• it
  • it
  • en
  • hr
  • el
  • de

18 marzo| 1614 Giacomo Contarini

Dispaccio del 7| settembre| 1614|

Serenissimo Principe,
sotto li 4 et 5 del corrente riverentemente diedi conto a vostra serenità ch’essendo state svaligiate alcune fregate in questi confini da 23 uscochi, subito che n’hebbi l’aviso, spedii in traccia loro questa barca armata, che suol risieder alla custodia di questi lazaretti, nella qual havevano fatto entrar 20 soldati de’ migliori di questo brogo. Hora aggiongo ch’essequendo essi capitani gli ordini stretti de’ mandati in scritto che da me gli erano stati imposti, di perseguitar detti uscochi in ogni loco, etiandio in ogni territorio degl’illustrissimi rapresentanti vostra serenità, non servando la strettezza del tempo a poter render avisati i confinanti, et tanto meno i più lontani, si partirono con detta barca armata a prima sera da questo porto, et su le cinque hore incontrarono la fregada di Zuanne Pistor spallantino, svaleggiata circa un hora inanzi, dalla qual havendo inteso che si trattenivano a svalizar un grippo della Marca nella valle di San Zuane di Malvasia, tolti alquanti sassi per valersene in occasione di abbordo, tirorono a quella volta, et benché vogassero quietamente per non esser sentiti, non hebbero sorte di trovarli altramente, dove che navigando verso il Morter, arrivorono a Caocesto, dove è fama che ivi et a Ragosnizza habbiano intelligenza et aiuto di vittuaria et di huomini, et ivi così tenendo ordine da me inviorono littere all’illustrissimo signor Conte di Sebenico, con aviso di questi accidenti, et poi giudicando d’haver trappassato troppo oltre, tornorono indietro et sbarcorono su l’hora di terza il venere a Ragosnizza, cercando minutamente tutta la villa, perché il predetto patron Zuane haveva riferito d’haver tra gli Uscochi riconosciuto un bose della detta vila, territorio di Sebenico, ma non trovandone vestigio alcuno, anzi la villa vuota senza niun huomo, et negando le donne d’haver veduto gli uscochi, tornorono alla barca et tirorono di nuovo per andar al Morter, ma rinfacciati da Tramontana convenero tratenirsi fin a sera nel porto di Cazzuol; et parendoli infruttuoso il star più ivi, andorono a costeggiando tutta la notte senza strepitar co’ remi, in tutte quelle valli et in tutte quelle punte, fin all’alba del sabbato, che fu hieri, che essendo arrivati al scoglio di Slarina, incontrarono due barche sebenzane con huomini, i quali riconosciuti dalla barca armata, dissero che havendosi ricevuta dall’illustrissimo signor conte di Sebenico la lettera da essi capitani a lui scritta di ordine mio, gli haveva inviati a quella volta, onde dconsiderato essi capitani che gli uscochi non potevano esser andati altrimenti verso il Morter, perché haveriano intopato in questi sebenzani, risolsero di tornar indietro, et così venero su le due hore di giorno del sabato ad una valle detta Cadumercichia, alla punta della quale facendo smontar le solite guardie et salir altri a scoprir la valle in dentro, questi tornorono indi a poco, et riferirono haver trovata una barchetta affodnata appresso terra, onde sospettando quel ch’era, spinsero vinti huomini ad assicurarsi di qualche imboscata et trovarono il loco ove gli detti uscochi havevano mangiato et divisa la preda, scoprendo sotto a certi sassi una certa quantità di cera, et i sachetti vuoti de’ danari svaliggiati, con una scattola di confetti vuota, tolti al detto patron Zuane, due barile rotte, la vela della barchetta et un cesto di vittuaria diversa; per la qual cosa havendo investigato in ogni parte, et non se ne potendo haver alcun inditio, tornarono alla marina, ove tirata in terra la barchetta affondata, et postavi la robba trovata in terra, sopragionsero le due barche sebenzane sopradette, le quali pretendendo di volerne la parte, fu per attaccarsi un fatto d’arme tra gli huomini di quelle et questi della barca armata, ma i capitani mandati da me come persone prudenti et temperate, mostrando al capo di quelle gli mandati in scritto da me a loro comessi, con gran fatica poterono acquetarli, donandoli per cortesia una buona parte della cera recuperata. Et se ne tornorono a Spallato con la detta barchetta, la qual ho liberamente destrbuita tra quelli che la conquistarono, per darli animo ch’in altre occasioni habbiano da riuscir più pronti in servitio di Vostra Serenità. Et de tutto questo accidente ho dato conto all’eccellentissimo signor proveditor generale. Gratie etc.
Di Spallato, li 7 settembre 1614

Giacomo Contarini, conte et capitano.

Allegati: costituto dei capitani, 7 settembre 1614 (5 cc.); commissioni di Giacomo Contarini ai capitani (2 cc.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 13.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.