25 aprile| 1617 Bernardo Tiepolo
Dispaccio del 23 dicembre| 1616|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
In conformità di quanto scrissi riverente alla Serenità Vostra con le mie di 21, mandai fuori hieri mattina, un’hora avanti giorno, il Capitan Scipion Veili, con 20 soldati a cavallo, et le commessi che, levati a Draguch 40 de’ migliori archibusieri paesani, scoresse dove le pareva meglio nei confini del nemico, per mantener quella reputatione, in che egli tiene le forze di questo Capitanato. Penetrò lui coragiosamente nelle ville di Barut e Previs, in quella parte che non è stata altre volte tocca da’ nostri, le diede fuoco et combatté in una casa un uscoco, che con dieci paesani si messero in defesa, de’ quali ammazzò l’uscoco con otto altri, et doi ne condusse preggioni. Da queste hebbe lingua che in una caneva grande a Barut, la quale haveva murate le porte e balconi erano ascosi tutti i vini e robbe di quelli habitanti. Fece gettar a terra i muri, entrò nella caneva, e caricati i soldati di buone robbe e drapamenti, spanse più di 200 barille di vino e diede fuoco al resto. Di là scorse il territorio di Golarizza, depredò 100 animali menuti e alquanti grossi, et abbrugiò assai fieni e paglie con grandissimo spavento di quei paesani nel veder in un istesso tempo molti fuochi ad arder le loro sustanze. Non si mosse alcuno contra a’ nostri, ma solamente con il solito tirro di codette et falconetti si diedero segno l’un l’altro quei castelli di Lupoglavo, Boglione, et altri luochi. Questa fattione haverò confermato il concetto che tiene il nemico delle forze nostre, et le farà haver più riguardo al venir danneggiare questa parte, nella quale non si riceve già fa un pezzo altri danni che da qualche compagnia de ladri confinanti in tempo di notte alcun insulto a qualche cortivo, per castigo de’ quali ho più volte fatto far delle imboscatte, et hieri di notte me ne successe una felicemente che essendo venuti intorno a’ 40 di quei da Lupoglavo a depredar fu quel di bozzo, mentre conducevano il bottino i nostri le furono adosso, ammazzorono doi di quelli et coragiosamente recuperorono il bottino. Di questi successi sicome ne ricevo soma consolatione per la publica reputatione, così vivo in continuo pensiero che in bisogno di maggior importanza ne succeda qualche disastro, per le deboli forze in che m’attrovo, come particolarmente ho dato nelle altre mie reverente conto alla Serenità Vostra, al che però io senza risparmio di fatica alcuna sarò sempre sollecito et vigilante in quanto mi sarò già possibile. M’attrovo in queste preggioni quattro Arciducali paesani, poveri e mendichi, li speso del publico, né so che ressolver di essi, né ho mandati per il passato degli altri in galera per depposito, ma sono morti alcuni in preggione, né so bene quale sia la volontà della Serenità Vostra in questo proposito. Appresso il nemico sono anco e nostri pregioni di simil conditione, ma havendo inteso da Sua Eccellenza che sia ordine di Vostra Serenità di non far cambii, resto di far trattare in ciò cosa alcuna, onde desidero che sua commissione speciale di quel che debba far di questi et d’altri che co’l tempo mi capitassero.
Di Pinguente, a’ 23 di decembre 1616.
Bernardo Thiepolo, Capitano di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 15.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.