30 giugno| 1617 - 16 marzo| 1618 Francesco Pisani
Dispaccio del 8| luglio| 1618|
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe,
il giovedì sera, 3 del corrente, mandai secondo il debito consueto a serrar la porta del molo, doppo le altre due di questa città; e vedendo che l’offitiale tardava oltre l’ordinario a riportar le chiavi, spedii a quella volta il cavagliero, acciò fosse esseguito l’ordine mio senza indugio, attrovandosi massime fuori del porto le due galere con li eccellentissimi signor commissari verso Fiume, et richiedendo così la vigilantia con la quale ho continuamente custodita questa piazza: onde non si tosto fu chiusa la porta, et usciti li ministri con le chiavi per riportarmele, che, sopragiuntovi Francesco da Napoli, alfiere del capitano Vincenzo Cananli [?], alteratosi di trovar la porta serrata (benché fossero circa le due hore di notte), rissolse trattenire l’offitiale acciò riapriosse et insultando il cavaliero perché se gli oppose; il quale, venuto in somma diligentia ad avisarmi l’accidente, con le medesime lo fecci subito ritornare con ordine espresso che non permetesse, fosse più aperta la porta, facendomi immediate capitar le chiavi. Nulla di meno, beffatosi l’alfiere del nuovo ordine, protestando che a lui solo stava il commandare per attrovarsi in guardi, scatiato il cavaliero con minacce di bastonarlo, volse a unica forza, che l’offitiale riaprisse la porta; per la quale uscì fuori Belisario Canara da Perugia, che prima era sargente maggiore qui, imbarcandosi verso Ancona senza saputa mia: né doppo questo il detto alfiero venne, né mandò a portarmi il nome in scritto, et havuto da me precedentemente come doveva fare, essercitando all’hora l’uffitio di maggiore in luoco di Annibale pur da Perugia, che era con li eccellentissimi signori commissarii; alli quali, ritornati che fummo la mattina dietro, diedi subito conto di questo successo, sentito con molto stupore, come senza essempio scandaloso, et di grave offesa alla dignità publica. Intorno di che, havuta la debita et conveniente consideratione, et parendomi negotio per l’importantia mia meritevole di essere mortificato, quanto comporta il termine di giustitia; heri hebbe in prigione l’alfiero, essendo stato sequestrato sopra la galera dell’illustrissimo signor capitano contra uscocchi, senza il cui aiuto era impossibile capitare a questa essecutione. Trovando io perciò la verità delle cose sopra narrate del processo che si forma, vengo col solito della riverentia mia a rapresentarle sinceramente a Vostra serenità, stimando necessaria per tutti li rispetti che habbia notitia di operatione tanto sinistra; et insieme, come è parso al signor Francesco Alfani [?], alteratosi per la retentione suddetta, partirsi da questa città, non solo contra il gusto delli eccellentissimi signori comissarii; ma anco senza farne a me alcun moto, conducendo via seco tra gli altri soldati, il sodetto Annibale sargente maggiore senza veruna licentia, essercitando egli autorità tale quasi che io sia qui soverchio; dechiarandosi che la retentione doveva dipendere dalla persona sua, et che ero debitore di prima communecarla seco, per sopraintendentia, che asserisce tenire a questa militia italiana, da lui tanto presunta, che non ha mai voluto riconoscermi per uso superiore, né anco mostrarmi l’espeditione del suo carico in un mese solo che l’ho veduto qui, nel tempo di un anno che sono a questo regimento, acciò che io, certificato della qualità dell’uffitio suo, havessi saputo come governarmi seco, nel servitio che doveva egli prestare a Vostra serenità. In mie lettere di 4 giugno passato scrissi alle Eccellenze vostre la necessità che la torre di questo castello (quale serve per munitione) ha di esser restaurata sopra il coperto, hora mai distrutto; et il danno considerabile che può succeder dentro la minutione per causa delle pioggie; et perché quanto più si tarda l’opera, tanto maggiore si renderà la spesa che bisognerà farsi, glielo raccordo riverentemente anco nelle presenti. Gratie etc.
Di Vegli, li 8 luglio 1618.
Francesco Pisani, proveditor.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 18
Trascrizione di Francesco Danieli.