20 aprile| 1616 Lorenzo Surian
Dispaccio del 27 luglio| 1614|
N.
Serenissimo Principe,
Ricerca il debbito mio che doppo cinquanta giorni ch’io mi trovo a questo Reggimento, conferitomi per singolar gratia della vostra Serenità, io le dia riverente conto del stato della città, al qual effetto sino del primo arrivo non ho lasciata a dietro alcuna diligenza per prenderne quelle informationi che ho potuto nel ristretto di questo tempo, a fine d’incaminar l’amministratione in questi principii, secondo il servitio di vostra Serenità. Ridurò quello che mi occorre rappresentarle alla materia delle vittuarie, et al stato della pace di questi sudditi; doi scopi principali di chi governa, et difficili et importanti, massime in questa città, che di fuori confina con popoli barbari, dalli quali convien ricever il vitto et di dentro contiene in sè un misto di gente nativa, forestiera et diversa di genio, d’interesi et di professioni.
Non produce il territorio di Zara biave che bastino a sostentarla per quattro mesi dell’anno, con tutto che per quantità et per qualità di terreni fosse sufficiente per renderne d’avvantaggio. Mancamento che procede dalla vicinanza de’ turchi, per timor de’ quali non viene frequentato il paese come sarebbe il bisogno. Et anco dalla dapocaggine delli stessi contadini, che abhorrendo la fatica assuefatti a cavar utile dai pascoli con la rendita de’ loro animali, vedono perciò mal voluntieri esser messe a cultura le campagne, per non privarsi di questi emolumenti che loro soli godono, senza parteciparne con li patroni dei fondi, né con altri.
In questa ordinaria angustia di proprie biave et nell’abundanza del popoli nella città et nelli scogli della giurisdittione oltre un continuo concorso di vasseli, di galere, et di barche armate, et d’altri passeggieri, convennendo al conte per il viver di tutti, procacciarne le provisioni necessarie, non ha alcun ricorso né più presentaneo né di maggior avvantaggio che il cavarle dal paese turchesco, il quale non sapendo ove transmetter le sue entrate, se non nel stato di Vostra Serenità, che lo circonda per quanto si estendono in longhezza queste riviere, perciò quando la sterilità o le tempeste non si oppongono, o per altri sospetti non sia impedita la prattica, somministra abundantemente il pane a questi sudditi, et con pretio conveniente. Patisce nondimeno questa commodità un grande incontro, pur essendo il territorio aperto in tutta la sua circonferenza che è bagnato dal mare, si rende però molto facile ad ogn’uno il commetter contrabandi, che per quanto son informato, et ho sin hora toccato con mano, su i pochi giorni ch’io mi trovo de qui, succedono più tosto continui, che frequenti. Onde n’aviene che molte volte nel mezo dell’abundanza si sente impensata et subitanea carestia. Hanno li miei precessori conosciuto et provato questo disordine, et quanto s’affaticorno per rimediarvi altre tanto sempre sono stati insediati dalla malitia de’ contrabandieri, li quali fatto conto dell’impotentia di questo reggimento et conciliandosi con donativi l’aiuto et favore de i contadini habitanti ai passi opportuni, la maggior parte Murlacchi, et gente indomita et senza freno, possono ad ogni lor piacere contravenir alla publica intentione, sicuri con questi dipendenti di trasportar dal paese turchesco a queste marine, che molti luochi non sono distanti due miglia, ciò che loro piace, et caricarlo et condurlo via a mano salva, senza dubio d’incontrar in alcun sinistro accidente. Tutte le sopradette difficoltà minacciano di farsi sentir quest’anno molto più gravi, non per diffetto del raccolto de’ formenti, che è conveninente, ma perché li orzi sono andati di male, et di megli, et altri minuti, accennano di fare il medesimo per la siccità della staggione. Onde dovendosi ridur il cibo universale al solo formento, s’imagini la Serenità Vostra quanto s’habbia a far deteriore la conditione dell’anno presente. Pensiero che mi molesta tanto più quanto che mentre applico l’animo a prevenir questo disordine, comprendo esser scarso ogni partito senza l’aggiunta di forze che bastino a fermar il corso di questa pernitiosa invecchiata licenza. Il prohibir l’estrattione per via de’ proclami et di comminationi è ben cosa ordinaria, né da me pretermissa, ma riesce provision languida, et per la frequentia delle contraventioni forse noto senza pregiuditio della dignità del Reggimento, quando non li ravissi et non si faccia rispettar con li effetti et col solito vigor della giustitia. Tenni proposito di questo negotio coll’eccellentissimo signor Generale et gli apersi il mio senso rappresentandoli che non havendo io altro che quattro soli officiali, et questi anco disgratiati, come comporta il paese et il poco salario, che non è maggior di doi ducati al mese per ciascuno, si compiacesse però soccorrermi col suo poter et auttorità di quel modo che ricerca il bisogno, et ne restai consolato perché havendone sua eccellenza conosciuta la verità, si compiacque per non diminuirne di numero, né di forze le barche armate, assignarmi da tutta la quantità di dette barche dodeci soldati, li quali provisti di un caicchio, promettono nel buon principio ch’hanno dato ottima riuscita per diversione de’ contrabandi. Non terminando però in questo solo benefitio il frutto che si doverà pretenderne, perché passa più innanti et tocca da vicino li interessi dell’istessa città di Venetia, et de’ suoi datii, rispetto alli vascelli carichi d’oglio, che di sottovento andando in terre aliene arrivano nei porti et ridotti di questa giurisdittione, lontani dalli luochi abitati, per sutterfriger il pagamento del datio di questa città, conforme alle ritrovate efficaci deliberationi dell’eccellentissimo Senato; cosa che potranno far nell’avenire perché con la prontezza del detto caicchio si andaranno cercando per esser posti in quella obedientia che è mente della Serenità Vostra, et che consentono li interessi publici, et la molta utilità che si doverà cavarne dalla frequentia loro. Come anco con questo aiuto resta impedita l’estrattione fraudolenta di molti animali per terre aliene, a pregiuditio del viver non solo di quella et di questa città, ma anco col difraudar l’entrate di questa camera, pur troppo povera, essendo per parte presa nell’Eccellentissimo Senato di 16 ottobre 1564 strettamente provvisto che di ogni manzo estratto per terre aliene si paghi un ducato, et de gli altri animali minuti un mocenigo per testa. Datio che si soleva deliberar et se ne cavavano sino a 150 ducati all’anno, ma essendo stato intermesso senza che si sappia viderne alcuna causa dal 1590 in qua, ho stimato debito mio darne riverente conto alla Serenità Vostra, et mandarle aggiornata copia della parte in tal proposito, a fine che si degni accennarmi intorno a tal materia quals sia la sua voluntà et in tanto io procederò molto parcamente nel concederne alcuna licenza per paesi alieni. Ma nella consolatione ch’io sento del rimedio applicato con il caicchio ai supradetti disordini, mi preme grandemente nell’animo il dubbio che cessandomi tale appoggio io posso ricader nelle consuete difficoltà di questo carico; perciò convengo supplicar humilissimamente la Serenità Vostra a degnarsi di corroborar colla suprema sua mano la continuatione di esso, il che sarà senza altra spesa publica et senza diminuir né in quantità né in sostanza le barche armate anzi s’haverà sempre pronto a riunirsi nei bisogni al medesimo et altri publici servitii. Tutto si degni dar ordine tale che io possa provedermi di quel numero di ministri che soo necessarii, et senza li quali non si può indubitatamente sovvenir alle ocorenze di questa amministratione, che per tal causa ha ricevuti per l’adietro non mediocri incontri et pregiuditii.
Resta hora che per adempimento del presente uffitio io tocchi altra cosa intorno al stento della pace di questa città, alquanto perturbato dalli disordini che passano tra questi nobili da certo tempo in qua. Sono state sempre familiari a questa città et a tutta la provintia le fattioni, tra nobili et citadini, et divisi li ordini et di voluntà causorno continuamente moti, con molta molestia di Vostra Serenità et de’ suoi rappresentanti. Divisioni che ad arte seminatevi da chi prima della Serenità Vostra n’haveva il dominio, hanno poi pronto durar in questa città, hor più gagliarde hor più rimesse, fin che già dodici anni trovandosi Generale in queste parti l’Illustrissimo signor Donato di felice memoria, stimò supra ogni altra cosa raconciliar li animi et sopir ogni materia di futura dissensione. Il che non fu troppo difficile alla prudenza di quel senatore, havendo compartito tra l’uno et l’altro ordine li carichi et li honori, con così giusta proportione che bastò a renderli sodisfatti, et introdur la pace. Ma rimossi per questa causa quei vincoli che tenevano uniti li nobeli in se stessi, cominciorno a svegliarsi tra di loro disgusti et dispareri che poi, nutriti et fomentati dalle passioni, convennero prorumper in manifeste contentioni, et finalmente capitar diverse volte all’armi et alle offese con altri eccessi d’insulti sino nelle chiese et altri luochi pubblici, con molto poco rispetto. L’Eccellentissimo signor Generale a giorni passati per impedir l’effetto di maggiori accidenti in città mista di tante nationi, per il più militari, fatta prima alli interessati una prudente et grave ammonitione, et mostratosi risoluto che si terminassero queste discordie, haveva introdotta pratica della pace, et commessane la cura al signor Collonello Iulio Elisio, General di questa militia, ma chiamata Sua Eccellenza altrove da negotii più importanti et cessato col mio partir il calor dell’auttorità, s’è anco intepidita l’indinatione alla concordia, interponendosi varii cavilli al buon effetto di essa. Furno le parti sequestrate in casa, ma ne anco questo basta per farli risolver et finché non si capiti a medicina più rigorosa non si potrà sperarne quel fine che si desidera per la quiete commune, massime restando fomentati questi scandali dalla pernitiosa licenza, colla quale si porta per questa città indifferentemente ogni sorte d’arcobusi curti, cosa che deriva dal non estendersi in queste parti le leggi che prohibiscono arma così essecrabile, li qual leggi, sì come si deve credere, che non le habbiamo vietate a questi sudditi, per la necessità che tengono d’esse in campagna rispetto alla vicinanza et pericoli che soprastanno da’ turchi, così deve anco credersi non esser la mente publica che si permetta la delation in fortezza di tante conseguenze come questa; et il prohibirlo con semplici proclami de’ rettori è di poco giovamento, per diffetto d’auttorità nel comminar le pene et per mancamento di forze nel procurarne la debita essecutione. Nel qual proposito se paresse alla Serenità vostra deliberar alcuna cosa, stimarei che potesse grandemente conferir alla quiete del popolo et alla riputatione di questo presidio.
Passano nel rimanente tutte l’altre cose con assai tranquillità et con augumento del commercio per la buona vicinanza che vive con questi turchi confinanti, fermata et nutrita dalla desterità e prudenza dell’eccellentissimo signor Generale et dalla diligenza che li altri Rappresentanti impiegano alla conservatione et indennità di questi sudditi, che è quanto per hora posso significarle riverente nell’ingresso di questo mio carico. Gratie etc.
Di Zara, li 27 luglio 1614.
Lorenzo Surian
Allegati: parte che vieta l’estrazione di animali dai territori della Serenissima, 17 settembre (1 c.).
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 13.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.