dazi (1 c.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 89.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.