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3 marzo| 1614 Alvise Rimondo

Dispaccio del 2| giugno| 1614|

N.

Serenissimo Principe,
Il signor Mustay Begh Sanzacco di Clissa, ha mandato qui con sue lettere il suo Caperibassà Zulficaraga, primo della sua corte, per trattare accomodamento intorno dieci roncini et un paro di bovi derubati da Murlacchi suoi sudditi a questi della Serenità Vostra, li quali non havendo potuto rihaverli per gl’offitii fatti con li Aghà di Darnis, undeci roncini di bel giorno in presenza de testimoni restessero a questi di là per reffacimento di suoi danni; finalmente pervenuto il negotio al signor Sanzacco, ed io havendoli anco per lettere accusato li ladri, ha mandato qui questo suo Turco, il quale informato della verità et havendo tratato con molta desterità questo negotio, ha terminato che oltre li undeci roncini levati da questi sudditi a’ suoi Murlachi, il sopra più del danno sia dalli medesimi rissanito alli nostri, con molta mortificatione loro, minacciandoli appresso la disgratia del suo signore, per tal tumultuatione inferita a questi suoi vicini et amici.
Appresso questo è rimasto anco certificato che certa quantità di terreni lavorati da questi di Vaspogle, et altri Sebenzani in Orispa, Strisesco et Cusave, ville destrutte l’ultima guerra, ma li terreni rimasti dentro li confini posti al tempo del stabilimento della pace in iurisditione di questa città, pretesi da Handan luogotenente del suddetto signor Sanzacco, per asserte investiture a lui fatte dal Gran Signore di luochi inculti per aporto a quelli medesimi confini, et delli quali egli adimandava li terratici da molti anni in qua, minacciando di venir a calpestrari le braide di quella campagna, sia veramente di questa iurisditione, et che di questo ne sia anco posto silentio, trattando questo Turco li sudetti negotii con molta humanità, et piacevolezza, finalmente dimostrando che il signor Sanzacco habbi sentito sommo contento della estintione di Uxura Uscocco et sua setta, et mi ha detto che per tal nova egli ancora ha fatto impalare quattro suoi sudditi che seco havevano intelligenza favorendolo, et dandoli aggiuto perché venisse a danneggiare il paese loro, benché uno di essi gli havesse fatto offerta di tolari mille, d’un figliolo, ed una figliola acciò si salvasse la vita, et l’istesso Zufecaraga ha veduto nell’entrar nella città appesi lì tre cadaveri delli giustitiati uscochi, dove per mia sentenza devono stare fino alla loro consumatione. Et per darmi miglior conto degl’ordini da esso signor Sanzacco alli confini di opponersi alla depredatione d’uscochi et furti di martelossi, mi ha recercato a mandare secondo l’ordinario li ambassatori di questa città a Salona per domenica prossima, dove s’attroverà, con li quali io gli invierò il presente delli pani di setta et altre cose consegnatemi per tal’effetto dalla Serenità Vostra, et di tutto ciò che seguirà in tal abboccamento, ch’egli scrisse di fare per ordine del suo Gran Signore, darò riverente conto alla Serenità Vostra.
A questo suo Ambasciator venuto per haver con ogni mezzo sodesfattione del servitio di questi sudditi terminato li suddette due materie et principalemnte quella de confini, oltre l’haverlo convenientemente [?] trattato nel spesarlo con la sua compagnia con buona gratia della Serenità Vostra, ho stimato molto profittevole alle cose sue far dono di brazza quattro pano pavonazzo venitiano per un vestito, uno e mezzo di scarlatino vecentino, per un paro di calze intere all’usanza loro, con alcune scatolle di confetti, pani di zucchero et un cestello di naranzi, e cedri venuti in questo porto di sottovento, il quale tutto ciò ha ricevuto con allegra facia, mostrandomi d’aver havuto molto cari li frutti per portarli al suo Signore. Havendomi finalmente detto, che il suo Sanzacco itene particolar ordine dal Gran Signore di dover vezenar con lo stato della Serenità Vostra tutti suoi Rettori con ogni termine di pace, et benevolenza, come veramente si vede con molta libertà il concorso delle merci, così nel venire come nel ritornare da questa città delli Murlachi, et istessi Turchi confinanti senza alcuna diffidenza, confermando questi sudditi non haver per il passato mai più veduto simil frequenza per il timore che havevano d’Uscochi esteri et domestici, il che riesce di consolatione et universal servitio della città nel pubblico et nel privato, et io con ogni spirito procurerà di conservarlo et di tener purgato il paese da ladri ed’assassini, perché maggiore potesse continuare gli comerci et negotii mercantili a gloria et grandezza della Serenità Vostra. Gratie etc.

Di Sebenico, adì 2 giugno 1614.

Alvise Rimondo, Conte et Capitano.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 13.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.