11 marzo| 1607 Costantin Renier
Dispaccio del 15 gennaio| 1607|
N. (senza numero)
Serenissimo principe,
questa sua fidelissima communità, secondo l’antico suo instituto et conforme alla deliberatione dell’Eccellentissimo senato di 19 decembre prossimo passato, ha ballottato tutti questi reverendi preti, fuori che il piovano; et se bene sono stati confirmati, nondimeno ciò è stato sentito con somma molestia da Monsignor reverendissimo vescovo di Trieste di questa diocese, onde ne ha fatto meco indoglienza; et con altretanta displicenza ha inteso che questo consiglio habbia preferito un soggetto per la futura quadrigesima a quello che esso mi havea fatto per suo nome proponere, parendo a questi che egli con questa insinuatione [?] volese impossessarsi di farne nell’avvenire elettione ad arbitrio suo, poiché da questi et non da esso viene esso pulpitorate pagato.
Ho perciò voluto colla mia solita riverenza inviare alla Serenità vostra qui aggionta la medesima lettera nel detto proposito ad ogni buon fine et per quei rispetti benissimo noti alla sua sapientia. Gratie etc.
Di Pinguente, gli 15 gennaro 1607.
Costantin Rheniero, Capitano di Raspo.
Allegato:
Illustrissimo signor ossequendissimo, (1 c.)
ricevuta a 13 zenaro 1608.
In lettere di Pinguente di 15 gennaro 1608.
Il […] piovano di quel loco mi avisa che il conseglio di Pinguente habbia pur voluto quest’anno rinovar il loro abuso che per alquanti anni è stato sopito, col ballotar di novo li loro sacerdoti soto pretesto che da una lettera ducale gli venghi data questa auttorità, che io però non la posso credere; et altri di ciò che habbiamo anco fata elletione di un altro predicatore per questa zuadragesima, sopra che io non so [?] che dir altro, se non che a suo tempo si accorgerano se haverano fato bene et, se restarano in confusione, che diano poi la colpa a se medemi, et non al loro prelato; protestando io avanti Dio et vostra signoria illustrissima come ministro santo [?] principale di quella Serenissima repubblica, se haverano voluto cascar in scomunica et ne sentirano la graveza di quella che haverano di dolersi solo della loro poca timorata conscienza, et se col tempo restarano senza sacerdoti, incolparano sé soli et non altri. Quanto [?] al predicatore, la ingiuria non è tanto mia, quanto et molto più di vostra signoria illustrissima, che mi ha dato la parola per il nostro padre [?] theologo; et monsignor Pietro Damianich, quando gliene parlai, mi disse che basatava che io havessi havuto la parola da lei; mi rincresce bene che questo humile prete sopra questa rissolutione habbia rinunciata la predica di Cherso, dove [?] è stato ricercato per grandissima instanza, et la causa di dolersi di me, se bene io haverei pensato ogni altra cosa; et se non ho potuto tralasciar questo officio di […] con vostre signorie illustrissima, mi escusi [?] la prego la cortesia sua che mi dimostrò a Pinguente; et forse venirà ocasione di far conoscer a pinguentini la poca amorevolezza che quest’anno han voluto dimostrar al loro prelato in ciò, se bene Dio sa […] non si […], dato causa che aver per salute loro spenderei il proprio sangue, et altri di ciò ad ognuno di loro farei ogni possibile servitio, che per ciò la rimetto a sua signoria illustrissima, dalla quale prego vostra signoria illustrissia ogni contento et me gli raccomando di core. Di […] li 10 di genaro 1608.
Di vostra signoria illustrissima,
[…] vescovo di Trieste.
Serenissimo principe e Illustrissima signoria, (1 c.)
Sono di già 12 infelicissimi anni che languisco prigione di Vostra serenità et solo Dio, giusto giudice, senza alcun mancamento di malitia et attrovandomi in stato di lacrimosa compassione doppo tanti egreggi et illustri fatti dell’avo, padre, zii et mia in servitio di questo serenissimo dominio, come gli è benissimo noto; prostratto con lacrime, la supplico, degni gli meriti [?] della passion di nostro signor Gesù Cristo, far proponer la parte della mia liberatione nell’Eccellentissimo senato, conforme al rispondeat dell’illustrissimo signor Augustin Gradenigo, fatto de suo ordene; perché non perda l’anema et il corpo per disperatione in queste calamità, per il merito del sangue sparso, vite spese et beni venduti dalla famiglia Celia per suo devoto servitio, ricordandosi che morò con questi crudelissimi tempo di fredo [?] et fame, sotto l’ombra della sua benignità, per l’amor de Dio; et i mieii figlioli vano remengando per necessità, però prostratto melle inchino et raccomando per l’amor de Dio. Grazie etc.
Di prigion i 24 genaro 1607.
Di Vostra serenità,
schiavo perpetuo.
L’infelicissimo Paolo Celio […].
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 4
Trascrizione di Francesco Danieli.