30 aprile| 1716 Francesco Battaggia
Dispaccio del 7| luglio| 1716|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
con quanto di sollecitudine e di premura s’è accinta la mia obbedienza all’adempimento della raccolta prescrittami de’ marinari, con altrettanto di perversa fatalità vengono combatuti e rittardati gli esercitii della medesima. Subbito ritornato dalla visita della Provincia, di cui con altre mie lettere ho reso il dovuto conto a Vostra Serenità, diedi principio in Capo d’Istria e ne’ luoghi circonvicini alla sudetta raccolta nelli due giorni 24 e 25 giugno decorso. La prosseguii nelli susseguiti delli 27 e 28 in Pirano, d’onde sotto li 29 spedii all’obbedienza del Magistrato Eccellentissimo all’Armar 57 marinari estratti da’ luoghi sudditi. Dovevo alli 30 passare a Rovigno, ove unicamente sperano ricoglierne qualch’altro numero, non però riguardevole, mentre havevo presentito ch’erano preparati quei popoli a resistere con le loro instanze, e col mostrare che circa 200 di quegl’habitanti erano già passati volontariamente al servitio publico sopra l’armata. L’ostinatione de’ venti contrarii mi tenne il detto giorno dei 30, et il primo del corrente, nella necessità d’un otio tormentosissimo, et alli 2, havendo voluto tentare di prosseguire il viaggio in un legno de’ più svelti e solleciti, mi convenne tornar a dietro, per non cimentarmi con maggior pericolo senza speranza di prendere altro porto. Partito di nuovo alli 3, ho durata fatica a salvarmi dall’impeto de’ venti sempre contrarii nel porto d’Umago, insieme con le due galeote Navarin e Brancovich, che sono alla mia obbedienza, e con quella del Collonnello Nagadich, destinata altrove, ch’il giorno avanti era giunta a Pirano. Aggiungeva stimoli alle mie premure qualche incommodo sofferto nella salute, e pure ho dovuto star fermo per tutto il sudetto giorno dei 3 et il susseguente dei 4, in quel luogo d’aria la più insalubre, specialmente nella presente pericolosa staggione. Ho, non ostante, ressistito a tutto costantemente, lusingandomi che fossero finalmente per cessar, doppo sì lunga incredibile pertinenza, gl’ostacoli alla prossecutione del breve viaggio. La notte dei 4 parne che il mare si fosse alquanto calmato, onde circa le 3 hore feci che salpassero le galeote, et io mi riposi nell’accennato legno in camino. Fatti appena due miglia incalzò un vento contrario con tanto impeto che le galeote, unite sempre alla sudetta del Nagadich, furono astrette per non perire ad abbandonarmi, e ritornare nel sudetto porto d’Umago, et io mi ridussi in questo di Dalia, ove tutt’hora mi ritrovo, con grand’incommodo, con molt’afflittione d’animo, e non senza pericolo dell’incursioni nemiche, essendo in luogo deserto e senza galeote. Divisavo di prosseguire per terra, ma per il riguardo del decoro della carica, e della forza necessaria a conciliarli il rispetto di gente per altro insolente et ardita, comprendo di non poter ciò essequire senza l’accompagnamento della mia corte e delle galeote sudette. Fra sì moleste perplessità, venendomi fatto temere che la pertinacia de’ tempi presenti possa ancora persistere per più giorni, più tosto che continuare con publico aggravio in quest’otio odiatissimo e pericoloso, reputo miglior partito l’humiliare a Vostre Eccellenze quest’ossequiosa testimonianza della mia rassegnatione, e restituirmi alle premurose incombenze della carica, per poi rimettermi in viaggio ad ogni publico cenno, e subbito che mi sia permesso dal tempo. Intanto non lascio di riverentemente riflettere che con tutto l’impiego della mia industria io non posso sperar di raccogliere se non altri 25 o 30 marinari dalla terra di Rovigno, essendo tutti gl’altri luoghi littorali in sì scarso numero di habitanti, che come li più esposti all’infestationi nemiche hanno bisogno dell’aiuto delle ville circonvicine per potersi in ogni caso diffendere.
Havevo stabilito far servire quest’occasione anco per la cavata delle Cernide, con le quali m’ha commandato Vostra Serenità che supplisca all’armo della galeota grande fatta fabricare dall’Eccellentissimo Gradenigo, fu Proveditore alla Sanità. Anco sopra di questo rassegnerò all’Eccellenze Vostre con tutto l’ossequio il mio humilissimo sentimento, giaché me ne da l’appertura la necessità, in che sono, di differire per qualche giorno la sudetta estrattione. Accostandosi la mettà di luglio, ne giungerà forse il fine prima che resti essequita. Saranno levati li villici nel tempo del maggior bisogno a queste campagne, che sono la maggior parte infruttuose, per mancanza di gente che le coltivi. Non havendo commission né tempo per vestire le Cernide che fossero entratte, farebbero con li loro rustici e laceri vestimenti una figura molto indecente al publico decoro nella galeota sudetta. Nel caso di qualche incontro nemico si può temere che, gente inesperta nel mare, più tosto ch’aiuto fosse per dar confusione. Invigilando tutti li luoghi littorali più esposti alla loro diffesa, crederei che per scorrere la Provincia potessero bastare le due picciole galeote armate dalle due Compagnie Brancovich e Navarin, che sono alla mia obbedienza, e col risparmio alla Cassa publica di ducati seicento al mese in circa, resterebbe libera la galeotta grande alle publiche dispositioni. Se ciò non ostante conoscesse la Serenità Vostra di suo miglior servitio l’estrattione sudetta, userò tutta la possibile sollecitudine nell’essequirla, rassegnandomi con piena veneratione alle supreme sempre savie prescrittioni di Vostra Eccellenza. Gratie etc.
Dalia, li 7 luglio 1716.
Francesco Battaggia, Podestà e Capitanio.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 94.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.