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1606 Marin Gradenigo

Dispaccio del 11 luglio| 1607|

N. (senza numero)

Serenissimo principe,
li figlioli di quel Mian Cernicich che morto esso a padre loro venero il mese di genaro prossimo passato ad habitare nella villa di Grimalda giuridittione di questa città, dechiarando che li beni per li quali gli havea mentre visse tenuto in travaglio quei confini, erano veramente posti nel stato della Serenità vostra, et che loro suoi figliuoli volevano viver e morir buoni e fedeli sudditi del serenissimo dominio: sicome per mie lettere di 9 del passato [?] ne diedi riverente conto alla medesima, essendo di novo ritornati ad habitare nel paese arciducale poco dentro li confini, dove hano fabricato una casetta, venero alli 6 dell’instante con alcuni altri al numero di otto o dieci persone, e ritrovato un pastore grimaldese a pascer gli animali nelli lochi inculti, che essi prendono che siano suoi, gli tirrorno, se ben non lo colsero, alcun archibuggiate e poi gli levorno un aiate et lo portarono via. Gli suoi della villa, sentito questo rumore, si messero in arme e furono dietro alli predetti per ritorgli esso aiate, ma non havendoli potuti arrivare, nel ritorno che fecero a casa, entrati nel loco che li sudetti fratelli prendono che sia suoi, tagliarono un pomaro, duoi oliveri e quattro o cinque vide, per quello che mi ha rifferto il zuppano, che, quanto a me, mi vo imaginando, che possi esser stato fatto anco danno maggiore. Per questo essi fratelli, fatta massa di forse 200 persone armate del contado di Pisino, tutte a piedi eccetto uno, che fu veduto a cavallo, venero poi alli 9 del medesimo, che fu non […] l’altro, a far un danno nelle biade di quelli di Grimalda, che già erano mature di forsi 15 giornate di aratura, havendo tagliato e devastato tutto quello che dovevano raccoglier quest’anno cinque o sei di quelli poveri contadini, sopra li quali è caduta questa rovina. Io, inteso questo, volsi subito mandar a rifarmi per il medesimo verso di tagliar altretante biade nel paese arciducale, ma intendendo che le grosse erano già raccolte, onde non se ne trovava più in campagna, e che li minari, cioè migli e sorghi, sono seminati in lochi tanto dentro nel confine che è molto dificile e pericoloso il penetrare fin là, massimo al presente che li arciducali, dubitandosi, stanno avertiti, non ho fin hora fatto altro. Andrò discorrendo il modo col quale io possa breve e cautamente venir sul nostro, e procederò poi per quella via che da me sarà stimata migliore alla refattione dell’affronto e danno sudetto, conforme alla publica intentione. Intanto ho voluto sodisfar al debito mio col rappresentar come faccio riverentemente a Vostra serenità questo successo, intorno al quale, se le parerà di darmi altro ordine, sarà esseguito da me con ogni spirito. Gratie etc.
Di Capodistria li 11 luglio 1607.

Marin Gradenigo, Podestà e Capitano.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 4
Trascrizione di Francesco Danieli.