20 aprile| 1616 Lorenzo Surian
Dispaccio del 8| maggio| 1616|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
Vorrei poter far di meno di scriver le presenti, ma la dignità publica sprezzata et vilipesa nel mio Magistrato, da chi manco doveva, mi necessita a viva forza rappresentar alla Serenità Vostra cosa contraria alla Sua intentione, al mio genio et alla qualità di tempi correnti. Feci ritener hieri nel mio palazzo, mentre io davo audienza delle cause civili, Lunardo Zarla da Crema, relegato in questa città et processato da me per caso molto grave di essoneratione d’arcobusate, commesso in tempo di notte pur in questa città, in compagnia del Cavalliere Giacomo Zurla, anc’esso a quel tempo relegato qui, et hora absente, et di Leandro Zurla, et di altri loro satelliti et bravi, come dalla copia del processo, che faccio fare, per non aventurar l’originali, et che Le mandarò con prima occasione, Ella vederà. Questa mattina, mentre io ero in letto per certa mia indispositione familiare, il Illustrissimo signor Marco Pizzamano, Capitan mio collega, senza havermi prima detto o fatto dir cosa alcuna della retentione di costui, è venuto a trovarmi, et sotto pretensione d’esser anch’esso giudice del detto Zurla, fece ogni tentativo perché io lo rilasciasse di prigione; ma non ostante ch’io gli rispondesse che mi contentavo che Sua Signoria Illustrissima sola rappresentasse alla Serenità Vostra quello che pretende, per aspettarne sopra le Sue lettere sole, quando a Vostre Eccellenze Illustrissime così fosse piaciuto, quella decisione che Le paresse in tal proposito, egli impatiente d’ogni dimora, uscito di camera ordinò ad un fabro ivi preparato che sficcasse le serrature, come fece, et levò di prigione il Zurla predetto, mandandolo ove li piacque, assistendo a questo fatto Sua Signoria Illustrissima il Giudice Cesare Mosti, in casa del quale habitava il Zurla, et Antonio Casamassima di Bari, suo Sergente Maggiore, che cooperava all’essentione, oltre una gran quantità di soldati Usliani et Capitani che spalleggiavano nel mio cortile, et nei coridori che vi sono intorno. Per questo fatto né io mi son partito di letto né alcuno de’ miei ha fatto alcun minimo motivo, et è stato voluntà d’Iddio che sia successo così sprovisto, che non ha potuto cagionar alcun tumulto nel popolo. Ma era cosa miserabile et lacrimabile a vedersi un Rappresentante publico la dominica mattina vestito in ducale, sotto pretesto di giurisditione, procurar la salute d’un reo, coll’ordinar la violatione d’una carcere del suo collega, sotto li suoi propri occhi, cosa sin’hora senza alcun essempio, et successa con tanto horror di chi l’ha veduta, che li stessi astanti et spalleggianti ne restavano muti, attoniti et immobili. Questa ingiuria, così atroce per tutte le circostanze, fatta di questa maniera alla publica dignità, appartenendosi totalmente alla suprema mano dell’Eccellenze Vostre Illustrissime, Le è da me con mio dolore riverentemente rappresentata, perché possano deliberarne quanto paserà al prudentissimo loro giuditio. Gratie etc.
Di Zara, li 8 maggio 1616.
Lorenzo Surian, Conte.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 15.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.