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3 marzo| 1614 Alvise Rimondo

Dispaccio del 2| dicembre| 1614|

N.

Serenissimo Principe,
Segui li 13 del mese prossimo passato il doppo desinare avanti la sera, che in certo scoglio sotto Caprie, lontano da questa città circa dodeci miglia, si nauffragò il schirazzo delli heredi del quondam Steffano Lavarda, di Budua, patronieggiato da un Dominico Furlano, sopra il quale s’attrovavano caricate alquante balle di panine, diverse carisee [?] resi, et sapone per condursi a Scutari. Del qual nauffraggio non havendone io hauto notitia prima, che la dominica seguente li 16 del medesimo, iscusandosi che per la fortuna di borea non haveva potuto vener alcuno prima a denuntiarlo, feci subito reddure il Consiglio di XII, nel quale furono elletti dui soprastanti per la recuperatione delle robbe. Et subito partirono a quella volta, dove deliberai di conferirimi anch’io per ovviare quanto più fosse possibile alla rapacità di questi villani, naturalmente dediti alli furti, et alle rapine, et trovassimo che li marineri et mercanti del medesimo con l’aggiunto d’altri che sotto quel scoglio s’erano recoverati, con un vassello perastano, havevano recuperato alquante pezze di pani, et altre robbe, con cinque groppi di reale di Spagna bolati, asserendo quelli haver hauto nella cecca della Serenità Vostra. Et queste robbe havevano reposte nel sudetto vassello perastano, et io le feci condur subito alla città, lasciando li soprastanti alla custodia del resto, acciò non fosse derubato, ma con quanta diligenza si sia usata, sono stati così fini ladri, che ne hanno furato alcuna quantità et tre ne ho proclamato per furto d’una balla di pani, dentro la quale si deve attrovarsene due pezze. Dove il giorno seguente feci rittorno et fu recuperato tutto quel più che è stato possibile havendo il scrivano del medesimo in conformità delli soprastanti fatto gli suoi inventarii di tutte le robbe che si sono recuperate, et quelli presentati in questa cancellaria, asserendo haver perso la cassa ento la quale s’attrovava il suo libro del carico. Sopra questo vassello erano cinque Turchi, parte de’ quali sono venuti a Venetia, et altri andati a Scutari, sua patria, tra tante li soprastanti fano governare con quella maggior diligenza che sia possibile le robbe recuperate per solevamento de interessati, a’ quali, conforme le leggi et ordeni della Serenità Vostra, in tal proposito non mancherò di amministrar giustitia, havendo fatto formar diligente processo sopra esso nauffraggio per mandarne copia, iuxta l’ordinario, all’Illustrissimi signori Cinque Savii sopra la mercantia, et di tutto questo ho stimato mio debito dover dar riverente conto alla Serenità Vostra. Gratie etc.
Di Sebenico, adì 2 decembre 1614.

Alvise Rimondo, Conte et Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 13.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.