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26 febbraio| 1617 Camillo Michiel

Dispaccio del 17 marzo| 1618|

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe,
fin l’anno 1581, 14 novembre [?] fu dalla Serenità vostra, per parte dell’eccellentissimo senato, copia della quale sarà qui occlusa, assignato per aumento di salario di cancellieri di questo reggimento ducati tre al mese, si che fossero in tutto ducati cinque al mese da pagarsili dalla Camera di Liesina. È seguito in progresso di tempo, non so per qual causa, difficoltà nel riscuotere detto salario, onde li rettori miei precessori hanno levato mandato alli loro cancellieri et fattoglilo pagare da questa Camera, dandone però debito a quella di Liesina, et è asceso il debito alla somma di più di 1.400 ducati. Ultimamente, circa il fine del reggimento dell’illustrissimo Dolfin mio precessore, gli fu dalli illustrissimi signori regolatori alla scrittura commesso che non dovesse permettere che il salario fosse più pagato al cancelliere da questa Camera di Cattaro, che altrimente gli sarebbe al suo ritorno a Venetia stato impedito di andare a capello, significandole anco di haver scritto all’Illustrissimo signor conte et proveditor et al clarissimo signor camerlengo di Liesina che, non facendo essi pagar detto salario, ritroverebbero al loro ritorno il medesimo impedimento nel voler andar a capello; non dimeno et esso Illustrissimo mio precessore, coll’haver portato fede che il suo cancelliere nei primi giorni del suo ingresso fu pagato antecipatamente per tutto il reggimento, si liberò da tal impedimento, et il medesimo fecero l’illustrissimo signor conte et proveditor et il clarissimo signor camerlengo di Liesina ultimamente ritornati da quel carico, se ben non hanno mai fatto pagar un soldo, ma solo portato fede che nel tempo del loro reggimento non si è ritrovato in Camera denaro di tal ragione, la qual fede presuppongo che possino portar anco tutti li altri che gli sono successi et succederanno, et che in tal modo la gratia concessa dalla Serenità Vostra habbi a riuscir infruttuosa. Haverei forse potuto assicurarmi colli essempi predetti di dover andar a capello ancor io, se ben havessi fatto pagar al mio cancelliere il suo salario di qui, nondimeno, per dimostrarmi riverente essecutore delli ordini delli predetti Illustrissimi signori regolatori, non ho voluto farlo, et ho fatto ogni possibile tentativo perché il cancelliere conseguisca il salario dalla Camera di Liesina, et scritto più volte per tal causa a quell’Illustrissimo signor conte et proveditor, né mai potuto haverne pur risposta; onde quando l’illustrissimo signor provveditor general Zanne fu a Liesina coll’armata gli scrissi facendogli instanza che si compiacesse di far pagare a detto mio cancelliere il suo salario da quella Camera, et hebbi risposta da Sua eccellenza non esser possibile, per non attrovarsi in quella Camera pur un ducato, anzi, che Sua eccellenza ha convenuto accomodar quella comunità di denari, et già sono passati li due terzi del mio reggimento né il cancelliere ha mai potuto haver il suo, né gli resta speranza alcuna di haverlo per quella via. Rissolsi però di riccorere, come feci, alli medesimi Illustrissimi signori regolatori alla scrittura, ricercandoli, che per ogni termine di ragione et giustitia, stante l’impossibilità sudetta di riscuoterli dalla Camera di Liesina il suo salario passato, il che per li tanti esperimenti da me in darno fatti posso affermare per cosa certissima, si compiacessero, ritrattando in questa parte l’ordine loro passato, permettere et darmi ordine che io facci pagare al cancelliere il suo salario da questa Camera, come è stato fatto per il passato, prendendo altro ispediente quanto alla reintegratione da farsi dalla Camera di Liesina di quasi tutta debitrice a questa, che sarebbe col mandar debitrice a Venetia essa Camera di Liesina, et dar particolar obligo alli Illustrissimi provveditori et clarissimi camerlenghi di quella città di far scontar per ogni reggimento una portione di detto debito, et portar il denaro a Venetia, che in altro modo né il cancelliere presente et successori saranno mai pagati, né il publico reintegrato. Mi hanno risposto detti illustrissimi signori regolatori, che stimano necessario il provedervi, et il cancelliere digno di esser essaudito, ma che non hanno autorità di terminare sopra di ciò, come dalla copia qui occlusa di dette loro lettere e terminatione delli illustrissimi signori sindici. Convengo per il ricorrere alla suprema autorità della Serenità vostra, et supplicando, come faccio, che si compiacci di concedermi autorità di far pagare al cancelliere il salario da questa Camera, come è stato pagato da tanto temo in qua a tutti li precessori suoi, et che si degni haver in consideratione l’importanza del carico di esso cancelliere conosciuta dall’eccellentissimo senato, fin a quel tempo che fu presa la parte, et che se allhora fu detto in essa parte che senza quell’aumento di salario si conosceva, che per la fatica del carico dovendo adoperare la ziffra, et passargli di continuo per le mani negotii di molto momento, et per essere pochissimi gli utili della cancelleria, non si haverebbe trovato chi havesse voluto venir a servire, molto meno potrà hora il presente trattenervisi, et nell’avenire trovarsi altri che venghino a servire, essendo nel medesimo et peggior stato quanto alli utili della cancelleria che sono ridotti in mente, et non solo raddopiate ma triplicate le fatiche del cancelliere per le presenti publiche occorrenze, nelle quali conviene di continuo versare, come è ben noto a Vostra serenità, onde supplire al carico di un secretario del quale ha sommo bisogno questo reggimento per li negotii pubblici, et pur gli resta impedito il poter conseguire questa mica del suo salario et resterà certo se da Vostra serenità non vien sopra ciò proveduto, et terminate, come sto attendendo. Gratie etc.
Di Cattaro, li 17 marzo 1618.

Camillo Michiel, rettor et proveditor.

Allegati: copia della lettera del doge Nicolò da Ponte in cui si afferma il dovere della Camera di Lesina di pagare lo stipendio dei cancellieri di Cattaro, 1581 (1 c.); copia della lettera dei regolatori sopra la scrittura a Camillo Michiel, che conferma la versione di Michiel e l’impossibilità dei regolatori ad agire sul tema, 20 ottobre 1617 (1 c.); copia della lettera delli sindici, che nuovamente conferma la versione di Michiel e ribadisce il mancato contributo da parte della Camera di Lesina, 1595 (1 c.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 18
Trascrizione di Francesco Danieli.