1612 Zaccaria Soranzo di Marco
Dispaccio del 20 luglio| 1614|
N.
Serenissimo Principe,
con la speditione di fregata a posta, parendomi così comportare l’accidente, vengo a rappresentar alla Serenità Vostra l’offesa, non dirò a me Zaccaria Soranzo, ma ad un suo rappresentante hoggi fatta, nel publico palazzo del clarissimo signor Giulio Benzon, camarlengo.
Nella scarsezza di denaro c’ha questa Camera, come più volte ne ho riverentemente dato conto con mie lettere alla Serenità Vostra, essendomi convenuto pigliarne ad imprestito da particolari per dar le paghe a queste militie, avenne che gli xi aprile passato con gli stessi denari tuolti ad imprestito pagassi questa strathia di due paghe, che andava creditrice, alla presenza di detto signor Camillo Zane, precessor camarlengo, e avanti che il clarissimo Benzone suo successore havesse habuto la consegnatione della cassa; li mandati di questo pagamento per l’importanza de’ ducati seicento e sei, che doveteno capitare nelle mie mani, essendo doppo con odo subreptitio, pervenuti al detto camarlengo Benzone, et di essi havendone lui menata partida nei libri de Camera a suo credito, per coprir l’intacco di seicento e più ducati, ho più giorni atteso con ogni destra maniera di farlo ravedere di questo suo mancamento, e le fecci appresso instanza che volesse restituirmi gli mandati sudetti, o pagarmi il suo valore. Prese egli a rissolvermi veduto che havesse il fondo della sua cassa, nella quale tralasciando di menar partita di qualche somma di denaro de dacii per agiutar il dar coll’haver, venne in palazzo et mostrommi accrescimento di cento e più ducati nella sua administratione, non avendegli che ciò le fosse di pregiudicio. Io, che sapevo la poca sua ragione, constando massime che io ho fatto e non lui, il pagamento delli sudetti mandati, et che lui a quel tempo, ne molti giorni doppo non hebbe la consegna della cassa, presi essortarlo a non metter in difficoltà soddisfattione così ragionevole; et dopo haverlo più e più volte pregato che per l’amor de Dio me dovesse restituire il mio sangue, e non mi dar occasione che col ricorrer alla serenità vostra fossi necessitato aprire mancamento così notabile, et pregiudiciale all’honor suo, egli vedutosi scoperto, mi si aventò a dosso, e con la chiave della Camera, che havea in mano, percosse di tre colpi sopra la testa, et peggio mi haverebbe trattato, se da chi era presente non fosse stato impedito l’effetto, del quale venne pregato nell’animo, in palazzo, dandosi immediatamente a fuggire giù per le scale. Et benché questo accidente stranissimo e il vedermi tutto insanguinato, havesse commosso questo popolo in modo che se le havessi permesso, lo haveria malamente offeso, si salvò in luoco sacro; et fatto fare diligentisima inquisitione per haverlo, e metterlo in sicuro, acciò poi la serenità vostra potesse farne quella rissolutione, che più le piacesse della sua persona; ma egli si è di maniera nascosto, o fugito da questa città, che questa sua assenza ben lo manifesta colpevole, senza che con penna per aventura stimata appasionata cerchi di persuaderlo alla serenità vostra, dalla quale starò attendendo la dovuta provisione per repressione di cotanto ardimento, et per l’administratione di questa Camera, havendo in tanto fatto bollar il scrigno, el banco delle scritture di detto camerlengo, sino che dalla Serenità Vostra venghi commesso la visione delle sue raggioni. Gratie etc.
Di Cattharo gli xx luglio 1614.
Zaccaria Soranzo, rettor et proveditor.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 13.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.