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26 febbraio| 1617 Camillo Michiel

Dispaccio del 20 marzo| 1617|

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
a 14 dell’instante hebbi lettere da Castelnovo da Mehemet bassà, mandato dal suo Signore come Inquisitor a visitar la Bossina et l’Albania, colle quali mi ricercava il passo per questa giurisditione et commodità di barche da traghettar questo canale per passarsene in Albania, et insieme d’alloggiarvi per una notte colla sua compagnia ch’è di circa 200 cavalli, et che mandassi alcuno de nostri ad abboccarsi seco. Ho stimato per convenienti rispetti non dovergli concedere l’alloggiamento, et me ne son scusato seco con lettere, adducendogli l’incommodità del paese, che in vero è tale, ma nell’altre cose l’ho gratificato et l’ho anco presentato di zuchari, confetti, vini moscati, pesce, et altri rinfrescamenti, havendo giudicato dover in tali occorrenze così fare, ma di non presentar sede, ne cose simili di valuta senza commissione di Vostra serenità. Ho mandato a lui quel signor Vicenzo Pellegrini voivoda di questo contado, persona fedele et di molta isperienza, et valore con 300 achibuggieri del territorio a salutarlo et honorarlo a nome di Vostra serenità, il che ha insieme servito a publica dignità, et sicurezza et s’è detto bassà lasciato intender publicamente di partir sodisfattissimo de trattamenti fattigli, et nel partirsi, volendo mostrar confidenza chiamato a se a parte di sudetto Pellegrini voivoda gli ha conferito d’haver particolar commissione dal suo Signore d’inquirire di quelli che sono venuti alli stipendii di Vostra serenità et castigar li loro parenti, et ciò per li molti richiami et instanze fattegli dall’ambasciator dell’Imperatore. Non ha il voivoda mancato di rispondere quanto è stato opportuno col commemorare l’ingiurie et stratii gravissimi fatti da ladri uscochi, non solo alli nobili et sudditi nostri, ma anco a gli stessi sudditi turcheschi, che ne facevano et facevano fare continui et reiterati richiami, concludendo parergli cosa impossibile, che sapendo il Signor turco, come pur di tiene che sappi queste cose, et che si sono quest’armi prese dalla Serenità vostra non più per la propria difesa, che per quella delli sudditi d’esso Signor turco, et per la quiete di questo Colfo, che da tanti corsari uscochi era di continuo infestato, vogli hora precluder la via alli aiuti d’esse giustissime armi, quando per universale opinione s’aspettava che dovesse con ogni sforzo proteggerle, et fomentarle, tuttavia ha esso bassà repplicato tale esser l’intentione del suo Gran signore et ch’egli conviene essequirla, et che per ciò raccorda che si desista da far genti de suoi sudditi, aggiongendo di sapere che pochi se ne sono potuti cavare, et quei pochi quasi del tutto inutili, si che la Serenità Vostra ne riceve poco servitio, il suo Re molto disgusto, et si causa a quei miseri l’ultima rovina, et in conformità di queste sue parole ha fatto su gli occhi di detto Voivoda sacheggiar tre cose del territorio di Castelnovo, per haver trovato che uno per cadauna d’esse cose era ve[?] alli stipendii di Vostra Serenità, dal qual discorso et operationi di quest’huomo ho fatto concetto, che se pur è vero, ch’egli habbi intorno di ciò qualche commissione, sia però al suo partire stato corrotto da ministri arciducali o imperiali, perché [?] citi con maggior rigore. Ho voluto di ciò darne ragguaglio a Vostra Serenità et ne scrivo all’eccellentissimo provveditor generale, et con prima occasione ne darò aviso aviso colla solita zifra all’eccellentissimo signor bailo. Questo palazzo rovinoso si trova tuttavia su le punte, come per altre mie significai alla Serenità vostra, et pur si sentono frequenti scosse di terremoto. Il clarissimo castellano mi stimola con lettere avisandomi che il castello, la sua habitatione, et la vita sua stessa et della famiglia si trovano in grandissimo pericolo, si come da una sua qui occlusa potrà la Serenità vostra vedere, ne io altro di più posso fare che attendere che parendo alla Serenità vostra necessario il provedervi me lo commetta, et mi somministra quanto fa bisogno. Mi giongono hora le lettere da Constantinopoli in sachetti quattro, due de quali segnati S et le spedisco subito a Vostra Serenità in una cassetta segnata del medesimo segno, colla fregata proveditor Thomaso de Gregorio, et con aggionta di remi conforme alla commission dell’eccellentissimo signor bailo. Gratie.

Di Cattaro, lì 20 marzo 1617.
Camillo Michiel conte e provveditore

Allegati: lettera del Castellano al rettore di Cattaro (n°1).

Allegato n°1

Illustrissimo signor colendissimo
benchè con altre mie habbi suplicato Vostra serenità illustrissima del grandissimo pericolo in che io mi ritrovo con queste povere creature e del bisogno grande che mi sia accomodato quelli alloggiamenti per sicurtà delle vite nostre, poiché la casa sono in pericoloso stato, che per li scorli che bene e spesso si sente, temo al sicuro che un giorno sii qual che grandissima rovina, la quale non s’aspetti a un solo, ma a molti. Siché Vostra serenità illustrissima potendo avanti che tanta rovina accadesse rimediarli, la prego che per misericordia e per giustitia la vogli liberarmi con tutta la mia famiglia di tanto pericolo, et a Vostra Serenità Illustrissima riverentemente le baccio le mani.

Dal Castello, lì 14 marzo 1617.
Lunardo Lombardo castellano.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.