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3 marzo| 1614 Alvise Rimondo

Dispaccio del 8| settembre| 1614|

N.

Serenissimo Principe,
A tre del mese presente, mi capitorono lettere dell’istesso giorno del Clarissimo signor Conte di Traù, spedite per pedone a posta, con le quali mi significava che essendo calati dal paese turchesco per terra venti Uscochi nel porto di San Giovanni di Malvasia, di questa giurisdizione, vicino al confine di quel territorio, haveano svaleggiato alcune barche con morte d’un albanese, levando una barca ad alcuni pescatori. Io subito feci rigorosissimi mandati alle ville di Rogosvizza, Cassoresta, et Crapano per l’essecutione loro, ma quelli non giovando, anzi essendomi refferto, che di Ragosvizza et di Canoresta altri si fossero seco accopiati, et fattesi al numero di 30, continuavano tenere assediato quel passo, facendosi nido sopra certa valle due miglia in circa discosto da Caoresta, dove havevano salvato le robbe depredate, et tenevano la barca, capo de’ quali intesi essere un Bose Medovich murlaco, mi rissolsi cautamente di mandar fuori in barca privata il capitan Francesco Dobrovich, fingendo che andassi a Zarra, con mandato di commandare sotto pene gravissime alle ville da quest’altro canto huomini armati et barche che lo seguitassero; et di notte facendo viaggio improvisamente desse l’assalto alli malfattori, egli men men pronto, che devoto nel servitio publico diligentemente essegui la commissione, et navigando con due barche d’huomini 69 in circa, incontrò la barca armata del capo Gheze Marco albanese, con la quale haveno lingua, gli disse che dal Clarissimo signor Conte di Spalato era stato mandato in queste acque per percorrere alle rapene di quelli Uscochi, raccontandoli diversi particolari delle loro depredationi, et restando persuaso dal detto capitanio Francesco, poiché prima temeva l’incontro, se ne ritornò a dietro, né potendo loro pervenire al loro del ridotto d’essi Uscochi prima, che circa le due hore del giorno, che fu alli 6 del corrente, entrando il Dobrovich nella vale maggiore, et il Gheze nella minore, fra le quali s’attrova certa ponta, che le se para in loco detto Gribaschezza, gl’Uscochi havendoli scoperti, affondorono la sua barca, et nascosero sotto certe machie et pietre quelle robbe che seco non hanno potuto portare, dandosi poi alla montagna et nelli boschi alla fuga, che fu aponto nella vale dove entrava il Gheze, ma havendo egli veduta alcuni huomini et fermatosi sopra la ponta, reconobbe che erano ldi Caocerba, non senza dubio che fossero stati uniti con Uscochi, et seco mangiato, come certe vestigie nell’herba et fragmenti si vedeva; questi forse per allertare il buon albanese all’utile, et acciò li Uscochi avanciando camino gli ne fuggissero, finsero d’insegnarli dove era la barca affondata, ma alcuni de’ suoi soldati smontati in terra, et visto il loco dove era cal[…] tratto per l’essistentia delli Uscochi, scopersero anco qualche vestigia di robbe et trovorno quantità di cerra gialla in pezzi, attendendo quella a unire et portar nella loro barca, però dediti alla preda et all’utile proprio, che all’insecutione di malfattori, senza dar segno al Dobroviz che dall’altra parte haverebbe sbarcato la sua gente et seguitato gl’Uscochi, che facilmente si haverebbeno havuti. Finalmente il Dobrovich, uscito della sua vale, non havendo trovato alcuna cosa, et entrato in quella del Geze et vedutolo con li suoi impiegato nel buttinare [?] et nascondere nella sua barca sotto li banchi et schiavine le robbe, decendo haver inteso che hanno trovato anco due pezze di panine, stupitosi della sua vigliacheria et ripresolo, che non lo havesse avisato un tiro d’arcobuso o in altra maniera, et seguitato li malfattori, che la recupera di quelle robe et della barca sempre si poteva fare, non sapendo che iscusa prendere, abbandonando il negocio se n’è andato con esse robbe et barca levata dall’acqua verso Spalato, quando unitamente col Dobrovich doveva condurle qui, havendo fatto la recuperatione in questo territorio, o vero da Sua Eccellenza perché si potessero restituire a loro padroni, in maniera che fosse parso alla giustitia, et non in modo de furto asportarle, acciò non se ne possi vedere il vero conto, havendo fatto con sententia ad esso Dobrovich, di darle la sua parte di quel tanto che le sarà aggiudicato dalla giustitia, et per segno di questo le ha assegnato una pezza di cera. Il negotio è rimasto così imperfetto per colpa di tal capo Gheze, che ne merita grave reprensione, non dovendo io con queste eccessive spese supplire a quello che si aspetta alle barche armate che sono non meno qui necessarie di qual si voglia altro luoco come più volte ho notificato alla Serenità Vostra, et all’Eccellentissimo signor Generale, essendosi retterati gl’Uscochi alla montagna et nelli boschi et sebene corre voce che habbino dirubato ad una fregata Catterina buona maneggiata de toleri, et assassinamenti. Ne ho appresso dato aviso alli Aghà di Darnis territorio turchesco, a quel confine, dove si deve essersi retterati li malfattori, affine che loro ancora gli diino la fuga, havendomi esso Dobrovich presentato alcune polizze di carichi fatti a Durazzo, in nome di Mustafà Begh, et di Guibo Zabiazi, di 3 et 8 agosto passato, alcune polizze scritte in turco con alcuni conti del medesimo caratere, et un conto di diverse partite in nnome di Usso Momelugà de primo febraro 1613 fatto in Venetia, che il tutto presento nel processo, il che ho voluto riverentemente notificare alla Serenità Vostra, come anco di tutto questo accedente ne ho dato conto a Sua Eccellenza di volta in volta sotto li 4, li 5, et il giorno d’hoggi, affinché con la sua auttorità proveda a questi inconvenienti; et si a me indriciasse due barche d’Albanesi, spererei in questi contorni tener di continuo questa navigation secura. Gratie etc.
Di Sebenico, adì 8 settembre 1614.

Alvise Rimondo, Conte et Capitano.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 13.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.