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26 febbraio| 1617 Camillo Michiel

Dispaccio del 9| marzo| 1617|

N. (senza numero)
Serenissimo prencipe
ricevo hoggi in un stesso tempo doi dispazzi dell’eccellentissimo signor bailo, il primo [?] in sachetti tre, un de’ quali segnato S con sue lettere di 12 febraro passato, il secondo [?] in un picolo sachetto segnato dell’istesso segno, con altre sue di 17 medesimo et li spedisco immediate alla Serenità vostra in una cassetta segnata S. colla presente fregata provveditor [?] Triffon de Zorzi, et con aggiunta di remi conforme all’efficacissima commissione che ne tengo da detto eccellentissimo signor bailo. M’ha in’oltre inviato Sua eccellenza un commandamento del Gran Signor turco per il sangiacco di Carcegovina et cadì di Pevia contra quei conti di Dragoloviti che trattenero le lettere publiche, et mi scrive che reputa necessario l’accompagnar esso commandamento con qual che donno perch’habbi il commandamento essecutione, et siano castigati coloro, comportando l’uso del paese, che si proceda in tal maniera (ho stimato mio debito non dover sopra di ciò risolver cosa alcuna, ma tener appresso di me detto commandamento et darne conto alla Serenità vostra, per attender quell’ordine ch’ella sopra ciò si compiacerà darmi). Mi scrive anco Sua eccellenza essersi sparsa voce in Costantinopoli che da spagnuoli vengano promossi motivi nella Servia et che vi si senta qualche sollevatione, et mi ricerca che havendone io qualche sentore glielo communichi, potendo ciò importar molto al servitio della Serenità vostra, onde mi son a punto incontrato coll’intentione di Sua eccellenza havendola colle precedenti mie, che fino a quest’hora devono esserle gionte, avisata colla solita cifra di quanto in questo proposito ho potuto penetrare conforme anco a quanto scrissi a Vostra serenità e haverei fatto. Doppo non ho inteso altro di più, se non da un marinaro venuto di Puglia, che continuino tuttavia li medesimi apparati, et disegni, altre volte scritti come dal qui occluso constituto d’esso marinaro potrà la Serenità vostra vedere, et perché si soleva ordinariamente in questo paese, et particolarmente da buduani, pastrovichi et perastini carricar sopra barche et vascelli per sottovento cavalli, et legnami per vascelli, m’è parso in questi tempi prohibirglilo fino ad’altro mio ordine, per dover poi in ciò regolarmi, conforme a quanto alla somma prudenza di Vostra serenità parerà di commettermi. Et starò attendendo d’intenderne la sua intentione ne debbo restar de dirle, se ben con mio sommo dispiacere, che si sono sentite qui in pochi giorni diverse scosse di terremoti. Peril che col consiglio del proto, che s’attrova qui mandato dall’eccellentissimo provveditor general Belegno, ho giudicato ispediente il far puntellar questo pallazzo, c’ha tanto patito per l’accidente del primo terremoto, et si trova tuttavia su le punte. Ho fatto s che quel Ali Scurra turco, del quale ultimamente scrissi a Vostra serenità s’è contentato di venir in questa città, et nel proprio pallazzo publico a trattar l’accomodamento delle sue diferenze colli buduani et pastrovichi, parendomi ciò esser di maggior dignità publica che il ridursi com’altre volte s’è fatto in campagna per tali effetti con pericolo di qualche grave inconveniente, et ho operato di modo che s’è concluso detto accomodamento con sodisfattione compita d’esso Ali, et d’altri turchi, che per la parte sua vi sono intervenuti, che tutti si sono partiti contentissimi et con avantaggio anco de nostri, sendosi ultimato questo negotio con migliori conditioni per loro di quelle che sono state proposte tutte le volte che s’è tentata questa conclusione. Gratie.
Da Cattaro, lì 9 marzo 1617.

Camillo Michiel rettore.

Allegati: costituto di Matthio da Perasto (n°1).
Allegato n°1
Die veneris 3 martii 1617.
Fato venire Mathio di Andrea da Perasto, marinaro, fu interrogato di dove venga, rispose vengo da Trani di Puglia, con detto Grippetto de Nicolò d’Andrea da Perasto, che andò in là carrico di scoranze. Interrogato quanto tempo fu che partì da Trani, rispose partissimo domenica passata di sera, et giorno hieri sera a casa a Perasto. Interrogato che nove porti, et quello si raggiona in quelle parti, rispose ho inteso che a Napoli vi è un’armata di trenta cinque galee, et trenta vascelli grossi, cioè bertoni, et per tutta la Puglia di fa provisione grande di biscotto per uso di detta armata, la quale si dice dover venir in Colfo, et si diceva particolarmente che doveva andar alla Vallona. Ben è vero che si diceva anco che havessero dimandato alli ragusei il porto di Santa Croce, et ch’essi non glie l’hanno voluto concedere, ma hanno scritto di ciò a Venetia al serenissimo Prencipe, et spagnoli hanno saputo che detti ragusei hanno scritto perché in quelle parti di sottovento vien riferito ogni minima cosa che succeda di qui. Interrogato come et da chi habbi inteso questi avisi, rispose li ho intesi da diversi, perché a Trani et in Puglia, dove son stato, si ragionava di queste cose publicament, et quanto ho detto è verissimo. Interrogato se sappi che siano stati rettenti in quelle parti alcuni sudditi di questo Stato, capitati la con loro vascelli, rispose siamo stati rettenti tutti, et anco diversi mercanti, cioè prohibitoci il partirci, col levarci li armizzi, et siamo stati così tredici giorni fino ch’è venuto un ordine da Napoli, hora siamo liberati, et di più hò inteso, che il primo giorno di questo mese dovevano partirsi sette vascelli grossi, et venur a porsi sotto il Monte di Sant’Angelo. Quibus habitis.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.