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26 febbraio| 1617 Camillo Michiel

Dispaccio del 3| aprile| 1618|

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe,
li signori giudici, et altri rappresentanti questa […] comunità, et li cappi di questo popolo, restando disgustati di questo signor governatore, mi hanno per il passato più volte esposto di volerne dar conto alla Serenità vostra, et supplicatomi a voler accompagnar le loro lettere con mie, conforme all’ordinario: ma, desideroso io di oviare [?] che non apportassero questa molestia a Vostra serenità, gli ho sempre eshortati et pregati a non farlo, et eshortato detto signor governatore a dessistere da quelle cose che a gli altri apportano occasioni di richiami, et contro di lui odio et poco suo honore. Finalmente, non essendo levate alli predetti Ssgnori le cause di disgusti, ma più tosto accresciute, non ho potuto negar di condescendere alle efficaccissime loro instanze. Le cause et particolari gli intenderà la Serenità vostra dalle occluse loro lettere. Gratie etc.
Di Cattaro, li 3 aprile 1618.

Camillo Michiel, rettor et proveditor.

Probabili allegati (1 c. ciascuno):

Serenissimo principe,
più non può diferire questa comunità il rappresentar alla Serenità vostra i gravami che ha contro il signor Antonio Coccapane, governatore di questa militia, sospendendo l’espeditione dell’ambasciaria, che havea destinata per la speranza che, anco col mezo di lettere intese che habbi Vostra serenità le cause che la movono, sia per mettervi la sua mano sollevatrice; non contento questo signor governatore di havere nei primi dì del suo arrivo messo considerabili dissensioni in questa militia, e nei capi di essa in particolare, che nel terminarle l’illustrissimo signor proveditor nostro ha mostrato effetti di magnanima sofferenza e di prudenza singolare, essendo anco esso governatore come impaziente della pubblica quiete passato a fomentar le risse e le discordie di questi cittadini, trascurando a fatto quella parte che doveria esser in lui propria di conciliarle e pacificarle; non potemo negare di non haver perciò sentita commotione grande negli animi nostri, e tanto si è poi di giorno in giorno avanzata, quanto egli, perseverando in questa sua natura amica delle seditioni, più di una volta in questa fortezza si sono scorti pericoli di non puoca conseguenza. Onde non possiamo contenersi di non venir, con la riverenza che ci è dovuta, a palesare queste sue operationi, sperando che come sono contrarie direttivamente a quell’unione che tra noi tanto dalla Serenità vostra viene desiderata, e che, se mai prima, nei presenti tempi è sommamente necessaria, così la solita sua prudenza sia per remediarvi, di che ne la supplichiamo instantemente, servendoci di lingua il facondo et eloquente merito delle operationi e della fedeltà nostra, la giustitia del fatto che le consideriamo, il servitio che a noi suoi sudditi è per succedere, et la provisione a quei avvenimenti che, per la presenza di esso governatore, potriano facilmente incontrarsi assai più spiacevoli alla Serenità vostra, di quello per avventura possa esserle la presente nostra instanza, la quale è stata da noi parimente fatta all’illustrissimo signor proveditor nostro, et supplicatolo a volerne scrivere a Vostra serenità, alla quale humilissimamente se inchiniamo. Gratie etc.
Di Cattaro, a 4 d’aprile 1618.
Di Vostra serenità,
Devotissimi et fedelissimi sudditi,
Giudici menor et secreto consiglio [?], rappresentanti la Comunità.
 
Serenissimo prencipe,
non meno dalla Serenità vostra è amata la quiete che da noi desiderata, e perciò con molta avertenza e osservato ogni andamento di mala volontà, procurando di reddurla in essere di concordia, nelle qual operationi habbiamo durato poca fatica per non essere state fomentate da persone sprezanti l’unione, ma hora interessandosi indebitamente il signor Antonio Coccapane governatore, seminando odii e malivolenze negli animi di molti, non solo ci riesce difficile, ma dubitabile di qualche sinistro accidente. Egli, invece di caminar per il dritto sentiero mostratoli dalla Serenità vostra mediante la carica conferitali, sparge tosco delle risse nelle vene di questi suoi sudditi, instruendoli del mantenimento di suoi capricci (et che più ci tormenta) dipinge molti innocenti, con la cativa natura, esosi [?] appresso gli illustrissimi rappresentanti, notandoli temerariamente et calunniosamente di mancamenti di quali più tosto egli ne potrebbe esser rimproverato, che rimproverar altrui. Di ciò bisognando le potrà far fede l’illustrissimo signor proveditor nostro, il quale prevedendo con la sua profonda prudenza l’essito che haverebbe potuto sboccare sì maligna operatione, ha destramente fatto il tutto morir in oblivione. Pertanto, La vogliamo riverentemente supplicare col merito della nostra incorotta fideltà a volerci graziar della pace che lei ama, et noi desideramo, volendo troncar (coll’esaudire le presenti humil preghiere) la personal nostra comparsa alli suoi piedi per l’occasione sopradetta. Habbiamo delli nostri agravii dato conto al sudetto illustrissimo signor proveditor, supplicandolo a voler dar parte alla Serenità Vostra, alla quale riverentemente se inchiniamo prostrati a terra. Gratie etc.
Cattaro, li 5 aprile 1618.
Di Vostra serenità,
Fidelissimi et divotissimi sudditi et procuratori.
Li tre procuratori del popolo, con li eccellenti deputati al consiglio rappresentanti l’università.


AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 18
Trascrizione di Francesco Danieli.