24 febbraio| 1616 - 22 luglio| 1617 Marin Garzoni
Dispaccio del 30 gennaio| 1618|
N. (senza numero)
Serenissimo principe
ho al fine operato tanto in Serraglio di Bossina col mezo del signor Velutelli et con altri mezi in Mostar et altrove che si rissolvono li mercanti d’inviar le robbe, già per altre mie notificate a Vostra serenità trovarsi in paese senza tardar più a questa scala, dove sin hora sono gionti da seicento coli in circa et spero che in queste due prossime venture settimane che giungerà tanto che fornite le dovute contumaccie sarà certamente all’ordine il carico di una galea et d’avantaggio oltre quel di più che giornalmente poi giungerà. Non restando io così, per quanto posso, d’invigilare con ogni spirito a questo importantissimo negotio per gl’interessi dell’Eccellenze vostre illustrissime, alle quali non devo restar di riverentemente aggiunger che havendo ricevuto hoggi a punto ordine dall’eccellentissimo signor general Belegno con sue lettere de 15 instante di procurar a questi turchi confinanti et da altri, potendosi, attestationi et fedi in publica forma et dell’esquisita diligenza di Vostra serenità in custodir non solo le proprie, ma le marine et sudditi del Signor turco ancora et dalla perfidia continuata da ragusei, eccitatori della venuta et del ritorno in Golfo de spagnoli, come communi nemici a commun danno, con le grosse provisioni di più fatte dal publico a repressione d’ogni loro tentativo, procurerò di non rendermi del tutto infruttuoso in questa occasione, inviando con ogni diligenza quel più che potrò havere a Sua eccellenza per mandarlo all’eccellentissimo bailo di Costantinopoli a chi pure ne ho già inviato altre, ottenute senza minima spesa del publico. Dolendomi non poter quanto vorrei per ben servir, come devo, la Serenità vostra et l’Eccellenze vostre illustrissime tutto che debolissimo et sfortunatissimo soggetto et posso a ragion et non eccessivo cordoglio dirlo al presente, seben l’habito et la familiarità delle disaventure doveriano hormai rendermi insensibile ogni colpo d’avversità et delle maledicenze di questo monsignor reverendissimo arcivescovo, inventate con altretante falsità con quanto poco affetto si è ridotto Sua signoria reverendissima et me ne sono scordato di darne con l’altre mie parte a Vostra serenità, traffitto io per l’animo nella memoria, a riprender questo clero perché nei presenti sospetti di guerra si siano molti pretti proveduti di arme, per esporsi pronta et divotamente in servitio dell’Eccellenze vostre a diffesa di questa città, con dire che non tocca a religiosi il combattere, ma esser spettatori dei successi fra prencipi catolici, aggravandosi meco poi perché nelli proclami fatti generali che cadauno atto alle armi debba trovarsi pronto nelle occasioni a publico servitio non ho specificatemente escluso il clero, il qual constando fra molti altri di molti buoni huomini da fattione in circa è, si può dire, il nervo, considerata massime questa sua propria fortezza, della diffesa della città, nella quale per la descrittion da me fatta non sono da fatti più che da trecento quaranta persone in circa. Né voglio pur tacermi che prettenda monsignor reverendissimo non concedermi licenza, occorrendo, d’essaminar alcun prette se non gli vien prima detto sopra che doveria essere essaminato, onde anco le materie di stato pressume egli così che se gli debbano conferire, quando gli succedesse d’ottenerlo; volendo pur che il cappellano del reggimento non possa ad instanza del rettore dir messa dove gli occorrerà senon ha un mandato di licenza da Sua signoria reverendissima come a punto ha fatto al mio, ancor che canonico titolato della catedrale, né però me ne sono io rissentito, stimando poco simili leggierezze nelle quali al fine, convinto et confuso per l’aventura, monsignor illustrissimo vedendomi non curarle et caminar io constantemente fisso al sol del servitio et de gli interessi di Vostra serenità ha voluto hora che m’accompagni l’ombra delle sue calunnie, confermando così esser accidente inseparabile da gli ordinarii miei successi la perfidia della fortuna. Gratie.
Di Spalato a 30 genaro 1617 [m.v.]
Marin Garzoni conte et capitano
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 17.
Trascrizione di Damiano Pellizzaro