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1614 Giovanni Francesco Dolfin

Dispaccio del 7| marzo| 1616|


N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
denotai riverentemente a Vostra Serenità, con mie littere di xx luglio prossimo passato, la morte da alcuni Pastrovicchi data ad Assan Chiaus, turco d’Antivari, et ad un suo piciol figliolo, et diverse ferite date ad un suo nipote in villa de Spizza, paese turchesco, et la gran solevatione et adunanza per tal caggione fattasi di gente delle città et luoghi circonvicini per venir all’oppressione et danni de’ Pastrovicchi et luoghi loro; et la proviggione ch’io feci, et aiuto che somministrai, alli prefatti Pastrovicchi di gente et monitioni, per far ressistenza alle sopravenienti forze et diffender li confini di Vostra Serenità, et le vite et beni proprii; et parimente Le avvisai la certa deliberatione ch’havea fatta la moglie d’esso Assan di transferirsi con gli altri picioli suoi figli in Costantinopoli a porger querelle et lamentationi a quella Porta contra essi Pastrovicchi et chiederne giustitia; et lo stesso anco raguagliai all’Eccellentissimo signor Bailo. Il che inteso dalla Serenità Vostra, con l’Eccellentissimo Senato mi fu commesso, con littere di 3 ottobre sussequente, che dovessi metter in negotio l’accomodamento et che in ogni maniera fermassi la detta donna che non prosseguisse il destinato viaggio, dandomi libertà di spender nel renderla sodisfatta, et per il buon fine di quest’affare, tolari doicento. Et che dal prefatto Eccellentissimo signor Bailo mi fu parimente scritto che dovessi io a tutti i modi veder di trattar et accomodar questo negotio di qua, perché ciò si farebbe con molto più avantaggio et con maggior riputatione. Là onde, per essequir gli ordini de Vostra Serenità et per sodisfar anco ai desiderii dell’Eccellentissimo signor Bailo predetto, et liberarlo dalla molestia che ricever ne potea dall’andata colà d’essa donna, mi posi con ogni spirito a metter in negotio detto accomodamento, et mentre lo trattavo, mi fu interrota ogn’opra dal nuovo caso et eccesso commesso da’ Pastrovicchi nelle persone, robbe et denari di quelli turchi mercanti d’Albassan, come anco gliene diedi riverente conto con mie lettere sotto li 25 novembre prossimo passato; et caggionò che la donna (parendoli questa occasione a proposito per fomentare et avantaggiare gl’interessi suoi alla Porta) da novo ritornò nel primo proponimento et ressolutione de girsene a’ piedi del suo Signore, insieme con detti suoi figliuolini et con Omer Celibi da Podgorizza, suo genero, per haverne giustitia. Il che da me inteso, da buona parte feci con artificiosa maniera divertir essa donna da tal suo deliberato proponimento, et repigliai il già cominciato trattamento, ravvivando il negotio ch’era si può dire affato estinto et disperato; et ho operato in maniera ch’il sodetto Omer, con Hazi Curt turco d’Antivari, si sono conferiti qui da me con autorità et mandati di procura d’essa moglie et della madre di detto Assan, et del sudetto suo nipote, fatti per mano dal Cadì d’Antivari et sigillati col suo sigillo, di poter trattar meco l’accomodamento et concluder la pace, havendomi anco portate littere credentiali delli capi d’Antivari; con li quali Omer et Hazi havendo havuto più volte longhi trattamenti, et intese le lor pretensioni et dimande che facevano, quali erano de migliaia de ducati, asserendo esser stato da’ Pastrovicchi amazzati un Chiaus del Gran Signore, un Agà innocente figlio di Chiaus (chiamando essi per tal nome il piciol figliolo d’esso Assan) et ferito con dicisette mortali ferite il nipote del predetto Assan, pur anch’esso Agà, et in oltre esser per la morte di quelli restati privi la madre et moglie con gli altri piccioli figli delli Timari, ch’esso Assan dal Gran Signore havea, quali assendono alla summa de ducati mille di rendita all’anno, et havend’io fatto anco venire li Giudici Vaivodi et alcuni de’ più vecchi de’ Pastrovicchi per nome della loro università, intesi certe loro pretensioni ch’havevano con esso quondam Assan di sangue, ingiurie et offese; et con queste et altre raggioni sono andato rintuzzando le pretensioni gagliarde d’essi turchi, con li quali alla presenza mia ho fatto abboccar detti Pastrovicchi et dir esse lor raggioni et pretensioni, et alla fine (doppo molte fatiche et diversi trattamenti) con l’aiuto de Dio, ho ridotto essi turchi per nomi loro proprii et di esse donne, nipote, figli et parenti, a contentarsi per integral sodisfattione di cadauna lor pretensione di sangue, danni, et d’ogn’altra offesa pretesi et sin’al di d’hoggi ricevuta da’ Pastrovicchi, di tolari doicento cinquanta, oltre alcuni donativi di veste che mi è convenuto dare a detti turchi che sono venuti a trattar detta pace, et spese fatteli mentre sono stati qua, il che tutto può assender alla summa d’altri cinquanta tolari in circa; li quali tolari doicento cinquanta da me effettualmente esborsatili, è stata conclusa et fatta buona et simil pace tra essi turchi per nome come di sopra, et essi Pastrovicchi per nome proprio et del loro sboro, in modo che dalla qui alligata scrittura di sodisfattione et di pace la Serenità Vostra vedrà; essendomi in questo negotio servito della persona del signor Francesco Bolizza gentill’huomo di questa città, dal qual ne ho ricevuta compita sodisfattione, et la Serenità Vostra se ne può promettere in ogni tempo et occasione ottimo servitio; et se bene ho ecceduto la somma limitatami nelle predette sue lettere di tolari cento in circa di più, ciò ho fatto per non perder così opportuna occasione di perfettionar questa buona opra, sapendo di conformarmi con la mente et volere della Serenità Vostra, il che se non seguiva, sicurissimamente detta moglie d’Assan (fatto Pasqua) se ne incaminava verso Constantinopoli per l’effetto predetto, havendo anco nel trattamento di questo negotio promesso ad essi turchi (così fattamene efficace instanza da loro) di scriver et far offitio col prefatto Eccellentissimo signor Bailo, che voglia adoprarsi perché sia conferito nella persona di Osman Abdulà servitor fedele del detto signor Assan, il sudetto Timar, acciò con questo si possino sostentare et mantenere esse donne con li piccioli figli et famiglia, il che è stato da me essequito con l’haver consignate lettere in tal matteria al sodetto Omer, qual dissegna d’andar in persona a chieder questa gratia a quella Porta col mezo, aiuto et protettione del prenominato Eccellentissimo signor Bailo; et così essi turchi, come li detti Pastrovicchi, si partirono insieme amorevolmente per le lor case. Havendo in questa maniera ridotti questi confini et questi confinanti in una tranquilla pace et buona vicinanza, in conformità dei comandamenti Suoi et del desiderio mio, che ad altro non attende, né aspira, che al ben servire la Serenità Vostra, et alla conservatione et sicurezza di questi Suoi sudditi. Gratie etc.
Di Cattaro, li 7 marzo 1616.

Giovanni Francesco Dolfin, Rettor et Proveditor.

Allegato: pace tra le donne tuche d’Antivari e quelli di Pastrovicchi, 4 marzo 1616 (1 c.)

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 15.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.