20 gennaio| 1571 - 22 marzo| 1572 Giacomo Foscarini q. Alvise
Relazione|
GIACOMO FOSCARINI
Provveditore generale in Dalmazia e Albania
10 giugno 1572
Relatione di me Giacomo Foscarini nell’eccellentissimo Senato delle cose da me operate et osservate nel governo di Proveditore general in Dalmatia
Ottimo et utilissimo instituto serenissimo principe, signori et padri eccellentissimi è questo fra gli altri con che si regge questo ordinatissimo governo, che ogni uno, il quale habbia havuto qualche carrico publico et d’importantia fuori della città, riferisca nella fine d’esso et renda conto in questo luogo delle attioni sue et delle cose osservate a publico beneficio, perciò che più diligente et sollecito fa l’huomo ad operare et osservare, il sapere et il pensare tuttavia che dee haver così prudenti et savii ascoltatori et giudici delle sue operationi et osservationi et Vostre signorie eccellentissime, intendendo spesso lo stato delle cose sue et il giudicio et parere di chi l’hanno di fresco administrate, possono meglio reggerle et governarle. Et se in ogni tempo è utile questa buona institutione, è hora tanto più necessaria, quanto maggior diligentia et sollecitudine ricerca il governo delle cose presenti.
Ond’io, il quale per nome suo sono stato Proveditor general in Dalmatia, se bene poco atto a giudicio mio, così nell’operare et nell’avertire et osservare, come nel riferire et render conto della mia administratione et del mio parere, vengo non di meno, poiché presente non posso (occupato in altro maggior servicio di Vostra serenità) col mezzo di questa scrittura a riferirle et rappresentarle, quanto potrò più brevemente, lo stato della Dalmatia, la fortezza et debolezza di que’suoi luoghi, i confini de nemici et come da quelli le cose di Vostra serenità possano ricever danno; et lascierò a dietro di raccontare come que’ paesi vennero sotto questo dominio, essendo cose molte volte intese et che porterebbero seco molta lunghezza di tempo. Dirà bene della natura di quei populi, come sono devoti alla Serenità vostra, come si diportano con li nemici. Le forze ordinarie de Turchi alli confini. Gli habitanti in quelli et come li christiani sudditi loro comportano quella servitù. La sorte della milita che Vostra serenità trattiene in questa provintia, così da piedi come da cavallo et in mare in questa presente guerra et come da essa la sii servita et quello la possi sperare, oltre l’ordinaria difesa delle città, quanto le costi il trattenimento delli soldati, quanto la fortificatione et in che modo si vituaglino li luoghi al presente, che manca loro il trafico de Turchia, con quel de più che giudicherò a proposito per far che intendino particolarmente le cose sue.
Possede la Serenità vostra nella Dalmatia in terraferma de qua da Cattaro, del quale, né delle cose d’Albania parlerò, tutto che et di questa et di quella provintia mi fosse dato carrico, non havendo per mancamento di modo et occasione possuto passar in quelle parti, Almissa con li castelli, Starigrado et Vissecchio, Spalato, Sebenico, Zara, Nona et Novegradi, spogliati o totalmente delli territorii o rimasti con così poco, che si può dire che altro non habbi ciascuno de questi luoghi che il circuito delle mura, oltre di questo sono di Vostra serenità le isole di Curzola, Lesina, Brazza, Lissa, Solta, Pago, Arbe, Veglia, Cherso et Ossero e li scogli de Sibenico et Zara.
Almissa è castello ristretto, né circuisse più che passa 400, posto al piè d’un monte asprissimo alla foce del fiume Cettina, dal quale verso l’oriente è bagnato et verso mezodì battuto dal mare, sopra di esso nella sommità del monte vi è fabricato il castello de Starigrado, forte per l’asprezza del luoco et difficultà da potervi condur artellarie et gente che l’offendi et anco in questa guerra acconcio in modo che farrebbe resistenza ad ogni assalto li potesse esser dato; vi sta un capitanio con 16 fanti del paese. Più discosto è il castel de Lisecchio, parimente posto sopra un monte altissimo, fatto da natura più che alcuna arte, perché la semplice rocha del monte da forma alla fortezza, sotto esso discorre il fiume. In questo medesimamente sta per guardia un capitanio con 16 soldati del paese. Almissa è di poca fortezza, se ben da terra non può esser offesa, se non dalla parte de levante, ma senza gran forze d’artellarie si diffenderrebbe, ha molto più habitatori di quello havea per il passato, anci per la moltitudine di essi vi è penuria d’alloggiamenti et case, le quali per il più sono coperte di paglia, che è molto pericoloso, perché regnando in quel loco (per l’apertura de doi altissimi monti fra quali corre il fiume) venti gagliardissimi, ogni poco di foco, che o il caso o la industria de gli nemici li facesse entrare, abbrusciarrebe tutto’l loco, ho avvertito di questo quelli habitanti, persuadendoli a liberarsi dal pericolo con il corpir meglio le loro case, ma tutti si appoggiano alla speranza di esser agiutati da Vostra serenità, havendola trovata così facile sempre a concedergli quanto quelli popoli hanno dimandato, che differiscono ad agiutarsi sperando esser da lei sovenuti. Alla custodia di quel loco si tengono 50 fanti italiani et vi sono anco 120 Polizzani, divisi in tre compagnie. Ha 1.100 anime et fra esse gente da fattione 250. Fra detto loco et Spalato verso ponente vi è Polizza, paese buon et fertile et molto habitato da genti, che fra due cinte de monte ha dua buonissime et utili valate; dalla parte di ponente vi è la Craina, che va continuando fino in bocca de Narenta, molte di queste ville et de Polizza sono venute sotto l’ombra di Vostra serenità, con promessa di certo annuo censo, che hanno fatto con consenso et participatione de Turchi, per ottenir per questo mezo di non esser molestati, però che essendo vicini alle marine erano da Uscocchi et dalli nostri continuamente depredati, sono non di meno sudditti turcheschi et pagano il carrazzo come tutti gl’altri, anci quando sono da loro comandati, vengono a danni delli luoghi di Vostra serenità, come li proprii nemici, sarrebbe l’intentione loro starsi de mezo et non esser dall’una né dall’altra parte molestati, ma occorre molte volte che sono preda dell’uno et dell’altro, però che i Turchi per ogni sospetto li rubbano et li nostri molte volte li depredano; è loro vescovo il Sala mandriense, che proccurò di ottenir da Vostra serenità la loro dedicione, ma è huomo de malamente et a molti segni ha mostrato che non il timore l’amore ma l’amore il timore l’habbi fatto far quella risolutione et ha proccurato che quelli che sono fati veramente sudditti a Vostra serenità, si ritornino a nemici, anci si scopre che siano venuti alla sua divotione con volontà de Turchi, per fuggir di esser depredati et quando possono fano delli danni; li 300 taleri che hanno offerto a Vostra serenità per censo, non aggravano soldi doi per casa, con qual gravezza restano securi da nostri, se ben pagano i Turchi per carrazzo un cechino, i li feci intendere che volendo continuare in questa devotione, dovessero dare per il servicio delle galie huomeni da remo, ma mostrano non volerlo fare per timor de Turchi, di modo che questi non conoscono Vostra serenità, se non tanto quanto pensano solo questa finta ombra potersi assicurare dalli danni, che se questo non fusse giustamente li potrebben fare, che li farebbe risolver overo devenir e passar alla sua divotione, o di abbandonar le sue case e luoghi facili da esser oppressi. È Almissa sotto la giurisditione di Spalato, dove debbono andare in appellatione tutte le sententie et ordinariamente vi sta un castellano, posto in vita. Vi è stato longamente e tutta via continua messer Pietro Mossuro, ma in tempo di guerra mandando Vostra serenità un Providitor, seben dalla camera de Spalato depende tutto quello occorre in Almissa, pare che sii nata differentia et disparere, non volendo gli Almissani riconoscer alcuna superiorità in Spalato et come fra loro vi è natural poca intelligentia, così fomentati dall’auttorità del Proveditore, negano di dover andar a Spalato con le appellationi, ma più tosto con più spesa et longhezza di tempo vanno al Proveditor generale, sarà bene che Vostra serenità fazzi udir et terminar le diferentie che in materia de privilegii sono fra Almissa et Spalato, per levar via questa rugine si mantien fra loro. Era anticamente quel loco ridotto per fuste, il quale per questo anco è importante, perché la comodità del fiume li darebbe ricapito, se ben la bocca, per la congiontion delle acque salse con le dolci, si è atterrata assai, ma per picciol vasselli vi sarrebbe passo. 18 miglia lontano d’Almissa vi è Macarscha e 50 più la vi è Narenta, dove stan barche fuste de i nemici, che tengono in continuo timore tutti quelli luoghi et specialmente Brazza, vi è bisogna de vasselli armati per quella custodia, altrimenti con occasion potrano far molti danni; vi è stato Proveditore il magnifico messer Gierolamo Boldù tutto questo tempo, che ha defeso et ben governato quel loco, se ben in questo ultimo è stato molto indisposto, nel quale et li castelli vi sono fra grandi e piccioli pezzi numero 21, li maggiori da sei et li menori da uno.
Spalato, che fu anticamente pallazzo de Diocletiano imperatore, da lui fabricato a tempo che havendo rinontiato l’impero si riddusse ad habitar Salona patria sua, della quale si vedono le vestigie et alcune antichità tre miglia lontano, circui […] in circa 800 passa, comprendendo et quello era circuito dell’antico palazzo et quanto è stato aggionto, è presso la riva del mare in loco basso et li fa porto angusto un poco di molo verso mezo giorno, è debollissima città da tutte le parti, non havendo né muraglia di alcuna forza, né fianchi da difesa, se non alcuni piccioli et debolissime torrete, che erano stantie del palazzo antico; ha il castello verso ponente, ma debollissimo et in molti luoghi con le mura rotte, fo principiato verso terra ferma dalla parte di tramontana, un poco di baluardo ridotto fino a piedi 10 di altezza et lasciato imperfetto, è in conclusione da creder che da assalto di mano si tenirebbe per la resistenza de gli difensori, ma ad ogni minimo forzo di artellarie convenirebbe cadere. Ha ben il paese intorno sassoso, fortissimo et pieno di molte masere, per causa delle quali con dificultà si condurrebbeno le artellarie, ma Turchi si promette così certo l’acquisto di quella città, che già fra alcuni delli vicini si sono divise le case delli cittadini di Spalato e assignato il censo che per esse deveno pagare; gli è vicino la fortezza de Clissa, posta sopra una rocca e lontana otto cinque miglia, i presidii della quale sogliono correr fino a Spalato, hora gli nemici se gli sono più approssimati, con la presa della torre di Salona, che l’estate passata fu da loro occupata, più per tradimento di chi la difendeva che per gran forza de nemici, i quali si mossero a impatronirsene ad instantia della sultana, che fu moglie de Rustan bassà, la quale possedendo alcuni molini al fiume di Salona, veniva a restarne priva per rispetto di quella torre, la quale è stata da loro alquanto racconcia et cavatole la fossa intorno, nella quale entra l’acqua del fiume; è di forma quadra di circuito passa 40 in circa, lontana dal mare verso ponente passa 200, posta sul fiume e ressiduo della città [seguono sei righe in codice, non trascritte] poco lontano del fiume di Salona è l’isoletta de Vragnizza, che soleva esser guardata, ma da poi la perdita di Salona et da nostri et da nemici resta abbandonata. Si perdete anco a quel medesimo tempo il Sasso, che è un luoghetto in cavato in un sasso, che si teniva per guardia del territorio, de pochissima importantia, qual territorio picciolissimo e molto poco goduto, se ben con la poca guardia tenuta a Glavicina, un miglio lontano dalla città, si sono assicurati seminar et cultivar quelli pochi luoghi che da quella guardia hanno possuto esser scoperti, li poveri si sono assicurati uscir fuori, sunar herbe et lavorar li pochi luoghi sono appresso, dando occasione a gli nimici molte volte di correr fino sotto le mura a depredarli; sono tenuti alla difesa di Spalato quei soldati italiani che è parso necessario et più e meno secondo la necessità, essendo per causa dell’inverno stato diminuiti il numero, con quali vi stano sotto diversi capi circa 60 cavalli stradiotti et Crovati, oltre due compagnie con 80 fanti polizzani, queste genti di continuo scarramuzzando con Turchi vicino, prendono et sono presi da loro.
Vi sono in Spalato artellarie fra grandi et picciole pezzi 15, li maggiori da 20, li menor da tre, quali sono più del bisogno et quando per ordine di Vostra serenità ne volsi levare strepitarono molto quei principali, parendoli che per questa via si haveria nel popolo messo troppo gran terrore, perché harrebbe fatto creder si havesse voluto abbandonar la città. Vi sono anime de habitanti numero 2.000 in circa, fra le quali sono da fation numero 300, tutti li cittadini prima che la Serenità vostra ottenisse la vittoria gloriosa dell’armata turchesca, diffidavano tanto della conservatione della città, che quelli hanno havuto qualche cosa cara, danari o altro, l’hanno mandata via et molti anco si sono partiti, ma dapoi si sono alquanto assicurati, parendo che dovendo esser certi di non esser molestati da mare, siino per resistere a quello che con assalto da mano li possi esser fatto da terra, ma in conclusione è il loco così debole, che dubito potrebbe resister poco in qual si voglia sforzo li fusse fatto. Delli animi loro è difficile far giudicio, si trovano poveri et haver perduto quello possedevano, non gli restando altro che l’isola de Solta et una parte di quella di Bua et mal contenti, perché incommodità ricevono nelle loro case per li alloggiamenti delli soldati; sono fra nobili et cittadini molto divise e per questo manco da creder, che se occoresse di far innovationi, che potessero accordarsi; la guerra ha introdotto molte spese straordinarie, fomentate anco dal poco buon governo, onde avviene che non potendo quella camera, come ne anco tutte le altre della Provincia, per esser tutti li dacii diminuiti, suplire alle spese, li stipendiati che restano grossi creditori non sono pagati, è cosa molto necessaria provedervi, perché mossi da questa necessità, gli Rettori mettono mano alli danari mandati loro per conto de pagamenti de soldati. È stato e tutta via è Conte e capitano il magnifico messer Andrea Michiel gentilhuomo pien de bontà, che in città tanto travagliata et un tempo di tanta guerra e più tosto nociva, ma s’è affaticato molto e ha fatto quello ha saputo e possuto.
Traù è città picciola di circuito de passa 500, situata in mare, si congionge con l’isola di Bua con un ponte di lunghezza de passa 60 in circa, che tanto è lontana dalla città essa isola verso mezo dì, alla parte opposita con un altro ponte di longhezza di passa 40 in circa si congionge con la terra ferma. È città debole et per debolezza delle muraglie et per le eminentie che soprastano alla città, che da molti luoghi dominandola la batterrebeno, ha un castello picciolo all’entrata del ponte antico et di nessuna fortezza, guarda verso levante un colfo fatto da terra ferma et dall’isola Bua, che verso Spalato ha strettissima uscita et a Traù si stringe verso li dua ponti che escono della città. È simile a un lago et per li molti castelli sono in la terra ferma del territorio di Traù et Spalato tiene molto di quel di Garda, si sono mostrati quei cittadini più curiosi in questa guerra della conservatione della città di tutte le altre, hanno anco goduto più d’ogn’uno il suo territorio, perché dal monte in giù hanno et raccolto et seminato come tutta via fanno, perché non possendo i nemici venir in esso de qua dal monte, se non per alcune strade et passi stretti, che son dal continuo guardate, né havendo comodità di ritornar, se non per le medesime, non possono così facilmente impedir la cultura, hanno ottenuto da Vostra serenità che li siino pagate queste guardie, quali havendo io visto, che importavano ducati 1.200 all’anno et che poco più potevano valere le entrate che cavavano dal beneficio di queste guardie, ne avvertì la Serenità vostra, che mi commesse dovesse far quello giudicava bene, onde ho ordinato che alli tempi del seminare et raccoglier solamente siino pagate et il resto del tempo, essendo cosa superflua, si lasciassero, era desiderato da quelli cittadini il continuo trattenimento di quelle guardie per dar da viver per questa via a molti loro contadini; hanno anco ottenuto da Vostra serenità cavacanali, per cavar la parte del canale posta tra la città et terra ferma et con molta spesa hanno lavorato un anno, cavando con pochissimo profitto, perché del contiuo quella parte, che ha manco corso che l’altra, si atterra et il fango portato dredo le mure per terrapieno, havendole trovate deboli et vecchie, le ha fatto resentire et in qualche parte cadere. In Traù vi sono artellarie pezzi numero 33, li maggiori da 14, li menori da uno, si difendorrebbe con gli ordinarii presidii tenutivi da Vostra serenità da ogni gagliardo assalto da mano, ma non resisterrebbe già a battarie d’artellarie, che però difficilmente se li possono condurre, per la strettezza de passi. In essa vi sono al presente anime 2.500 tra quali da fattion 300. Li cittadini mostrano esser di buona mente et sempre che è venuta occasione, hanno mostrato più dispositione de difendersi da tutti gli altri et fra loro sono manco divisi di tutte le altre città et tanto buon concetto hanno fatto negli animi loro doppo la nuova della vittoria havuta dall’armata di Vostra serenità, che altuno de quelli cittadini comprò, a prezzo conveniente, certe rode de molini presso Salona, che fino dall’ultima guerra in qua per spacio di anni 40 erano possesse da Turchi, comprando le ragioni da chi in quel tempo le perse. Resta nel territorio o nelli castelli, che sono de particolari cittadini, ancor delli contadini, li quali come sono tutti gli altri rimasti viveno come Uscocchi et depredano quanto possono et difendono quelli castelli, come alla venuta delli due aangiachi all’espugnatione della torre di Salona, difesero valorosamente il castello dell’arcivescovo di Spalato, da dove doppo doi giorni si convennero partire, il mantenimento del quale fu parimente la salute de tutti gli altri castelli di quella riviera, li quali si mantengono, perché si possono difender d’assalto di mano, non mettendo a nemici a conto spendervi tempo in artellarie, perché essendo alla riva del mare, con ogni vassello armato si spiannerrebbono sempre. È Conte e capitano il magnifico messer Antonio Longo, pieno di valore, che governa quella città con molta prudentia et sodisfatione de quei popoli, è veramente fra quanti serveno a questo tempo di guerra merita molta laude. Vi è tenuto tempo come nelle altre città quelli soldati che di tempo in tempo sono giudicati bastare et sotto diversi capi vi sono cavalli 54.
Sibenico è posto in un colfo o lago di mare, che è longo miglia cinque et largo dua in circa, quel colfo si trova passando per un canale di longhezza d’un miglio et largo poco più d’un trar di mano, qual canale da esito in mare al fiume Cerca, che viene da Inina [?] et da Scardona, la città è posta a dirimpetto del detto canale, che dominando il colfo et esso canale fa vista bellissima. È situata in costiera di monte arido, alla sommità del quale vi è un castello vecchio et poco forte, come di manco fortezza è la città tutta, essendovi all’incontro del monte di San Giovanni, che in poca distantia può batter il castello.
E la città, la quale è circondata da debolissime muraglie, è stato fatto un poco di fortificatione alla porta di terraferma verso levante, con un bastione et con terra pieno della muraglia et alcuni torrioni, più per la stantia de quei cittadini che per gran giovamento se gli facesse, perché possendo esser battuta la città da molte parti, sarebbe bisogno di altra fortificatione, che hanno cercato et cercano quelli d’introdurre et molte volte hanno sopra ciò molestata la Serenità vostra, non tanto perché pensino si possi far in quella città alcuna fortezza, quanto perché fabricandosi sperarrebbono cavar et per loro et per il popolo, qualche beneficio. Circuisse la città 1.000 passi all’incontro di essa verso mezo giorno, su la bocca del canal stretto che entra nel colfo, vi erano due torrere fatte anticamente per guardia di esso, qual trovai destrutte all’andar mio distrutte però all’andar mio distrutte però dalla parte del mare, perché verso terra li sono restate le muraglie nel modo erano, con fine che se i Turchi volessero impatronirsene, potessero dalla parte di mare facilmente esser cacciati. Hanno suplicato Sebenzani ultimamente, che esse torrete fossero rifatte, dicendo che assicuravano quel canale, che quando da nemici fosse molestato, vennirebbe esser impedita la entrata et uscita de Sibenico, Vostra serenità mi commesse che facesse quello pensassi esser più a proposito et io giudicai, che se le torrete fussero state in piedi, com’erano già, non sarebbe forse stato bene haverle, ma non mi parve tempo, poiché era seguita la rovina, di reedificarle, tanto più che il canal viene in qualche parte assicurato dalla fortezza de San Nicolò, posta poco lontano dalla bocca di esso, né è ragionevole che i nemici pensino venir a fortificarsi tanto vicino, possendo in molti modi esser offesi; patisce la città d’acqua, come ordinarimente fanno tutte quelle di Dalmatia, convien l’estate mandar alle Vodice, loco in terra ferma fuor del canale, sei miglia lontano dalla città, con barche, per condur acque da una fontana che è in quel loco, dove possendo andar facilmente gli nemici, corre il popolo che vi va gran pericolo. Come molti sono stati presi, oltre che vi è dubio anco che quell’acqua da Turchi non venghi avelenata, dimandorno che fosse coperta et guardata una torre, che è alle Vodice et tenutavi una guardia, Vostra serenità mi commesse la cognitione di questo poco inanti la partita mia et io, come cosa necessariissima et dimanda giusta, ho ordinato sii esequita.
In Sebenico al presente sono anime 5.391 4.626 et fra esse da fattion 520, vi sono quelli soldati, che quando più et quando meno secondo si osserva in li altri luoghi, sono tenuti per presidio et dua capitani con cavalli 14; vi è anco buon numero de Uscocchi sotto dua harambassà, che erano sudditi turcheschi stipendiati da Vostra serenità, li quali fanno mortalissima guerra con nemici, perché quando da loro sono presi, come fuggitivi sono fatti morire, com’essi ancora barbaramente hanno impalato qualche Turcho capitatoli nelle mani, patirebbe quella città molto di vivere in questa guerra, come tutte le altre della provintia, se li bottini et li schiavi fatti prigioni rilassati, o su la fede o con piezaria, non conducessero a conto del loro riscatto delle frumenti et delle vittuarie et sotto questo pretesto di riscattarsi molti continuano a traficare, onde le città ne ricevono commodità di vivere, seben per mezo di questi i nemici scopreno et sanno tutto quello è da nostri operato; li sono artellarie di bronzo pezzi 44, li maggiori periere da 45 li menori da [...]e e più quantità d’artellarie di quello che si può in quella stretezza accomodare, come sono in tutte quelle città deboli, de quali se seguisse perdita, servirebbono a nemici da offender le fortezze fuori del canale et alla bocca di esso; è la fortezza di San Nicolò posta sopra una picciol linguetta in mare, loco picciolo, circuisse circa 200 passa con doi mezi beluardi verso la terra ferma, che per il disegno doverebe esser scarpelato, per esser posta in isola. Dalla fronte che è verso ponente, scopre l’entrata de Sibenico e tutto’l canale de fuori, vi è un pontone che fa beluardo tondo, quel loco o fortezza è posta tutta sopra volti intorno intorno, ecceto che dalla parte di terra ferma, sotto li quali volti vi è bellissima artellaria di bronzo al numero di pezzi 32 et fra essi periere da 150 et canoni da 50, li tiri delli quali in loco serrato, oltre che impedirrebbono dal fumo il potervi stare, senza dubio dal strepito et tuono farrebbe risentire et rovinar li volti sopra quali è posta la fortezza, più che se da nemici di fuori fosse battuta, se ben si crede altrimenti per l’esperientia si dice essersi fatta, oltre che di sopra non è in alcuna parte terrapienata, ne vi è altro parapetto se non di muro, che a batteria sarrebbe rovina a chi la diffendesse. Concludo che sii in apparentia più che in effetto fortezza, oltre il volto vi è in mezo una gran cisterna, per conservatione dell’acqua, la qual non basta anco l’estate al presidio ordinario de soldati 70, che in questa guerra se li è tenuto, di modo che viene a esser una machina di pietra tutta voda di dentro, se gli tiene della vittuaria continuamente per ogni bisogno potesse havere. È di grandissima importantia, per giudicio mio, il sito de Sibenico et importarebbe assai che fosse più forte la città di quello è, overo fosse in termine di potersi fortificare, perché è porto capacissimo ad ogni grandissima armata, del quale quando [?] l’inimico fosse padrone, che Dio guardi, si prevalerebbe molto del fiume Cerca, sopra’l quale, come ho detto, vi sono Inina et Scardona et vi erano li molini di Vostra serenità, che s’affitavano ducati 2.000, hora in questa guerra rovinati, per il qual fiume potrebbe condursi legnami et pegole per uso d’ogni grand’armata, di qual cose il paese vicino è abondante; per questo, come ho detto, desiderarei che fosse la città più forte, che in due modi è sta considerato potersi fare, l’uno facendo un forte sopra’l monte a San Giovanni, loco che di sopra ha detto esser cavalliero alla città da onde è dominata et battuta, l’altro è fortificar il loco delle Maddalene, questa è una lingua posta nel colfo o nel porto, che spinge verso ponente circa passa 400 di terra in larghezza di passa 200 et far peninsula lontana dall’una e l’altra parte di terra, tanto che non potrebbe esser battuta, farrebbe fronte verso levante, che bastarrebbe solamente fortificare et sarebbe loco sicurissimo, quanto come tutto’l resto anco esso non patisse di acque; nella mente de quei popoli non posso dir altro, se non che sono ridotti in povertà et in stanchezza della guerra, sperano che la vittoria dell’ano passato li debbi ristorare, ma quello sii nelli loro animi è difficile poter penetrare, sono come tutte le altre città fra cittadini et nobeli in divisione, che suol esser a creder mio la sicurezza delli luoghi. Il contado tutto è perso in questa guerra, non resta altro che li scogli, come Starin, Pervichio, Crapano, Lupaz, Trebocconi e’l Morter, ma talmente privi di gente che sono come inculti; il Morter è assai habitato, il qual è fatto ridutto de molti ladri, essendosi ritirati molti da Zloselle che è loco in terraferma, i quali rubano e fanno grandissimi danni, così alle isole vicine come a navilii che passano per quei canali et non prestano ubbidienza ad alcuno; ho havuto pensiero di prender quanti havessi possuto di loro et metterli alla galea, ma stano con gran sospetto et ritirati da dove possono esser presi. Il Morter per un stretto è così vicino alla terra ferma, che quelli habitanti stano in continuo timore di esser predati da nemici, come fecero nel principio della guerra, perché non solamente possono passar con ogni picciol barcha, ma anco a certi tempi farvi guadar cavalli, che quando occorresse che quelle genti fossero depredate, sarrebbe un congionger quell’isola alla terraferma et riddurla in mano de nemici et a fatto siccurrarrebbe quel loco. È Conte in detta città de Sibenico el magnifico messer Gabriel Emo gentilhuomo da bene, che convenendo star in continuo moto rispetto alle frequenti molestie de nemici, si adopera e si affatica quanto puole.
La città di Zara, che si può chiamar metropoli della Provintia, sendo principal et più bella et perché è anco fortezza e di tanta importanza, che non solo mantiene in possesso la Serenità vostra di quanto la tiene in quella provintia, ma si può dire che sii propugnacolo et difesa di quella inclita città e d’Italia, all’arrivo mio, che fu alli 20 di genaro del 1570, la trovai in così debol stato et tanto facil ad esser oppressa, che si può rengratiar la maestà di Dio che non cascasse in pensier al nemico di venirla a tentare. Hora si trova in tal essere, che se ben si può tenir per fermo che farrebbe gagliardissima difesa ad ogni forzo li potesse esser fatto, quando de vivere, monitioni et soldati fosse fornita, ha però bisogno che molte cose principiate siano condotte a fine et così come in 14 mesi continuamente ho atteso con ogni diligentia a farvi lavorare et tanto che è ridotta al segno che hora rapresentarò, così sii dato commodità al clarissimo mio successore di poter continuare et esercitare il valor et sua conosciuta diligentia, dico commodità, perché essendo mancato a me la maggior parte del tempo danari da poter seguitar l’opera, fui constretto, per non tralasciar cosa tanto necessaria, di far spender boletini come danari di carta, con li quali più de mesi sei continui ho fatto fabricare et riscossi la maggior parte con biave et co’l tratto di esse sono ben state di qualche incommodità e forse danno, ma hanno però apportato questo beneficio, che non si è cessato mai di lavorare mediante la gran diligentia del clarissimo messer Andrea Barbarigo, Capitanio di quella città, in tutto’l tempo mio, il quale con assidua et continua assistenza et con molto avantaggio et sparagno del denaro publico et molta pratica di questo manneggio, si è esercitato con molta laude sua et utilissimo servitio di Vostra serenità. Nella fortificatione del tempo mio, dalli 20 di ganaro 1570 che gionsi fino alli 23 del mese corrente di marzo 1572 che consegnai al clarissimo messer Alvise Grimani mio successore il maneggio, è stato speso ducati 55.015, come nelli conti mandati alli clarissimi alle fortezze appare, qual spese manegiata quasi tutta dal clarissimo Capitano Barbarigo è stata fatta con quel sparagno maggior è stato possibile e li pagamenti sono stati fatti con l’intervento de più persone, come per assicurrar fo’ ricordato e introdotto dall’illustrissimo signor Giulio Savorgniano e per bolette da loro soscritte e rifermate dagli Rettori e da me; la spesa in quella fortificatione riesce maggiore che in ogn’altro loco, perché con grandissima incommodità si conviene cavar il terreno fuori della città, che sendo portato dal loco dove vien cavato, sei [?] burchi con le conche et dalli medesimi scarricato dove fa bisogno adoperarlo, è pagato a tanto la concha secondo la distanza da dove vien portato nel carricar et scarricar de burchi, oltre il nolo importantissimo di essi burchi, che diue sono scritti a questo effetto, con spesa de ducati 50 in 60 et più al mese per uno, li quali anco in occasione di fortuna o mali tempi, non si potendo adoperare, restano ociosi. Le calcine, pietre da fondere et terra rossa, in loco de sabia, sono parimente condotti con essi burchi dalli scogli et isole lontani, che molte volte dalli tempi contrarii sono ritardati nel viaggio, onde per queste difficultà riesce la spesa grandissima. La città di Zara è posta e fondata sopra una lingua di sasso, che spinge in mare, dal quale è bagnata da tre lati: da tramontana vi è il porto largo nel manco presso alla città passa 80 in circa, in qualche loco 120, da mezo di verso il canale verso li scogli, da ponente la longhezza di esso canale et da levante la fronte verso terra ferma, dove al presente è il forte. Qual fronte è larga passa 200, da una parte della quale vi è il mare et dall’altra il mare porto, circuisse la città sola passa 1.400, con l’aggionto del fronte è de circuito passa 2.000 in circa; è detto forte un spacio di terra alzata davanti la città di longhezza per ogni verso passa 150, ha dalla fronte dua mezi beluardi gagliardi et davanti una fossa larga passa 18, la metà della quale è in sasso vivo et sopra esso cavata e l’altra metà in tuffo, che non si può minare; in mezo di essa fossa è cavata una cuneta larga passa otto, fondata sotto’l mare piedi sette, con una trincea verso la muraglia per difesa et della contrascarpa et del fosso, a qual contrascarpa è anco fatto una banchetta che la difende. La cuneta in quella parte dove che non è fosso è del tutto finita, ma dove bisogna cavar con il picco et spezzamonti [?] non è del tutto fornita. Dalla parte di là del porto verso tramontana vi sono alcune prominentie o altezze, che batteno la città et il forte, da dove facilmente si potriano imboccar le canoniere del beluardo, verso mare però è tirata una traversa nel porto che copre tutta la fossa in larghezza, onde non solamente quelle canoniere vengono a restar in qualche modo sicure, ma anco la fossa resta si coperta, che sarebbe senza esser priva di ogni difesa, come resta parimente coperta una sortita della cortina verso il porto; questa traversa è fondata sopra un arsil vecchio, al qual prima sendo stato fatto un fondamento intorno di pietre in tanta altezza quanto vi può batter il mare et di sopra empito et alzato di terreno, sarà in larghezza de piedi 15 che può resister a tutte le battarie; per causa di dette eminentie, che battono et scoprono la città, è tirata et presso che finita una traversa sopra il forte, che copre tutta la piazza di esso forte de longhezza passa 100 in circa, alta piedi 12, che non è del tutto finita, onde restano sicuri quelli che vi starano alla difesa. Sotto detta traversa vi sono tre volti, per poter passar senza esser scoperto da una al’altra parte del forte, il quale dalla parte del porto et dalla fronte con li belouardi et cerca [?] il terzo della cortina de mare, è fatto tutto de muro alto piedi 20 sopra’l qual vi è il parapetto alto piedi 11 et largo piedi 23, si va continuando l’altra cortina da mare, che sarà presto perfetta et quando sarà bisogno, che hora è superfluo, si potran fare li parapetti; altro non resta per riddur il forte in perfettione, se non de finir quello manca nella fossa, alzar ancora piedi sei e mezo di parapetti della fronte et verso il porto et sopra li doi beluardi accomodar dua piazze, per mettervi qualche pezzo. In quel forte per esser di quella molta importantia che è, sendo posto per fronte alla città, usandosi di tenirlo serrato et separato dalla città, non mi è parso sicuro lasciarlo la notte alla semplice guardia de soldati et de capitani poco conosciuti, ma essendo di maggior consideratione de qual si vogli castello, ho introdutto che ogni notte sii guardato da uno de quelli signori Rettori et Providitor de cavalli, li quali ha 15 giorni per uno, in un allogiamento fatto di tavole a questo effetto, doppo ch’io son stato a quel governo, hanno sempre continuato, ma perché questa è de troppo loro incommodità et spesa ancora, convenendo trattenir quei capitani, li quali fanno più diligente guarda per rispetto loro, raccordarei a Vostra serenità che li deputasse un nobile, o con titolo de Capitano del forte o di Castellano, che è cosa più necessaria che non è il tenirlo in castello, che come dirò non è di nissuna importanza.
Alla fronte della città nel mezo, ma però guardando più verso tramontana, vi è quel famoso pontone che ha costato tanto a Vostra serenità, il quale non è ancora perfetto, perché dovendo esser cavaliero [?], com’è et scoprir la fossa del forte, dominar quelle altezze che sono de la dal porto et quelle sono verso la fronte, bisogna sii alciato ancora piedi 15 et che li siino fatti li parapetti, è cosa da potersi far sempre, havendo il terreno che è nel fosso preparato, restano anco di far li parapetti dall’una e l’altra parte verso la cittadella et verso Santa Marcella, in l’uno e l’altro de qual luoghi è designato far un belouardo, che va fondato l’uno nel porto, che è quello di Santa Marcella e l’altro in mare, che è della cittadella, ambidua necessariissimi, che riverentemente ricordo a Vostra serenità, li fazzi compire, come ho ricordato al clarissimo mio sucessore et già inanti il partir mio havea dato principio, perché se ben sono doi bellissime piazze et fanno fianco da una parte et l’altra per longhezza alla città, non la fanno però alle dua cortine verso il forte, che vengono dal pontone, al quale pontone facilissimamente si possono levar le difese dalla banda del porto, come si levarrebbeno anco dall’altra parte, quando da mare fosse battuto quello de Santa Marcella, che è verso terra, è da fare senza mettervi alcun tempo, perché è esposto al più eminente pericolo e se prima non si è fatto è avvenuto, perché havendosi dubitato l’anno passato di haver l’esercito intorno et essendo materia che porta longhezza di tempo, si ha atteso a far quello si ha creduto poter compire e anco forza di farlo, peroche l’opera che è fatta in detto loco è sopra le mure vecchie, deboli, per causa de che li parapetti sono fatti pur in dentro, dalli quali al fin del muro de fuori vi è un andito, i quali sono sottoposti a pericolo di rovinare da ogni poca batteria li fosse fatta e tirarsi appresso quel terreno vi è sopra, che farrebbe scala facile alli nemici; verso il porto è fatta una cortina nova de muro de passa 73 e piedi 20 d’altezza, che trova il bastion de San Simeon, che è di passa 103, qual cortina et bastion sono terrapienati, vi mancano li sui parapetti, dal detto beluardo fino a quello de San Dimitri vi è medesimamente la cortina nuova, in la quale vi è la porta da marina, questa è di longhezza di passa 56 e de piedi 20 d’altezza, è in parte terrapienata; e’l bastione de San Demetri, che è di passa 86, è tirato a giusta altezza di muro de piedi 20 et medesimamente empito, vi mancano solamente li parapetti dal detto bastion fino al castello, vi è la cortina vecchia di passa 81, la qual non si è mossa caminando, per il medesimo ordine questa è terrapienata quasi tutta e dovendosi abbassar il muro vecchio, presto sarà finita.
Si trova poi il castello, posto in un angulo della città all’intrada del porto, il qual verso la cortina vecchia cava un bastion et verso’l mare è già fondato un altro orechion, che fa fiancho a la parte de San Nicolò, le muraglie del detto castello sono tirate a giusta altezza, de piedi 20, piedi 10 de terra e terrapienate all’intorno, fattovi li suoi parapetti per il disegno del signor Sforza, deve andar tutto alciato di terreno per far cavaliero a tutta la parte opposita et a quelle eminentie, che come ho detto sono dalla altra parte del porto, ma la difficultà di condur terreno e la gran quantità vi vorrà ad empir quel loco, farà riuscir l’effetto più difficile et l’opera più longa. In detto castello vi era una torre alta, una parte della quale è stata abbattuta, onde resta alta al presente solamente passa sei e mezo, piena di terra, sopra la quale vi potrebbono star de i pezzi, che farrebbono parte dell’effetto che si dissegna fazzi il castello. In esso vi habita il magnifico Castellano, ma come di ciò vi è poco bisogno, essendo dalla parte di dentro poco forte, ne essendo più importante di uno delli altri beluardi, così più il forte che questo castello ha bisogno della continua assistentia d’un castellano. La parte de San Nicolò, posta alla fronte della città verso ponente, che era debolissima et che harrebbe possuto esser battuta, se ben da mare con grandissimo danno della città, per la rovina seguita nelle case da un capo all’altro, fo’ da me principiata et hora resta in buonissimo stato, perché non solamente vi è fatta una cortina alla fronte del tutto terrapienata de passa 36, ma anco è fatto un beluardo acudo su l’angulo della città verso mare de passa 95, tirato come la cortina in altezza de piedi 20 de muro e medesimamente terrapienato fino al metter de i parapetti, de quali essendovi hora poco bisogno, non si dovendo perder il tempo in ciò, ma spenderlo in altro più necessario; questo beluardo fondato in mare fa bellissima piazza et difende la cortina de San Nicolò et riscontra l’altro su’l canto del castello del tutto fondato et tirato sopra acqua all’entrar del porto, ma difende anco la parte della città verso mare, alla qual parte non vi essendo sta mai pensato, tutto che per il disegno si dovea accomodar et con alcuni denti che fano fianchi, si doveano tirar le muraglie nove. L’estate passata, quando l’armata nemica penetrò tanto avanti et fece li danni fino a Lesina, dubitando che havesse possuto spingersi a quella volta, dove harrebbe trovato debolissima muraglia, del tutto noda, senza palmo di terra che la difendesse, havendo prima concluso co’l signor Sforza, che pochi giorni prima de ordine de Vostra serenità venne a Zara, che si attendesse a fortificarsi da quella parte et perché secondo il disegno si harrebbe convenuto giettar a terra molte case, che in quella città, per questo molto ristretta et diminuita, sarrebbe stato grandissimo danno, fo’ deliberato servirsi più che si poteva delle muraglie vecchie et fortificarle, con quanto più terreno fosse possibile et atterrate quelle case che convenivano necessariamente levarsi, come troppo vicine alla muraglia, fatti li fondamenti a due cortine, che per necessità si convengono fare, si è atteso all’hora con ogni diligentia a terrapienar tutta quella parte et in questi, per quanto ha valso, si sono adoperati li soldati et alcune poche volte le ciurme delle galie, de ordine del clarissimo messer Fillippo Bragadin Providitor generale in Colfo, da che n’è riuscito, che in quella parte si sono cavate quatro bellissime piazze, che fiancheggiano le cortine, sopra cadauna delle quali si possono accomodar quatro pezzi d’artellaria di che grandezza si vuole et di più è stato portato tanto terreno dredo quelle mure, che come prima erano nudissime medesime, hora se ben non sono del tutto impite, perché intesa la nuova della vittoria dell’armata, si levò mano da quella parte, sono però in stato che non vi è loco alcuno che più et manco non sii terrapienato et che a batteria li potesse esser fatta da mano non facesse buona et gagliarda difesa et questo va a continuando fino alla cittadella, che è l’ultima parte da me in questo circuito discorsa, la quale fa bellissimo fianco verso la città, che batte per cortina tutta quella banda.
In questo stato è la città di Zara quanto alla fortificatione, che continuando et dando fine alle cose cominciate si potrà riddurre in realissima fortezza, come tralasciandosi da lavorare in breve tempo molto di quello è fatto rovinnarrebbe, che intravien [?] delle opera fatte di terreno sempre resta che dichi [?] come si trova de fuori et da che banda più ella possi esser offesa, è circuita da tutte le parte dal mare di una purpurella de sassi giettati in mare, che non lasciarrebbe accostar vasselli alle mure, passa 40 in circa, qual purpurella essendo stata dal tempo rovinata, l’ho fatta ritornar in buon esser.
Il porto verso tramontana, che non è molto grande, aperto da ponente, è serrato medesimamente da un purpurella, ecceto che alla bocca, dove anticamente di soleva serrar con cattena, non è sicuro dalla offesa de nemici, quando la città fosse assediata, però che come si può batter la città de là dal porto, che nella maggior distantia riscontro alla città è largo passa 120 e nelli menor 80 e l’ultimo beluardo del forte 64, così da tutte le rive, che si vanno leggiermente alzando, sarrebbe esso porto battuto et quando ciò avvenisse non sarrebbe in esso sicuro alcun vassello, per questo fo’ discorso che si potrebbe fare un poco di porto dall’altra banda della città, verso mezodì, con un molo fondato in mare, ma li fortunali sirochi d’inverno et li forzati maestrali d’estate che regnano in quel canale difficultarrebbeno l’opera, che in sé sarrebbe di spesa grandissima, onde farrebbe bisogno che li navilii, in occasione di assedio, scarricassero da quella parte et si ritirassero alli scogli per mezo la città, dove vi sono anco poco sicuri ridutti. Il porto è assai atterrato, da quello soleva essere et se ben fino al beluardo de Santa Marcella, che è l’estrema parte della città, ragionevolmente profondo, essendovi nel mezo a ricontro detto baluardo piedi 20 d’acqua da quella parte, inanzi et anco per mezo il forte, dove si va stringendo finché poco più suso di quello tiene il spacio del forte esso porto finisse, vi è pochissimo fondo, intanto che presso le mure et della città et del forte, salvandosi un capitanio de stradiotti c’havea commesso un delitto, correndo a cavallo da quella parte è fuggito et per questo feci venir i cavacanali, che a Traù infruttuosamente lavoravano et ho fatto cominciar a cavar quelle secche che facevano strada o passo nel porto, dove come ho detto se va assai restringendo e qui verso mare per mezo la città vi sono passa sette de acqua; molte cose fanno atterrar detto porto, li terreni molli et cultivati, dalli quali discorrendo in esso le acque piogiane, amuniscono la moltitudine de navilii che del continuo vi si trovano, i quali molte volte anco vi vuodano entro la savorna et sopra tutto le immonditie della città et quelle della beccaria, posta sulla piazza alla marina, anci con alcuni pontili, che spingeno molto nel porto et perché è stato giudicato che detta beccaria fazzi danno grandissimo, è stato anco ragionato che si dovesse levar da quel loco et metterla dall’altra parte della città, ma per la difficultà che navilii possino ad ogni tempo scarricare, essendo al discoperto et per esser quella, che è porta destinata ad evacuar le immonditie delle case, che sono tutte prive de luoghi necessarii, non possendossene cavar nella città, posta in sasso et loco basso, non s’è possuto rimediare. La fortificatione ha rovinato molte case et molte anco se ne conveniriano rovinare prima che si finischi, come moltissime sono sta mal trattate da soldati et sopra tutto dalli ferraruoli, che furono in quella città prima che io vi andasse, li quali abbruciavano le scale et ogni sorte di legname vi trovavano, lasciandola talmente sporca, che come sono ordinariamente pochissimo nette quelle città, in che dalli cittadini viene usata pochissima diligentia, così da quelle sporcicie credo procedessero molte malatie, con tanta mortalità de soldati, che fin l’anno 1570 che era così moltiplicata la gente dell’armata, che rimasero inanti la partita sua, che li cimiterii non capivan i corpi morti et trovai che molti erano sepolti così alti, che si vedevano mezi scoperti, con pericolo che’l fetore facesse corromper l’aere, feci usar quella diligentia potei maggiore in alzar li cimiterii con terreno et per non vi esser loco nella città, portar li corpi de là dal porto, dove fo consacrato un pezzo di terra presso una capeletta et ivi ancora non possendosi molto profondar, per rispetto del sasso, li cani del paese abandonato venivano alle volte a raspar et mangiar li corpi morti. Il mancamento de allogiamenti mette gran difficultà in accomodar li soldati et certo fra molte cose travagliose questo di alloggiar non è il manco fastidio, perché concorrendovi il dispiacer che si fa a cittadini, destrutti et anihilati, con cavarli dalle proprie case per accomodar forestieri, con il fastidio continuo delli soldati, che non si contentano della strettezza nella quale la città angusta li forza di stare, vi è molto che fare, in questo s’è adoperato in tempo mio il clarissimo messer Andrea Barbarigo Capitano, con assidua diligentia, che certo è stato carrico laboriosissimo; si sono fatti nella città alcuni allogiamenti in luoghi rovinati, a spesa di Vostra serenità, che sono capaci per soldati 800 et descritti fra questo quelli del forte et le case de cittadini stantia per 4.000 soldati, ma molto strettamente, di modo che quando si vorrà mettervi più numero de soldati, con tutto che la città sii assai vuoda de cittadini, dificilmente si acomodaranno et tanto meno se vi sarà cavallaria, onde credo si convenirrà necessariamente far nel forte delli altri alogiamenti, presso quelli che di già sono fatti, che hora possono accomodar circa 300 soldati et per far questo et molte altre cose che sono giornalmente bisognose per quella fabrica, vi vuole delli legnami et tavole assai, de qual cose vi è veramente gran consumo; et in tempo d’inverno difficilmente si può riparare, che li soldati non abbrusino li caselli delle sentinelle, corpi di guardia et allogiamenti, ma ho fatto così rigorosamente paghar alli caporali questi danni, quando nelli corpi delle loro guardie sono sta ritrovati mancare, che non è seguito danno d’importantia et che il poco non sii sta refatto; patisce la città d’acqua l’estade e tutte generalmente sono acque grosse, in tempi de gran secure bisognia mandar alli scogli, pur vi sono delli pozzi. Hebbi ducati 150 dali clarissimi alle fortezze per far una cisterna sotto’l pontone, ma non vi essendo creda, che bisognaria mandar a pigliar in Arbe, non si sarebbe fatta con ducati 2.000. Vi è in Zara delli habitanti anime 5.287, fra quali sono de fattion 730. Vi sono artellarie de bronzo pezzi 76, compresi tre canoni da nove et 12 falconi da sei. Vi bisogna, per l’arricordo del signor Sforza, per fornir tutte le piazze ancora pezzi 50, come per la sua scrittura. Vi si trova circa migliara 200 de polvere, con la quale si farrebbeno pochissimi tiri, per il che sarrebbe necessario mandarne se’l bisogno venisse, ma vi è poca commodità dove poterla tenire, perché in tre luoghi si guarda quella che al presente vi si trova, parte in una torre vecchia, altra nel palazzo del Capitano, che non è loco sicuro, percioche sarrebbe di fuori facilmente battuto et parte in un loco fatto a posta nel castello et in un altro sotto la cittadella, sarrebbe bene per fuggir il pericolo di convenirla tenir in tanti luoghi haver una masena, il salnitro, il carbone et quello li occorre separato, per incorporarla quando il bisogno venisse. Vi sono alquanti corsaletti in monitione, ma non tanti quanti sarrebbe bisogno in occasione di assedio, è vero che mancando luoghi da poterli accomodare, non sono ben tenuti, bisognarrebbe che per custodia di quelli et delle molte arme sono in quella munitione, vi fosse un armaruolo che n’havesse cura, perché stanno in mano de sopramasser, che non possendo né sapendo attendervi, le lasciarà andar di male. Il carico del qual sopramasser in questo tempo di guerra è grandissimo, peroche oltre il ricever et dispensar li bischotti, ha la custodia di tutto quello capita in questa città, onde credo che Vincenzo Bon, che ultimamente havendo quel carrico morse, essendoli mancate molte cose, per la quali è restato grosso debitor di Vostra serenità, fosse talmente soprafatto da quel gran carrico, che se ben ha poco amministrato l’ufficio suo, credo anco che da molti sii stato ingannato, havendo dato robbe senza mandati et molte senza ricever. Fra li nobili di questa città, come in tutte le altre, vi sono molti dispareri, si sforza la Scuola dimandata San Giacomo di Galicia del populo concorrer con li nobili et quelli, che stimano infinitamente la nobiltà loro, non vogliono assentir ad alcune cose et tra le altre che possino nominar ambasciatori quelli che nel suo conseglio eletti sono alle volte mandati a Vostra serenità, onde nasce che dalle differentie loro, ella è alcuna volta molestata; fanno professione quelli cittadini di esser fedelissimi et divotissimi a quella eccellentissima repubblica et di questo si serveno nelle garre con li nobeli, riproverando le antiche alienationi di quella città fatte per loro, ma quali siino veramente gli animi delli uni et gli altri difficile penetrar, a me è parso scorger in tutti buonissima mente, seben l’haver perso tutto quello havevano in terraferma et la poca speranza havuta, fino al tempo della vittoria dell’armata, di poterlo ricuperare, li fa esser desiderosi di veder quietate le cose; sono hora tutti poverissimi, non si essendo industriatti mai ad alcun esercitio, che hanno tenuto per infamia, ma hora che la necessità li stringe, o si dilettano in calcari per la fabrica, over in vender vino o altre vittuarie et alcuni anco in trafichi de schiavi hanno fatto qualche danaro, è anco vero che oltre la perdita di quanto possedevano nel contado, hanno patito et patiscono grandissimi danni nelli luoghi loro sopra li scogli, si per non haver hormai più gente che li lavori, essendosene tanti consumati sopra le galee, come perché dalli soldati, nel’andar in quelli presidii et ritorno, li vangono del continuo rubbati gli animali, che sono unica entrata a loro rimasta. È guardata la città con molta diligentia, tanto di giorno quanto di notte, facendosi spessissime sentinelle, che ascendono al numero de 56 et tenendosi molti corpi di guardia assai vicini l’uno al’altro et andandovi tutte le hore della notte le ronde intorno, oltre quelle del quartier, che del continuo visitano le sentinelle del suo quartiero. Vi sono quelli soldati che pare a Vostra serenità di tempo in tempo tenire, il numero de quali in tempo d’inverno si diminuisse, ridducendosi per il meno fino a 1.600. Vi sono cavalli stradiotti et Crovati sotto diversi capi al numero di 126, ma in vero pochissimo utili, si perché per la povertà loro non possono haver cavalli buoni da poter ben servire, ne anco pascerli in modo che non siano, come sono, sempre magrissimi, si anco perché fra tanti capi, che sono sedici, vi è pochissima intelligenza et tanta invidia, quando hanno veduto alcuno di loro esser sta premiato et honorato da Vostra serenità, che non l’hanno potuto patire et per haver visto che tutti quelli sono venuti a sui piedi hanno dalla benignità sua conseguita qualche cosa, sono entrati tutti in desiderio di venir a Venetia et a me sono più volte riccorsi per impetrar licentia, ricercandomela con granidssima instantia et sapendo io quanto questo sii molesto a Vostra serenità et quanto disordine mette in tutti gli altri, che vorrebbeno similmente venire, gli ho trattenuti quanto ho possuto et più tosto ho concesso a qualch’uno che mi è parso degno di esser riconosciuto, quanto ho dinotato a Vostra serenità, con conditione però che senza l’assenso et confirmatione sua non possi conseguir quello da me gli è stato dato, che non ho fatto se non benissimo informato che sii veramente degno.
Ho avvertito Vostra serenità che soprattutto le spettative da lei concesse in tempo di guerra sono perniciose, peroche vedendo alcuni valorosi, che si affaticano con questo fine, che sono ottenute da chi senza altro merito fuor che di quello gli ha acquistata la pratica et servitù di quelle scale, non pensano di ottenirle con il servicio et con il valore contra nemici, ma loro ancora cercano procacciarsi quelli mezi et favori che vedono giovar a quelli che venendo a Venetia le ottengono.
È necessarissima la cavallaria in quella provintia et specialmente a Zara, dov’il paese è più aflitto et dove del continuo vi è numero maggior de nemici et de cavalli loro, ma è difficilissimo il provederli il viver, perché dalla terra ferma, occupata da nemici, non si può haverne, li scogli ordinariamente producono pochissima herba et trista. L’isola de Pago ne fa qualche quantità, con la quale quei pochi cavalli si sono mantenuti, sarrebbe bisogno di far usar diligentia, che in Istria tutte le herbe fussero custodite et quelle che nascono alle Merlere et scogli de Brioni et per far ciò è necessario che vi sii uno mandato a posta et che attendi a questo con diligentia et provedi a tempo et anco proccuri haver tutta quella si cava in diversi luoghi dell’Istria, la quale suministrarà anco paglia in abondantia, il che quando si fazzi et dalli magnifici Rettori di detta Provintia sii prestato agiuto, tengo certo che si potria da quei luoghi et la soddetta isola di Pago cavar il viver per 500 cavalli, che da tanti sarrebbe besogno che Zara fosse presidiata continuamente, li quali se ben non potrebbono resister al molto maggior numero, che de cavalli nemici sono del continuo in quel contado, potrebbeno però tenir gli nemici più lontani, li quali fidandosi del poco et debol numero delli nostri, si fanno arditi correr fino sotto le mura della città, dove molte volte s’è combattuto con la loro cavallaria, la quale non viene hora così appresso, si perché fuori della cità si sono fatte alcune trincee che abbrazzano dal mare per largo circuito fino all’ultimo termine del porto, coperte de sassi, con un fosso de fuori, a guardia delle quali stano continuamente soldati, come perché s’è assicurata una torre alla chiesa di San Marco, la qual discopre et sicura dalla fiumara in giù che non possono venir i nemici, così liberamente come solevano, dalle qual trincee et torre l’anno passato ne sono stati ammazzati molti. Queste trincee abbrazzano tutto quel terreno fuori della città, parte del quale è più alto di quello bisognarrebbe et di esso s’è cavato e tuttavia si va cavando tutto’l terreno che fa bisogno per la fortificatione, conducendolo con li burchi, come ho detto et parte è talmente basso che darrebbe sicuro ricetto a nemici; si è atteso ad empir quelle bassezze più s’è possuto con sassi et con altro, si per levar la sicurrezza del star coperti, come per offender gli nemici con le artellarie, che percottendo nelli sassi farrebbe gran danno a chi vi si trovasse. La città di Zara è molto considerata da nemici et stimata per fortezza di molta importanza et come già pensavano assai facilmente poterla espugnare, così hora vedendola crescer in tanta fortezza, perdono ogni speranza et tanto più che par impossibile debbino pensar a quella impresa con le forze sole da terra, perché il condur la quantità grande d’artellarie ad essa impresa necessarie, sarrebbe cosa molto difficile et di gran longhezza di tempo et che bisognarebbe haver fatte le preparationi un anno avanti, rispetto alle difficultà de monti dove stano longo tempo le nevi.
Il fabricarle in quelle parti si vede che non riesce, perché con la medesima difficultà bisogna condurvi mettalli et li pochi pezzi che furon fatti l’anno passati a Inina [?] delle campane di Nona et altri luoghi delli contadi, non sono riuscite, perché la maggior alla prova sono crepate. Difficillissimamente anco esercito, di quella grandezza si conveniria, potrebbe mettersi all’assedio de Zara, perché essendo il paese vicino distrutto, dishabitato et molto depredato dalli nostri et dalli Uscocchi, che hanno penetrato adentro et levato huomeni et animali, per la qual causa pochissimo è sta seminato, non haverebbono a gran gionta le vittuarie necessarie, onde sarrebbe bisogno che per terra, con molta fatica et travaglio, si conducessero li viveri, che dovendo esser condotte da molti animali, quando maggior fosse il numero, tanto più si farrebbeno maggiori le difficultà del mantenirli, oltra di ciò se ben nel contado vi è più aqua di quello è stato altre volte creduto vi dovesse essere, perché in molti luoghi cavando se n’è trovata, tutta via credo che per grosso esercito et per grandissimo numero d’animali, quanti convenirenne esser et la cavallaria et quelli conducessero le vittuarie, patirebbe grandissimamente, perché la fiumara delli molini, che è da qua dal monte vicina at comoda, l’estate è secca et il lago della Vurana è lontano 20 miglia, che sarrebbe di tropo grande incommodità, se così lontano si dovesse andar abeverar li animali o di così discosto portar l’acqua al campo, restattebbe ben gran commodità a nemici di terreno, se ben altre volte è stato creduto, che per mancamento di quello non si potesse fortificar Zara, con il quale et con la molta commodità de legni, che non solamente potrebbeno prevalersi da molti luoghi poco lontani, ma de molti olivi, de quali tutti intorno sono piene quelle costiere che descendono dalli monti, che come in forma di teatro circondano il sito dov’è posta la città, harrebbono modo et di far trincee et traverse et anco di venir all’atteratione del porto nella estrema parte, specialmente di dove è poco discosto il beluardo del forte. Qual loco più de tutti gli altri è giudicato che da nemici possi esser offeso, peroché piantandosi le artellarie in quelle alture, che da natura fa il sito verso la torre de San Marco et similmente dall’altra parte del porto, può con doppia batteria la ponta di quel beluardo esser tagliata, ma è fatto così forte et tuttavia si va ingrossando tanto quella piazza, che è grandissima et da tanta commodità di far ritirate, che con buona difesa di dentro sarebbe opera di molto tempo, oltre che il beluardo di Santa Marcella et il dente, che è sotto esso beluardo, diffende tutto quello potesse esser cercato da nemici in atterrare il porto. Harrebbeno anco dato grandissimo travaglio alla città con le artellarie de là dal porto, dove tutto’l paese fa rive eminenti che dominano essa città et harrebbeno da quella parte abbatutte tutte le case, ma essendo hora fatte le cortine fra li bastioni et anco terrapienati in gran parte, pochissimo sarrebbe il danno che si riceverrebbe, ne è da creder che da quella parte siano per tentar batteria, perché sarebbe bisogno per venire all’assalto, overo empir il porto, che davanti la città è profondo, come ho detto, overo con zattere et altre simil sorte di machine appresentarsi, che davanti tanti tiri, quanti uscirrebbono da quatro beluardi in distantia così poca, riuscirebbe tentativo difficillissimo, con grandissimo et evidentissimo danno loro, di modo che non è da dubitare che d’altra parte, con le forze da terra, possi quella città esser offesa, se non dalla fronte verso il forte, qual bisogna cercar di conservar, diffender et con ogni opera, diligentia et modo possibile mantenir, posciache da quello depende la conservatione del tutto; concludendo donque che non siino gli nemici per tentar l’assedio di quella città è da usarvi buona diligentia et guardarla da rubbaria et intelligentia di dentro, con dar manco pratica è possibile alli schiavi, per mezo de quali intendono i nemici quello vien operato, se ben è molto difficile il levar questa pratica respetto alli patroni de essi schiavi, a quali par duro non poter cavare il riscatto de quelli o che son presi o compri da loro, non di meno sapendo quanto sii pericoloso il lasciarli conversare, non ho permesso mai che alcun schiavo, d’appoi partito, habbi possuto ritornare et quanto ho potuto ho levato detta pratica. Il clarissimo messer Hettor Tron, che è stato Conte in quella città tutto’l tempo mio, si è diportato così bene et con tanta prudentia et satisfatione de quelli cittadini ha esercitato il suo carrico, che prometto a Vostra serenità che ella non è meglio servita da alcun altro in qual si voglia carrico che per lei sia dato, il quale non solamente in questo regimento, ma nella trattatione, s’è adoperato con molta prudentia; come con infinito valore si è assai duamente affaticato il clarissimo messer Andrea Barbarigo Capitano et certo in tempo di tanta guerra non poteva far la Serenità vostra elettion de doi soggietti, che per il governo di quella città fossero de questi più laudati et opportuni al servicio et bisogno suo.
Nona, che da Zara è distante 10 miglia, fu abbandonata nel principio della guerra, la qual fu poi da nemici distrutta dalle mura della città in poi et molte case, che se bene sono state scoperte, nel rimanente però restano intiere, è stata da novo rehabitata de ordine di Vostra serenità, per dar stantia a quelli sudditi turcheschi che venissero a sua divotione, havendo fatto assicurare la torre de Candia che in essa era restata intiera, la quale è posta sopra la muraglia verso tramontana, quadrata di cinque passa per ogni faccia, alta nove passi, ha le mura di pietre grosse cinque piedi della parte di fuori et quatro e mezo dalle altre tre fazze, è compartita in quatro piani, doi delli quali sono in volto et li altri de legnami, in la qual torre, havendo anco serrate le porte della città et rassettate al meglio s’ha potuto le muraglie, si è posti 70 soldati schiavoni sotto’l conte Nicolò Clococich, venuto con quelli alla divotione di Vostra serenità dal paese turchesco, dove ha lasciato nel Banadego quello possedeva; in qual torre è da creder che da ogni assalto da mano si difenderano et la città sarà guardata, che darà ricetto a quelli che giornalmente abbandonano la servitù turchesca, vengono sotto’l dominio di Vostra serenità, quali non essendo giudicato sicuro lasciar habitar in la città de Zara, né in alcuna altra della provintia, non sapendosi con che animo si parteno da nemici, questo loco se li assegnarà per stantia et se il tempo concederà che si vada bonificando, non sarà difficile goder il loco della Pontadura, de lì poco lontano, che fa quasi una penisola, per un poco di stretto, che separa la laguna dove è posta Nona dal canale che vien da Zara, nel quale stretto, per conservatione di detto loco, fino al tempo della guerra passata, fo principiato un poco di torre, che quando fosse sta compita et con le guardie si mantenisse, farrebbe quel loco di Pontadura così sicuro, come sono le isole. Nona circuisse 900 passa et in una laguna che nel più profondo vi sono quatro piedi d’acqua e nel manco doi, con il fondo fangoso, ha doi ponti che vanno a trovar la terraferma, uno che va verso Novegradi di passa 50 e l’altro verso Zara de passi 30, la entrata della laguna è di passa 100 in circa et per il poco fondo non vi possono entrar se non barche, ma cavandosi alquanto alla bocca, v’intrarrebbe qualche navilio, i nemici hanno mostrato grandissimo ramarico et dispiacere non haver quella città tutta distrutta, doppo d’haver inteso questa poca riparatione, è da creder che quando ingrossiranno nel contado, le darano qualche molestia, ma se sarà difesa non prevaleranno et quella che era abbandonata sarà restituita sotto’l dominio di Vostra serenità.
Il castello de Novegradi, lontano da Zara 15 miglia, è posto in un poco di colfo che viene a trovar il fiume, che uscendo da Obrovazzo vien a entrar in mare, dal qual colfo, venendo in giù verso Possidaria, si trova un stretto di longhezza de miglia doi, largo così poco che standovi li nemici da una parte et l’altra, molte volte impediscono il poter passar con vittuarie al castello; in qual luoghi stretti hanno havuto pensier di far una fortezza, per serrar del tutto dentro Novegradi, che non potesse esser vittuagliato, che quando avvenisse sarrebbe la perdita certa di quel castello, il quale è picciollissimo et come di qualità è simile a una galera grossa, così è di poco più grandezza; è ridotto in assai buon stato di fortezza, ma è così angusto et ha così poca comodità di far alcuna ritirata, che battendolo con artellarie di qualche grossezza, come dalla parte di mezodi da una altezza si può fare, difficilmente si tenirebbe, così come per ogni qual si volgia assalto da mano si diffenderrebbe; è posto in una altezza poco lontano dal mare et sotto’l borgo è una torre nella quale vi stantia ser Zorzi Mattassovich con 15 soldati schiavoni, il quale valorosamente difese essa torre, quando i nemici vennero a batter il castello et è altro tanto buon capitano quanto devoto et religioso; nel detto castello oltre 20 fanti schiavoni sotto’l capitano Luca Calaborich, persona molto valorosa, si tengono sotto un capitano 80 soldati italiani, a quali se ben oltra le paghe ordinarie, dal loco per la incommodità del loco, si da anco il biscotto et la menestra, a uso de galioti, come da Vostra serenità è stato ordinato, con molta difficultà però si trovan soldati che vi vogliono stare et tanto è disamata la stantia di quel loco, che del continuo son stato molestato da quelli vi sono di cambiarli et sempre ho trovato difficultà di mandarvi il cambio. Il loco è stretto, freddo, non vi è commodità de legne né di altro per uso del viver, se non quanto giornalmente li vien mandato con le barche, né è posibile mandarvi vittuaria per molto tempo, non vi essendo né loco da salvar né alcuna commodità, onde è necessario ogni due o tre mesi mandarvi il vivere et certo questo castello, oltre che è de grandissima spesa a Vostra serenità, a me è stato di grandissimo et continuo travaglio, havendo sempre di esso havuto gran gelosia, come credo vi habbino, gli nemici l’animo adosso et tenterano prima quello di ogni altro loco della Provintia et de già si sarebbe sente qualche suspetto, si per relation de spie, havute poco inanti e’l partir mio, come per li segni si sono visti, perché a Cliuno erano gionte balle et polvere, che si diceva dovessin servire a questo effetto; nel qual castello vi può esser 150 anime, ne vi sono altri da fatti che quelli sono al servicio, restando il borgo destrutto et deshabitato, poco lontano da Carin et da Obrovazzo, dubito assai che quando a qualche tempo fossero impediti quei stretti de Possidaria, per qual che non si potriano condurvi vittuarie, caschi per necessità, il che acciò non seguiti, si deve metter ogni pensiero et far ogni opera, perciò che dalla perdita di quel luogo, che pur mantiene Vostra serenità un possesso molto a dentro de quel contado, dependerrebbe la distruttione et rovina dell’isola di Pago, tanto importante per la utilità grande delli sali; però ricordo alla Serenità vostra e’l far usar diligentia in questo loco, che non potendo per la strettezza sua capir monitioni et vittuarie, convien continuamente esser presidiato et questo ho ricordato al clarissimo mio successore, co’l quale, havendo considerato la importantia del loco et il pericolo in che si trova, ha principiato mettervi molto pensiero et farne provisione et anco dar modo che vi possi star castellano, dalla qualità ricerca l’importantia del loco. Vi è Castellano al presente il magnifico messer Giacomo Da Canal, che quando per altro servitio non acquistasse merito, il star in quel loco tanto incommodo lo deve far degno della gratia di Vostra serenità. Vi sono artellarie, pezzi due da 12, pezzi tre da sei, pezzi uno da tre, con due moschetti, 10 archibusoni; in conclusione de molta spesa, ma da non esser considerata, purché si mantenghi, perché è loco che mette gelosia a tutti li castelli posseduti da nemici.
Delle isole et scogli occorrendo in questa occasione che poco ne discorri, dirò brevemente, che l’isola di Pago de circuito de miglia 100, posta sotto la Murlacha o da essa poco distante, sterile per la malignità della bora, che del continuo esce da detta montagna, che verso quella parte consuma herbe, la fa sterile né lascia produrre cosa alcuna, si come dall’altra parte non esposta alli venti di essa Murlacha nascono de vini et herbe, delle quali, come ho detto de sopra, in gran parte si pasce la cavallaria de Zara, è posta verso quel colfo che va a Novegradi e Obrovazzo, ha comodità de far molti sali, tre quarti de quali sono de Vostra serenità e un quarto delli particolari, da questi sali la ne cava buona utilità et maggior ne caverrebbe, se con più diligentia fossero mantenute quelle saline et alli tempi si governassero li sali, che quasi ogni anno dalle escrescentie delle acque l’autunno in gran quantità vengono destrutte, che in gran parte procede da mancamento de gente; per altro l’isola è poverissima et con pochi habitanti, perciò che nel principio della guerra da nemici fu depredata, da un Mahmut Gachias turcho, il quale fu dapoi fatto prigione dalli Uscocchi di Segna et per il molto timor si havea de lui in tutta la Dalmatia, fu compro da particolari in Zara, dove è stato prigione un anno e mezo et ancora vi si trova, è da guardar che non eschi, perché oltre il natural odio che porta a quella Provintia, si aggionge il sdegno ha concetto della longa servitù nella quale è stato tenuto, sempre con molta guardia, per le qual cose farrebbe dannosissima vendetta; ho havuto in animo molte volte di farlo morire, ma essendone stata ricercata la Serenità vostra et dimostrato l’interesse de quelli che l’hanno compro, né havesse lei fatto mai alcuna risolutione, ho convenuto io ancora star irressoluto, ma ricordo bene che di grandissimo danno riuscirrebbe la liberatione di questo pratichissimo et malissimo huomo. Considerando io quanto quell’isola fosse in continuo pericolo d’esser, come fu, prima saccheggiata et forse ancora presa da quelli de Obrovazzo, che li sono vicini, ho tenuto sempre diligente custodia et oltri che ho fatto frequentemente andarvi una delle fuste et li bregantini di Pago et di Arbe, quando erano armati, fatto starvi di continuo cinque barche armate, con le quali si fa questa guardia et si soccorre Novegradi, dalle qual barche posso veramente dire depende la salute di Pago, perché da poi che stano a quelle guardie e stretti, non solamente quell’isola è preservata, ma non ha pur perduta un’anima; il castello, che è nominato Pago, de circuito de passa 500, è posto alla bocca della valle, dove sono le saline, poco forte et con poche genti, vi sta una compagnia de 70 soldati, posta in questa guerra; vi è in tutta l’isola et castello anime 1.200, fra quali da fatti 170, fo armato in quel loco un bergantino, che visto quanto poco servisse, perché l’inverno per le fortune non poteva stare et l’estate quel patrone si serviva de gli huomeni a lavorar le sue vigne, lo disarmai. È bisogno molte volte soccorrer quell’isola de vittuarie, altrimente morirrebbe da fame, della quale per la molta commodità de sali è da tenirne grandissimo conto; et perché occorre ragionar de sali, dirò a Vostra serenità che in quella provintia vi è un disordine con molto maleficio publico, però che essendo prohibito dar sali a nemici, li quali ne hanno grandissimo bisogno et per la moltitudine de bestiami di Morlacha et per il salar de formaggi et altre cose necessarie, procurano di haverne dalli luoghi di Vostra serenità con ogni mezo et ne hanno per via de Poglizza, dalla Brazza, da Lesina et forsi da Spalato et da Sebenico, per via de Scardona et da Pago per via d’Obrovazzo, o almeno per via de Segna, dal quarto che quell’isola può vender a suo piacere et questi contrabandi sono fatti molte volte dali dacieri o da chi è concesso dalli clarissimi Proveditori al sale che possino vender sali in quella provintia, sotto pretesto di beneficiar quei popoli, qual dacieri pagano li sali a Vostra serenità a ragion de soldi 12 il cablo, di quella misura che in circa è una quarta et a tal prezzo sono tenuti darli a i sudditi di Vostra serenità, ma quelli che da loro sono dati a sudditi turcheschi sono venduti un ducato et un cechino il cablo et con transgression delli ordini di Vostra serenità guadagnano grossamente et sotto pretesto che non possino dar sale a Murlachi, li daci de Traù, Spalato, Almissa e Brazza sono nottabilmente calati. Io cederei che fosse bene, poiché è impossibile impedir li contrabandi et che per il mezo de sali si cava de formenti, con li quali quelle città per certo tempo si mantengono, altrimente convenirrebbe dar maggior molestia a Vostra serenità, che fosse permesso, overo alli dacieri dar li sali a Morlachi, crescendo a loro il sale dalli soldi 12 il cablo, come si pagano delli popoli sudditi suoi, che si può facilmente sapere, overo far un novo affitto o dacio de libertà, da poter ad un solo dar sali ad inimici, il quale haverrebbe cura che altri non ne vendesseo et convenendosi darne Vostra serenità sentirebbe lei quel beneficio, che sotto pretesto di non potersi dare a nemici, altri godeno.
Arbe è picciol isoletta de circuito de miglia 30, bella et amena, produce poca biada, ma molto vino et animali assai, è abbondante di legne, ha la città posta alla marina de cicuito de passa 700, è debolissima, soleva esser più abbondante quando dalla Murlacha quei popoli cavavano il trafico, gode Arbe una parte miglior dell’isola di Pago, detta Novaglia. In questa guerra quell’isola ha havuto più timor che danno. Vi sono anime 2.460 fra quali da fatti 400, fra li cittadini, secondo il costume de tutta la Dalmatia, vi è grandissima discordia, sono ordinariamente tenuti per fedeli et tanto più stante le loro discordie; deputò Vostra serenità 25 fanti a quella custodia sotto Francesco Trevisi da Zara, il quale, havendo fatto la compagnia de tutti habitanti del proprio loco et che haverrebbeno in ogni modo difesa la città, se occasion li fosse venuta et di persone che per l’ordinario sogliono servir in galea, contrario alla mente di Vostra serenità, a qual fu promesso farla de Crovati, quando feci la regolatione del resto della militia della Provintia, cassai quelli che eran tenuti con spesa superflua, perché Arbe non è in pericolo da poter esser offesa, fin che Pago è preservato; dico a questo proposito, che tutte le città de Dalmatia hanno tentato et suplicato Vostra serenità, che delli proprii cittadini la facesse descriver soldati della quantità le paresse, dando a loro quelli stipendii et paghe è solita dare alli fanti italiani, come è stato alcuna volta concessa et io alla prima visita fatta trovai tutte le compagnie fatte piene de molti delli proprii luoghi, che parendomi cosa piena di disordine, non giudicando bene che quelli cittadini, che in occasion di bisogno per difesa de loro medesimi, delle case, delli figliuoli, sarrebbeno soldati senza spesa di Vostra serenità, dovessero esser continuati a pagare, oltre che il commetter la custodia della città, il far le guardie, come tutti li descritti convengono fare a quelli delli proprii luoghi, non è consueto, né in alcun luogo permesso, né con questo crescer le competenze con interesse de capi, soldi et pagamenti de caporali, oltre che sopra tutto mi pareva di somma importantia, che molti de quelli invitati da queste paghe, con star a casa sua fugono l’andar in galea, alla quale servirebbono molti, per la necessità del vitto, se questa speranza gli mancasse, di che quando ne sii bisogno et quando si deve cercar di mantenir modo di haver galioti, è molto ben conosciuto da Vostra serenità, al che è nottabillissimo contrario questa speranza di esser pagati stando a casa. Levai quanto più mi fu possibile questa corruttela et di questo ho avvertita la Serenità vostra, la quale havendo posto in consideratione questi degni rispetti, è andata da poi riservata in conceder, a richiesta delle città, che li habitanti di esse siino descritti soldati.
L’isola di Veglia, che è bellissima, volge miglia 100, è copiosa di legne per li molti boschi, produce molto vino, ma non ha frumento per tutto l’anno, se ben ha molti menudi, la città circonda un miglio, situata presso la riva del mare in faccia di ostro, alquanto sopra la colina, non è forte et ha picciol porto et mal sicuro da scirocco, tiene un castello a marina debole, che resisterrebbe ad assalto da mano. L’isola è più habitata delle altre, perché è più sicura, è vero che il frequente armar, così della sua come delle altre galee, ha in gran parte levato li huomeni, è lontana da Fiume et Segna dici miglia et da Buccari sei, discosto da essa città 15 miglia vi è il castel Muschio, sopra’l monte, di natura forte, presso il quale vi è porto capace de 50 galee, ha anime 5.400, de quali sono da fattione 1.100, è incolfatta et sente poco la guerra.
L’isola di Cherso et Ossero volge 140 miglia, è divisa in doi parte, con una cava fatta a mano per dar transito alli naviglii, che riesce molto commoda, è copiosa de legne et molto abondante de animali menuti, produce poche biave, ma de vini per il bisogno suo ne ha abastanza, vi sono anime 5.000, fra quali da fattione 900; la città dove è il vescovado è Ossero, ma la stantia de Rettori sta in Cherso, castello meglio populato, dove l’aere è migliore, circondando la città passa 900 et altri tanti il castello.
Li scogli di Zara et de Sibenico sono molti et quelli che si trovano per mezo Zara sono de doppia centa, correndo doi canali de miglia cinque de longhezza fra l’una e l’altra centa, solevano esser habitati et coltivati molto et da esse si cavavano molti huomeni per il servicio dell’armata e sopra’l tutto da remo, sono hora molto distrutti et abbandonati, perché quelli che erano atti al remo sono in gran parte consumati in questa guerra, li rimasti, per il timor della galea a tutti formidabile, o sono absenti o stano nascosti, è impossibile per questo poter armar in quella provintia, di modo che non solamente per questo bisogno la Serenità vostra non si può prevalere delli territorii perduti, nelli quali pur vi era qualche quantità di gente, ma essendo le isole et scogli in questi termini, ne anco da quelli la può haver beneficio alcuno et le galee dalmatine non possono trovar da rimetter huomeni che li mancano; et perché giudico io questa materia di molta importantia, non possendo massime Vostra serenità armar dal suo Stato di terra ferma, quantità di gente bastante a questo bisogno, le quali anco per causa delli disaggi insoliti patiscono et moreno et della Dalmatia non se ne potendo cavar de più quelli ella intende, credo sii bene far usar diligentia, che li schiavi si fanno ordinariamente siano conservati et imiter in questo gli nemici, che si serveno alla galea di quelli che sono predi da loro, da quali non sperano cavar grossa taglia, io ho ben divertito quanto ho possuto, che quelli sono stati presi in tempo mio non siano condotti sottovento, dove infiniti ne son passati per armar le galee ponentine, ma ho persuaso li signori sopracomiti a comprarli, parendomi che fosse grandissimo beneficio; Vostra serenità ha deliberato hora che per conto suo siino comprati a taleri 20 l’uno, che è precio in vero basso, perché li patroni di essi più tosto che venderli a questo modo li nascondono, cavandone, secondo la qualità loro e 30 e 40, secondo la bontà, non parlando de quelli che han modo di riscattarsi. Essi scogli sono lasciati inculti, né se ne cava sorte alcuna de biave et pochissimi vini, quali seben sassosi sono però atti a proddur ogni cosa, li molti animali minuti di che solevano esser piene, sono anco consumati dalle continue predationi de soldati, che, come ho detto di sopra, andando et ritornando ne hanno rubbati molti. Resta ancora in essi animali il poco utile rimasto a quelli popoli, li quali così in questi scogli, come nelle isole più avanti et specialmente di Lissa, fanno pescagion grandissima di sardelle, che alli tempi sono salate et condotte poi in diverse parti, le quali isole de Lissa et Solta sono buone et assai fertile, specialmente de vini, l’una è giurisditione di Lesina et l’altra di Spalato.
La Brazza è isola de circuito de miglia 80, contiene in sé 12 ville, è habitata da 3.000 anime, delle quali 600 sono da fatti, non ha castello né ridotto molto forte, se non alcuni luoghi da poter resister ad assalto da mano, per le invasioni delle barche et fuste di Narenta. Il Rettor per star più lontano habita dentro terra quatro miglia in una villa detta Neresine, ben questa isola è sassosa, come sono tutte; ha diverse valle fruttifere che producono vino in abondanza, ma poche biave, miele ragionevolmente et legne buonissime, ha pascolo assai et però nutrisce molti animali, ha diversi belli porti et ridutti per commodità di armata, per quello gli può dar l’isola sta benissimo per la vicinità di Almissa, Spalato et Traù, a quali luoghi è quasi a dirimpetto et può a tutti dar agiuto di gente. Vi è gran disparere fra li nobili e li cittadini, in materia dell’obligo della galea, volendo et intendendo li plebei che li nobili come loro siino tenuti, dicendo che se occorre ad un cittadin metter in galera uno in loco suo, trova molti delli nobili, che per pagamento vi vanno per loro, li quali parimente per premio lavorano le possessioni di essi cittadini, onde per questo devono come loro esser tenuti et per ciò fra di loro restano grandissimi dispareri.
Liesina, isola che circuisse miglia 150, posta fuori della Brazza, è sassosa, piantata de molti viti, de quelli vien detto che si cavano botte 5.000 di vino l’anno, produce pochissime biave, de quali ha sempre bisogno. La città è presso il mare con porto capacissimo, è terra aperta et ha castello debollissimo. Gera [C’era] l’arsenale, che era comodissimo per la sua armata, che si formava di quello faceva bisogno, è sta brusciato dall’armata turchesca, quando Olve Alì e Carracogia vennero a danni della Dalmatia, mentre che il resto dell’armata espugnava il resto le città d’Albania, non potero però li nemici alhora impatronirsi del castello, nel quale vi era poca difesa, né di Gielsa et Varboscha, doi villaggi nella medesima isola, ma abbrucciorno quanto potero et specialmente molti biscotti erano nell’arsenale di Vostra serenità et menorno via molte anime, non misero in terra artellaria, che quando l’havessero fatto facilmente haveriano superato quella debolezza. La Camera è di quella communità, la quale ha d’intrata circa ducati 7.000, cioè per l’avantaggio del sale, che da quello lo compra per conventione a Pago a quanto lo rivende a un grossetto la quarta, perché lo compra soldi otto et lo vende soldi 12, il dacio del pesse da Lissa, quel de vini e’l trentesimo di questi et salariati et altri, sono spesi circa 3.000 ducati all’anno, gli altri sono mal amministrati et s’è lecito divisi et usurpati, come piace ad alcuni principali, con poca sodisfatione dell’università, che non godendo né sentendo de questo alcuna utilità, contentarrebbe che la camara fosse della Serenità vostra, come certo per levar quella usurpatione, così manifesta, sarrebbe cosa utile et necessaria si dovesse fare. Ho espedito da Vostra serenità un Zorzi Albanas con una barcha armata, la quale havendo io destinato alla custodia di quell’isola, gli ho assignato il pagamento sopra l’entrate di quella Camera et un’altra anco de Simon Boravutovich, per il dubio delle fuste di Narenta, ma non sono state mai pagate.
Curzola è di circuito di 120 miglia et fra essa et Sabioncello, loco de Ragusi, vi è un bellissimo canale, largo in alcun luogo un milgio et in altri doi, è abondante di legne et molto de viti, non raccoglie molto frumento, ma vino abondantemente, la città circonda passa 500 cinta de muraglie deboli in sito alquanto rilavato, fo prima assaltata da Oluc Ali et poi Carracoggia et se ben fuggirno li molti habitanti, li pochi rimasti la difesero, li quali per far parer a nemici che molti fossero li difensori, fecero le donne venire alla muraglia con capelli in testa, con qual artificio et molto valore appresso, nonostante che fossero alhora abbandonati dal loro Rettore, che vilmente fuggì, si mantenero et governarono, fino che da Vostra serenità li fo mandato nuovo Providitore; havea anime molte, de quali da fattione ve n’erano forse 200, ma in questa invasione si dimenuite; sono quelli habitanti molto odiati da Ragusei, che hanno openione che gli danni fatigli da Uscocchi da Segna siino con guida et participatione loro, onde fu detto che Caracoggia, incitato da doi Ragusei, venne alla rovina di quell’isola. In tutte quelle isole et anco nelle città et territorii di terra ferma, si come inanti la guerra soleva Vostra serenità far esercitar le ordinanze, che erano 10.000 huomeni in circa, sopra tutte le quali fu deputato il strenuo Camillo Stella, pieno di molta fede et valore, le quali riuscivano buone et con l’esercitio continuo harrebbeno possuto, come fanno li rimasti, ben riuscire, hora restano tutte distrutte, perché li territorii sono perduti et molti si sono partiti et molti sono passati in Puglia con le loro femiglie et assai sono mancati nelle armate di questi doi anni passati; resta ancora nelle isole qualche forma, più per diligenza de queli che sono deputati capi, per non mostrar di esser infruttuosamente pagati, che per effetto alcuno che ne rieschi o servicio che se ricerchi, perché anco in esse isole la frequentia delli corsari et il continuo spogliarle per l’armata, ha del tutto disfatto anco quelle ordinanze, hanno però li capi li loro stipendii, come se vi fussero le ordinanze in esser, che mi par spesa infruttusa e da non si dover continuare; et questo poco basti in proposito delle isole, per non esser principale consideratione nel moto della presente guerra et ritornando alle cose de nemici, dico che il sangiacho de Clissa o Clivuno, che è quello che abbraccia li luoghi di Dalmatia possessi da Vostra serenità, è diviso in dua parti, una delle quali è de la de Prolog et dalli monti verso tramontana, che è divisa in quattro vaivodadi et capitaneati, cioè del vaivoda de Sarbschi, Glanucchi, Scopaglschi et Heretauschi [?] sotto quali si trova gran numero de pedoni, maggior parte de christiani et anco quantità de cavalli, ma perché questi sono di là da monti, che serrano la seconda parte verso Dalmatia et da quelli confini più lontani et direttamente non offendono, non ne parlerò.
L’altra parte di detto sangiacado che circonda li lochi soi, cominciando di sopra Almissa fino di sotto al contado di Zara, è tutta serrada da monti aspri et divisa in tra voivodadi di Craina, che non ha gran numero de cavalli, ma ben molti pedoni et archibusieri; de Podgorie, che ha pochi cavalli ma qualche numero de pedoni; et Pricoracogie che de pedoni può far gran quantità, parlando per le forze ordinarie di quel sangiacado, perché in tempo di guerra, come adesso, sono accresciute in modo che tutto’l sangiacado de Clissa, unendo tutte le forze insieme, così de quelli che hanno soldo del Signor, come d’og’altra sorte di gente che ha sotto di sé, può esser incirca da 8 in 9.000 fanti et da 1.600 cavalli in circa, de quali il terzo può esser buoni da lanza, li altri da far correrie; li pedoni per il più adoperano partigiane et mazzoche et pochissimi archibusi et così essi, come li cavalli, sono disarmati et sono la maggior parte christiani Morlachi, i quali per forza sono astretti venir al campo, essendone levati uno et dua per casa, oltra che sono obligati far le guardie alli passi su li monti et nelli borghi delli castelli, alcuni de questi, ma pochissimi, sono stipendiati dal Turcho et hanno al più doi asperi al dì et anco mal pagati et sono chiamati Martelossi, che anco in tempo di pace solevano molestar li luoghi di Vostra serenità, de qua da li monti vi sta per ordinaria stantia poca cavallaria, né passa al numero de 5.000 [forse 500 o 5.600] che parte sta alla custodia delli luoghi come Clissa, Velin, Nadin, Vurana et Zemonico et altri luoghi; l’altra parte va seguitando il vaivoda et campo del sangiacho et facendo correria, tra questi vi sono buoni et tristi cavalli.
In questa parte delli monti alli confini di Dalmatia vi sono diversi castelli cominciando di levante verso Almissa.
Hutgiucich, castello sopra una colina, appresso il fiume Cattina da dredo il monte Morros, circondado da tre bande dal fiume, al confin del sanzacado del ducado di Hercegovina. Non ha artellaria ne è forte, vi stanno 20 Turchi alla guardia.
Signa è castello sopra una colina, non è forte né ha artellarie, che già alquanti anni sono furono portate a Tnina, è discosto da Clissa 10 [miglia] et di qua dal fiume Cettina ha sotto il borgo senza mure; nel castello habitano li Turchi et nel borgo Turchi et christiani.
Clissa è castelletto sopra un colle fra dua montagne, per mezo Spalato et lontano da esso otto miglia, dal mare presso Salona non più che tre e mezo, è forte per sito, ma da tramontana dove sono le porte, potrebbe esser assaltato, perché dalle altre parti non può esser offeso, essendo sopra alti dirupi et inaccessibili, ma verso le porte ha muro di longhezza de passi 15 in circa, senza fosso et senza fianchi, non è molto largo né alto et facilmente se gli possono levar le difese, dentro questo muro vi è un poco di pizza et poi una porta, con un altro muro ma debole et basso, senza fianchi et difesa, doppo’l quale si entra nel castello et in mezo di esso in una rocca alquanto alta, la casa del dasdaro, al qual loco non si può passar se non ad uno ad uno et questo loco domina il castello et è tenuto forte, ma vi è mancamento di acqua, perché la cisterna soleva esser al tempo de christiani è guasta et non tiene acqua; nel castello sono 60 giannizzeri et un dasdaro, appresso un azapagà con 40 pedoni, oltre li quali vi sono 80 huomeni da fatti del loco, nel castello sono dua moschetti di bronzo et uno pezzo da 12 con la bocca rotta et 10 spingardelle di ferro et una o doi periere piccole. Ha sotto di sé il borgo cinto de uno muro basso in masiera, dentro il quale stanno 40 cavalli con un capo et da 30 Martelossi et delli habitanti circa 80 da fattion, ma hora è diminuito molto il numero per la peste grandissima che l’ha quasi dis’habitato; è loco di molta importantia, che quando fosse di Vostra serenità si farrebbe fortezza inespugnabile, che allargarebbe li confini et darrebbe gran beneficio a quella provintia.
Vartica è castelletto presso il fiume Cettina, sopra un colle alquanto forte per sito, non ha artellaria et vi stanno per guardia 30 Turchi.
Velin è castelletto presso Sebenico, debole et senza artellaria.
Tnin [?] è alquanto forte, sopra una ripa tra dui fiumi Cerca et Budinschizza [?], che hanno però un medesimo principio, vi sono quatro pezi di artellaria mediocri et altri cinque piccioli, oltre una periera grande, le quali artellarie poco inanti la publicatione della guerra, furono condotte da Bagnaluca del sangiacado di Bosina. Vi sono anco certe spingardelle di ferro et tutto questo, oltre li pezzi 4 che l’anno passato furono buttati in quel loco, de quali creporno doi; a delle genti che habitano et quasi tutti Turchi.
Ostrovizza è castelletto in Cosulovo Poglie sopra un colle, ha poche artellarie et poche genti.
Starnichi è sopra un monte forte de sito, né ha artellarie, vi stanno 30 Turchi.
Dermis, castelletto in Petrovopoglie [?] sopra Sebenico, non è di alcuna importantia.
Heucen [?] appresso il fiume Carca, sopra il collisello, non troppo forte et senza artellarie.
Zoringrad appresso Tartagna, fiume [?] sopra un colle, senza artellarie et con poca gente.
Scardona, debole, senza artellarie, spianata, ma novamente hanno poco più alto fabricato un ridotto, per esser più sicuri dalle galere.
Nadin nel contado di Zara è poco forte et con poche artellarie, ma con presidio grosso de soldati da piedi et da cavallo, è guardato con diligentia, per esser in quel contado.
Vurana è nel medesimo territorio, poco forte da battaria, ma atto a difendersi da ogni assalto da mano e guardato bene, ha la muraglia alta, fuorché da una parte, che sarrebbe in scalata, ho mandato diverse volte la notte a riconoscer il loco, vi sono cavalli et fanti dentro et se li fa guardia diligente et a ogni moto, con le artellarie, si fanno segno l’un l’altro tutti quei castelli, ha delle artellarie picciole di dentro. In tempo d’inverno si potria facilmente ricuperar questo castello, prima che per li impedimenti delle nevi potesse esser soccorso, la presa del quale si tirrarebbe dredo tutti gli castelli, ma perché dalla parte più propinqua è distante sette miglia dal mare, bisognarrebbe nel condur due pezzi d’artellaria degli animali, de quali vi è mancamento, anci penuria, si potrebbe servirsi bene del lago lontano un miglio dal mare, che va fino presso la Vurana. Questo inverno è sta molte volte pensato a questa impresa, ma havendo ridotto gli presidii delle città al poco numero de soldati, non è stato modo da poter effettuar questo disegno, mancando come ho detto sopra tutto il modo de condur artellarie.
Zemonico, che fu tolto nel principio di questa guerra, è di poca importanza, è stato alquanto ingrandito per accomodar li cavalli che stanno a quella custodia, alla quale vi sono anche delli fanti.
Polissane medesimamente è castello debole et vi stanno delli cavalli et pedoni.
Carin è castelletto poco forte, senza artellaria, vi sta presidio di fanti et cavalli.
Obrovazzo, novo et vecchio, posto su’l fiume è molto habitato et vi sono delli soldati, oltre che tengono barche con le quali solevano uscir a far delli danni, ma da poi che s’è introdotta tener la guardia delle barche armate, sono andati reservati, vi è però una fusta et bregantino, che era giattata in acqua, con la quale et con le barche, se non si farà diligente guardia, potrianno dannificar molto Pago.
Tutta questa seconda parte del sangiacado de Clissa, nella qual vi sono li castelli di sopra nominati, che verso le marine confina con la Dalmatia, cominciando di qua dalla campagna de Cliuno verso la marina, è tutta circondata da monti, cominciando d’Almissa, fino alla Morlacha, che è presso Obrovazzo; et sono talmente ardui et difficili essi monti, che non potrebbe passar esercito con artellarie per discnder alle marine, se non per li luoghi et passi infrascritti.
Primo al nascer del fiume Cettina, tra il monte de Nata et monte Gnat [?] è un passo detto Zivuschia, qual può esser impedito da pochi pedoni.
Secondo si estende il monte Dinara fino a Carlovaz, che è fra Dinara e i Starmichi, dove vi è un passo che può da fanteria esser impedito.
Terzo Starmichi o Starmischizza monte si estende fino al fiume Budinschizza, che si può passar a guazzo, sopra’l qual monte de Starmischizza, che è di sopra il fiume Buchuzza, vi è un castelletto non troppo forte, è passo difficile et tristo, il quale può esser facilmente impedito.
Quarto per più pur verso ponente vi è un passo detto Sarb, dove è una villa habitata da Turchi in una valle fra monti.
Quinto Vuratza et Vargidon passo di sopra Obrovazzo, che può esser da pochi pedoni guardato.
Sesto Buscoblato è passo più aperto et più facile che sia verso Cettina, qual vorrebbe molta gente a custodire, ma ha un cole, detto Penzini Clanci, sopra’l quale quando vi fosse un fronte s’impedirebbe.
Settimo intorno a Buscoblato et Paclini Clancichiet un altro passo chiamato Tischna Dragha, il quale può esser guardato da 50 fanti.
Ottavo Prolog è passo tra li monti molto difficile, ove si trova un castelletto da guardia de legname, empito di pietre, dal qual si può guardar detto passo.
Nono Busca è passo che facilmente può esser impedito.
Decimo Cosucha è aspro, alto et forte di sito per natura, va verso Vucovichia Most può esser guardata.
Vi sono dua altri passi, dalli quali si può venire dal sanzacado del Ducado verso Cettina per via del Dumno, di modo che questo sangiacado de Clissa de qua da monti è fortissimo et potrebbesi guardare alli sopradetti passi con pochissimi presidii. In qual sanzacado, oltre li castelli vi sono villaggi 150, con fuoghi 6.860, cioè sotto il vaivodado di Cettina villaggi 82 con fuoghi 3.490, sotto quello di Podgorie villaggi 28 con fuoghi 842. Sotto Pricocragnie villaggi 46 con fuoghi 1.505, de qual fuoghi 6.860 che sono in questo sangiacado, sono 560 solamente habitation de Turchi et il restante, che sono 6.300 de christiani, qual luoghi de christiani sono di maggior numero de persone, usando li Morlachi habitar fratelli et zermani insieme et li Turchi star fra loro separati, sono questi popoli christiani di fede serviana, ma per il poco uso della religione et della instruttion di essa et mancamento de prelati, vedo si vada assai indebolendo, sono però christiani gente bellicosa et buonissima da fattione, a qual non manca se non esperientia, perché sono agilissimi del corpo et con una schiavina intorno, leopanche in piedi et una fugazza in petto, fanno grandissimo camino. Di questi si serve il Turcho per gente a piedi, che sono spinti a danni della Dalmatia, per forza, levandone uno o dua per luogo, secondo li bisogni, usando comandarli casa per casa, sotto pena del palo et di loro si serve senza premio alcuno o paga.
Questi christiani sono tenuti star alle guardie delli borghi et su li monti con li sui carambassà, che sono come capitani, ma non stano dentro le fortezze d’importantia, se non sono più che di provata fede. Pagano il tributo o carrazzo a Turchi, da quali sono oltre modo strapazzati, angarizzati et tirrannegiati et violentemente spogliati del loro havere, con levargli anco molte volte li figliuoli, che fatti rinegar sono conosciuti poi in stato et religione da loro diversa, non sono mai patroni di quello hanno, né sicuri di goder quello possedono, né bramano altro per quanto da molti di loro diverse volte si è inteso, che di veder una bandiera stabile de christiani in campagna, alla quale si potessero appogiare, che prenderebbono le arme et si vendicherrebbono delle molte violentie li sono usate; et Turchi hanno mostrato anco dubitarne, perché quando sentirono dalla nuova della rotta della loro armata, che fra li animi di quelli cominciava ad entrar alteratione, hanno cercato assicurarsi o con morte de principali o con farli andar dentro nel paese o con spogliar de beni alcuni altri, pigliando segurtà dalli sospetti, molto però vennirrebono alla divotione di Vostra serenità et da molte parti si sono lasciati intender, ma doveno lasciar li loro beni et il vitto che cavano dalli terreni da loro cultivati, che li sono lasciati godere et per non haver alcuna certezza come venendo si possino trattenire, perché né vi è loco da darli, né terre che potessero coltivare, restano forzatamente nemici, con le quali et con li pochi cavalli, che ho detto esser in questo sangiachato, sono infestate le città di Dalmatia possesse da Vostra serenità, fino sotto le mura, la quale ha havuto in essa così numerosa militia che li è costata infinita quantità de denari et all’incontro i nemici, con questa sorte di gente di fede diversa dalla sua, con animi alieni da offender et senza alcuna sua spesa o con pochissima, hanno fatto et vanno facendo la guerra; è vero che in tempo dell’estate passata oltre il sangiacco de Clissa, detto Ferhat bei, che per stantia habita a Cliun, huomo stimato, favorito da Mehmet bassà et per quanto s’intende molto intelligente et valoroso, vi è stato anco il sangiaco de Zuoniccha detto Scanderbei, questi al più hanno havuto 2.000 cavalli, che sono li ordinarii che tengono anco in tempo di pace et de là et de qua dalli monti, con li quali et qualche altro venuto per venturiero, secondo il solito, con pochissimo loro incommodo, restando patroni della campagna, tengono serrati nelle mura di quella città ogni qual si voglia presidio, perché non possendo li fanti esser spalegiati da cavallaria, che in ogni loco è pochissima et trista, per gran quantità che fossero sarrebbeno da cavalli nemici disfatti; onde io credo, che quando non sii mente di Vostra serenità di voler tentare la espugnatione di alcuni di quei luoghi, che senza molte forze et gagliarde riputo difficile, oltre che vi bisognarrebbe di animali per condur artellarie, carri et altre cose necessarie, di che tutti li luoghi sono del tutto sforniti, sarrebbe meglio non tenir in quelle città maggior numero di quello bastasse a guardarle et tanto più quanto bastasse a ben custodirle, perché le malatie che continuamente entrano fra soldati, le continue licentie che si dano a molti, diminuisse sempre il numero; et questo dico perché in ogni modo tanto stano serrati li molti soldati contra grosso numero de cavalli, per esser il numero poco et debole, quanto farrebbeno con quelli che solamente potessero bastar alla semplice custodia, quando però non vi sii pericolo o sospetto di assedio, in qual caso conforto Vostra serenità a tenir le città ben munite et con molti soldati et specialmente la importantissima città di Zara, in la quale in tempo di assedio non vi vorrebbe esser manco de 5.000 fanti et 500 cavalli, portando con sé la grandezza del forte, che ha bisogno di molta difesa, gran numero de soldati, ma quando non vi sii questo sospetto, il quale molti avanti si farà sentire, basterà in Zara 1.500 fanti, a Sebenico 400, Traù et Spalato 300 per loco et in Almissa 50, ma quando piacesse alla maestà di Dio ingrandir le forze di Vostra serenità, che la potesse metter esercito in quelle parti che desse commodità alli christiani Morlachi di solevarsi, come al sicuro farrebbono, restarrebbono gli nemici privi di quelle forze con le quali, come ho detto senza alcuna sua spesa o incommodo, fan guerra a Vostra serenità, che li costa tanto quanto dirò più a basso; et quando si potessero abbrazzar questi populi christiani et stabilirli in modo che potessero sicuramente partirsi da nemici, così come hora combattono per loro et ingrandiscono le sue forze, così sarrebbono a loro nemici et farrebbono le nostre maggiori; con questi del paese tutto’l tempo ch’io son stato a questo governo et con li sudditi turcheschi venuti alla divotione di Vostra serenità si sono fatti grandissimi danni a nemici, grossissimi bottini de schiavi et animali, in tanto che non pur si assicurano per molti miglia lontano goder li pascoli, ma non sono stati sicuri nelli borghi delli loro castelli, dove molte volte sono stati fatti essi bottini; è questa sorte di gente più temuta da nemici, che non sono li soldati italiani del tutto inutili di poter in occasione ritirandosi correr et salvarsi per li monti et sassi, di che è pieno il paese, anzi ogni volta che si sono un puoco allontanati, sono restati prigioni, ma perché degli animi loro et fede si potrebbe dubitare, essendo de quella natione, dico che quando non si desse in loro mano la custodia delle città, non vi sarrebbe alcun sospetto, oltra che non havendo quelli hanno servito mostrato segno alcuno d’infedeltà, non sarrebbe da temere, se non tanto quanto la forza li rastringesse, perché se vederano che li nemici prevaglino et che con abbandonar Vostra serenità si possino assicurar le vite, credo che lo farrebbeno e l’istesso farrebbe anco generalmente altra natione et in questa s’è visto manco viltà che nelli Italiani, come intervenne alla torre di Salona da loro abbandonata et resa, prima che da nemici fosse battuta, che da quelle forze gagliardamente si poteva diffender et per contra alcuni Uscocchi di questi Morlachi difessero da quelli medesimi nemici, partiti da Salona, il castello dell’arcivescovo di Spalato, debollissimo et di nessuna speranza; è ben vero che non sono buoni questi né generalmente gli huomini del paese da esser condotti a combatter in ordinanza, né da metter in loco fermo per aspettar l’inimico et afrontarlo, perché disordinarrebbeno ogni cosa et fidandosi della loro velocità fuggirrebbeno, essendo et disarmati et arme loro da offesa di poca consideratione, ma al modo loro, come corridori, combattendo et fuggendo e rubbando, possono molto dannificar il paese.
Il trattenir alcuni principal capi di questi et qualche mediocre numero de quelli, quando gli altri havessero paese d’habitare et da poter viver, tirrarebbe molti alla divotione di Vostra serenità, che hanno mostrato per le cause dette di sopra esser inclinato.
Solita Vostra serenità difender quelli suoi luoghi di Dalmatia et custodirli con le genti italiane, che di tempo in tempo la fa mandare, a quali doppo l’andata mia a quel governo, ha cresciuto la paga de ducati tre a scudi tre, con 10 per 100 di caposoldo, con openione con questo crescimento di migliorar la qualità delle genti et haver più facilmente soldati, che con la debol paga che havevano prima difficilmente si mantenivano, da questo crescimento s’è visto poco miglioramento, perché così come li soldati buoni non si contentano della semplice pagha, ma vogliono caposoldo gagliardo, così fra la plebe delli soldati ordinarii vi sono li medesimi tristi et inutili erano prima che le crescesse le paghe; di qual paghe quanto studio si mette dal più de capitani per ingannar la Serenità vostra et quanto tengo che in questa guerra la sii sta defraudata, sarrebbe cosa longa il discorrer, perché in tanti modi et in tante vie si fanno li passadori et in tante maniere li morti sono fatti passar per vivi et morti li fuggiti, che è cosa impossibile potervi rimediare, è certo grandissima origine di far tutti li passadori nelle compagnie a le mostre in Venetia, dove oltra che per farle comparir belle et ornate alla mostra di piazza sono condotti dalli capitani molti gentil huomini ben armati et all’ordine, li quali non vengono poi con le compagnie, ma solamente passano alla banca et toccano sotto altro nome le dua paghe et per quelli al smontar, dove sono destinati, si appresenta qualche altro tristo et inutile, essendo cosa facilissima per li segni così communi, come si usa pigliare, overo sono dati per morti, della qual ragione si servono generalmente; si fanno anco venir alla banca molti a quali si dano dui paghe et sotto nomi suppositi si descriveno et li capitani donando a quelli un donativo, si rimborsano delle paghe date a Venetia et quelli a chi sono state date rimangono, onde avviene che tutte le compagnie si appresentano con gran numero de soldati manco de quelli sono descritti nelli roli, a che se non viene con diligentia rimediato, avvertendo alli luoghi dove sono destinati, vanno continuamente con far apparrer le compagnie piene, facendo passar altri sotto nome de quelli sono rimasti, prestandosi li capitani l’un l’altro li soldati o nottandoli per ammalati, soto qual pretesto di malatie si sono fatte moltissime fraude, perché quando si sono voluti veder li amalati, che non erano al mondo, li capitani hanno mostrato in luoghi scuri pieni di puzza, altri in locho de quelli. Io che vedevo quanta fraude era usata in questo fato, mi son forciato rimediarvi quando ho possuto, perché quando son giunte compagnie in Zara, dove il più del tempo mi son trattenuto, immediate gionte le barche, senza dar punto di tempo a soldati né di smontar né che altri si accostassero a dette barche, son andato a rassegnar li soldati uno per uno et in tutte le compagnie ho sempre trovato mancar gran numero de soldati et quando non ha giovato alli capitani il dir che sono restati ammalati o morti, del che alcune volte sono portate fedi false, hanno convenuto essi capitani restar le dua paghe tocche in Venetia de quanti soldati meno hanno condotto; et perché di questo mancamento è stato dato debito alli colonelli, per quelli sono mancati alli capitani delle loro compagnie, come eletti da loro, alcuni sono venuti a Vostra serenità et hanno impetrato o tentato, che quel debito li sii rilasciato, onde è entrata opinion in de tutto di non esser obligati pagarlo, di modo che se sarà vero, che di detto debito non ne sii tenuto conto, non potrà riuscir cosa di maggior pregiudicio, peroche si forciarano li capitani sempre di menar manco del numero descritto nelli suoi rolli, poiché si haverano imborsato loro delle due paghe a Venetia et che potranno sperare, se non sarà usata diligentia nel rassignarli, di haver continuamente pagata la compagnia come se fosse piena, però sii avvertita la Serenità vostra che il rilasciar questo debito è di tanta conseguenza, che non importarrebbe tanto se doi volte tanto più fosse donato a ciascuno. Usa Vostra serenità far venir a Venetia tutti li soldati de quali la si vuol servire, o per il bisogno della sua armata o per li presidi delli suoi luoghi et specialmente di Dalmatia, dove qualche di doppo gionti sono ressignati et datigli dua paghe et dal giorno di detta rassegna li è fatto principiar il servitio, sopra le qual dua paghe il capitano li fa scontar la soventione et qualche volta parte delle armi et se alcuna cosa li avanza, ogni poco che in Vinitia sono trattenuti consumma il tutto et al partir restano debitori almanco della arme, onde avviene che molti vedendosi indebitati senza modo di viver, fuggono prima che s’imbarchino et quelli che pur si conducono, giongendo senza danari, cominciano indebitarsi per vivere et dovendo scorrer molti giorni prima che tochino la terza paga, per scontar le dua havute a Venecia et per viver, convengono impegnar et vender li drappi et le arme et in pochissimo tempo per la fame et per il patir diventano ombre o mumie, inutilissime ad alcun servicio et molti vedendo non potersi liberare o dimandano licenza o fuggono et da questo avviene che così frequentemente bisogna rinovar li presidii, con tanto interesse di Vostra serenità, alla quale, come scrissi già, costa ogni soldato prima che cominci a servire almeno scudi quattro e mezo, contando il nolo delle barche fino a Venetia 15 giorni, che strettamente conto possi correr dal di della risegna per viaggio fin gionti a Zara; in qual tempo non serveno [?] il danno de quelli che doppo havute le due paghe restano o ammalati o morti, che sono più de 20 per 100, il biscotto, il nolo di barche, qual tutte cose importano, come di questo le mandai un calculo, scudi quatro et mezo per ogni soldato, prima che habbi cominciato entrar in sentinella o far alcun servicio, ma non considero tanto questo dis’ordine per rispetto della spesa, quanto che convenendoli soldati che vengono indebitati, come ho detto, immediate distrugersi, conviene la Serenità vostra rennovarli et reiterar la spesa, raccordai che sarrebbe di molto più suo servicio, almeno per quelli de quali la si suol servire in Dalmatia, se la facesse che passassero senza venir in Venetia, ma da loro medesimi o da suoi capitani fossero condotti a sue spese a Zara, dove al giorno del gionger rassignati li dovessi principiar il servicio et li fosse donato scudi dua per le spese del viaggio, con il che potrebbono più facilmente et con più comodità venire, che non fanno nel modo introdotto partendosi dalle case loro et venendo a Venetia, dove spendono, si parteno indebitati et non possono mai liberarsi et questo specialmente riuscirà in quelli soldati che sono rincontro a quella Provintia, come Marchiano [marchigiano] del Stato della chiesa, d’Urbino, Abbruzzesi et simili, che anco come per un continuo traghetto hanno vittuarie et commodità dalle case loro et si possino mantenire, è piacciuto l’arricordo a Vostra serenità et intesi che la cominciò esequirlo; certo tengo la debbi conoscerlo buonissimo et riuscibile, anco in quella sorte de soldati di quelle parti istesse, che la destinarà per l’armata, facendoli passar in Dalmatia, trattenersi fino che s’imbarchino et all’arrivo in quella provintia farli cominciar la paga. Il servicio che Vostra serenità riceve dalli soldati italiani in quella Provintia, riesce secondo la qualità de soldati, perché da alcuni arditi et valorosi si può prometter bene, ma sono così poco esercitati tutti et si tiene così poco conto delli armati, che non possono far mai alcuna fation sicura, però che sbandandosi facilmente li archibusieri, carricati da ogni poco di cavallaria, restano oppressi sempre et si è visto molte volte, che pochi cavalli hanno rotto et cacciato gran numero de fanti in ogni picciol occasione, che si habbino voluto allargar dalli luoghi forti et tirarsi in campagna; è anco tanto temuto il nome et vista de Turchi dalli soldati novi, non prima che si habbino assuefatti a vederli et combatter con loro, che stimandoli molte volte più che huomeni, alla prima vista si sono posti in fuga, ma quelli soldati che sono stati longamente nella Provintia et che hanno molte volte scarramuzzato con li nemici, si sono mostrati valenti et hanno combatutto honoratamente et corraggiosamente, sono sempre andati dove sono stati condotti, anci si sono mostrati desiderosi di esser a fronte ad inimici et per questo credo sii molto a proposito mantenir li presidii, quanto più si può de soldati vecchi et assuefatti, oltre li rispetti considerati dell’interesse et spesa che Vostra serenità riceve dalla rinovatione de soldati. Li Marchiani, che molti hanno servito in quella provintia et hanno continuato, li Perugini ancora sono ben riusciti, com’il più delli Lombardi, oltra che per li disaggi che convengono sentire patiscono grandemente, non riescono del valore et bontà di detti marchiani, li quali anco come più avvezzi a patire, non sentono tanto li incommodi et le strettezze, quando l’estate passata si temeva che l’armata nemica dovesse spingersi avanti, era aspettata da tutti li soldati da Zara con molto animo e core et prontezza di combatter et difendersi, né vi era alcuna paura e alhora, se ben molti del continuo facevano instantia di esser licentiati, non vi fu alcuno che la richiedesse; convengo dir per cosa nottabile, che havendosi trovati qualche volta in Zara, città angusta, ristretta per sé, ma fatta menore per la fortificatione, fino 4.000 fanti italiani da diversi luoghi, fra quali molti banditi et fuor’usciti insolenti et qualche volta per non esser pagati in tempo, ridotti in bisogno del viver et in altre occasioni che sogliono indur questi a far quei strepiti et tumulti, che viene ordinariamente dalla natura et qualità loro, non è però nel tempo mio successa cosa di alcuna importantia di homicidii et rubbamenti, anci ritrovandosi nelle rovine del borgo alcuni horti, nelli quali certe povere donne s’industriano con grande diligentia, per far nascer herbe per poter con questo mezo sostentarsi, sono da tutti li soldati così rispettate, che con tutto siano li horti aperti, non è stato tocco da alcuno cosa veruna et le donne, che sogliono in tutti li luoghi dalli soldati esser molestate, son state sempre rispettate et per questa causa mi sono venuti pochissimi richiami, anci quelli cittadini, che nel principio dubitorno di questo et alcuni temendo ciò et dubitando della preservatione della città, mandorno le donne et le robbe via, vedendo come quelle siino rispettate et la città fortificata, si sono laudati et assicurati et molti hanno fatto retornare le famiglie et robbe loro; giovorno alcune esecutioni prese et gagliarde fatte nel principio, le quali hanno tenuro in timor et obedientia tutti, in tanto che con tutta quella riputatione si possi desiderare, l’auttorittà datami da Vostra serenità è stata respettata et conservata et con li capitani et con li privati soldati et ha possuto tanto il rispetto, che si sono fatti pochissimi mali et dalle prime subite esecutioni in fuori, me ne sono occorse di fare poche da poi. È di grandissimo interesse alli soldati il gran precio delle arme, li è fatto pagar dalli capitani loro, che molti hanno pagato li corsaletti scudi sette et l’archibuso et morion scudi quatro et questo avviene perché li capitani, overo vogliono guadagnare se li costano manco di detto precio, overo comprandoli come fanno a tempo carissime, le convengono similmente a tempo far paghar care alli soldati, i quali per questo abhorriscono il corsaletto et non ostante che habbi parso a Vostra serenità al corsaletto il caposoldo de lire quatro e mezo per haverne più quantità, non si trova chi lo voglia portare, perché non può un soldato scontarlo mai et certo una compagnia senza una parte de armati, che in tutte le fattion fazzino un corpo stabile, è piena di difetto. Il far dar le arme alli soldati da Vostra serenità, che sarebbe la mità manco di quello le fanno pagar li capitani, ha ben qualche contrario, che l’ha mossa non lo voler fare, ma vedendo che li debiti de molti capitani, indebitati per conto d’arme in quella provintia, sono stati pagati da Vostra serenità et che per questo conto molto li restano debitori, forse non sarrebbe male il darli le arme raccomandate alli capitani, così come se li fida le soventioni et farli scontar in dua o tre paghe, da che nascerrebbe, che sapendosi esser le arme obligate a Vostra serenità, come sue, non sarrebbono così licitamente vendute, come si usa. Dissi anco a Vostra serenità, vedendo il dis’ordine s’introduceva, che diminuendosi le compagnie, o per morte o per licentia et fuga delli soldati, restava però alli capitani il suo stipendio, come si havessero le sue compagnie intiere et per non lasciar li presidii sforniti, si conveniva far venir delli altri soldati et similmente capitani. Onde era cresciuto tanto il numero de capitani et alfieri, che dava spesa grandissima a Vostra serenità, raccordai sarrebbe stato di molto suo beneficio il pagar li capitani secondo la quantità delli soldati hanno nella compagnia, qual paga li crescesse et diminuisse, secondo andasse crescendo et diminuendo la compagnia et questo si dovesse osservare, si come si usa nel cassar et rimetter li caporali, che usandosi per ogni fanti 25 pagar un caporale, qual se li soldati manchano va ordinarimente casso, così raccordai che la paga di ogni capitano fosse de ducati cinque per caporale et intrando in fanti 100 caporali quatro, haverrebbe un capitano de 100 ducato 20 per paga et quando un caporale, per diminutione de fanti li andasse casso, che medesimamente si diminuisse la paga del capitano ducati 5; questo fu accettato et approvato da Vostra serenità e mi ordinò lo dovesse esequire, se ben era hora ha reformato, la quale se lo farà continuare, oltre che non pagherà infruttuosamente li capitani, li quali sempre starano avvertiti non lasciar diminuir la compagnia, perché non li venghi scemata la paga, riuscirà con benefitio di Vostra serenità, perché quanto più all’ordine sarano le compangie et piene de fanti, tanto manco numero di capitani la tenirà nelli presidii de capita, che conseguentemente sarà con menor spesa et maggior sparagno et li colonelli, che pagati de grosso stipendio, si sforzarano o di haver il numero de soldati da loro promesso o non tanto manco quanto si è fin hora veduto. In proposito de qual colonelli, vedendo che Vostra serenità osserva di haver soldati per mezo di essi et che quanto maggior numero da essi le vien offerto, tanto più volentieri li accetta, non restarò de dirle che nelli presidi delle fortezze, se ben la tenirà con le sue genti un colonello, vederò non di meno debbi esser molto al proposito il trettenimento di qualche capitano eletto da lei, il quale se ben starà sotto l’ubbidienza di quel colonello o governatore, conoscerà sempre Vostra serenità per principe, cosa che non fanno così facilmente li capitani o soldati dependenti da colonnelli, che si fanno lecito non conoscer altri che loro per superiori, li quali quanto più si vedono con numero de soldati da loro dependenti, tanto più diventano inobedienti, oltre che è bene per quello potesse avvenire, non dar l’asoluta potentia et auttorità ad uno. Et perché di sopra ho toccato, come si forzino li capitani defraudare la Serenità vostra con far passadori, non mi estenderò in dire in quanti modi tentino di farlo, sendo cosa longhissima, ma co’l castigar alcuni trovati in dolo, l’esempio de quali ha in modo ordinate le cose, che vivo sicuro in Zara almeno, dove ho possuto veder meglio o non vi esser stati fatti passatori, o così pochi che non è cosa di consideratione, ho usata tanta diligentia, che se ben credo non haver in questo satisfatto molto essi capitani, penso però haver salvato molti danari a Vostra serenità; et con questa occasione le dirò, che per oviar alle gran fraudi si facevano nelli ammalati, che quando erano mandati a veder per pagarli, si facevano veder altri in loco loro, coperti [?] con manifesto inganno, ho rimediato con una pia operatione in Zara, dove si è dricciato un hospitale, del quale con molta carrica monsignor reverendissimo di Nona ha preso la cura, con infinita patientia et con benefitio, non solamente delli poveri soldati che in esso hospitale sono governati, ma anco di Vostra serenità, perché usandosi non dar le paghe delli amalati alli capitani o a quelli che coperti sotto forme diverse erano mostrati, secondo che prima si costumava, ma fattili curar nelli hospitali, però con li danari della loro propria paga, se sono sopravivuti hanno loro medesimi tochi li loro danari, per mano del suddetto reverendissimo monsignore da Nona; da questa diligentia nel tempo mio, oltre che si è levata l’occasione che era grandissima di dar per ammalati quelli che non vi erano et per loro far toccar paghe ad altri, l’hospital ha restituito, o monsignor di Nona che ha manegiato, ducati 712, li qual sono per soldati che erano sta dati per amalati che non erano in esse, che quando alli capitani o a quelli che mostrati sotto una schiavina fossero sta dati, sarrebbeno perduti, come in questo modo credo che in quasta guerra Vostra serenità è stata defraudata d’infinità de danari; et perché mi è occorso nominare il vescovo di Nona, non posso né debbo tacer, perché Vostra serenità sappi, quanto servitio la cavi da chi ella forse non pensa, che oltre che con esemplar vita christiana, santi costumi, grandissima elemosina et con dar continuo ricetto a passaggieri, in che spende forse più di quelle entrate li sono rimaste, da tal esempio a tutti che è di grandissimo giovamento et edificatione a quei popoli, si adopra anco nelle cose dove intraviene il servicio et beneficio di Vostra serenità et di tal manera, che da niun rappresentante suo la è meglio servito et quando è occorso non ha sparagnato la propria persona sua, così nella fortificatione et nel continuo presidiar l’importantissimo castello de Novegradi, del qual tiene particolar cura, com’anco nella restauratione et rihabitatione di Nona, alla quale andò in persona et vi stete fino che fosse acconciata et postovi entro il presidio.
Con 307 cavalli fra stradiotti et Crovati, sotto 28 capi, Vostra serenità intratiene quella Provincia, de quali 126 con 16 capitani sono in Zara, 14 in Sebenico, 54 con cinque capi in Traù et 63 con sei capi in Spalato, il numero in tutti i luoghi è pochissimo, ma debolissima la qualità loro, che se fussero buoni saria da sperar bene, ma essen’molti vecchi et putti figliuoli de benemeriti, dalli capi in fuori et alcuni altri pochi, hanno tristissimi cavalli, non possendosi in tempi stretti né metter ben a cavallo, né trattener loro et li cavalli, che questi fussero stati migliori o manco aviliti et più uniti, questo inverno si harrebbe possuto far delli danni agli nemici; il poco soldo che hanno et il tardar tanto delli quartieri, li mette in molta necessità, né essendo possibile che aspettino il pagamento al fin del quartiero, è sempre stato forza darglielo di soventione et per mancamento di danaro ho convenuto darli biave, alli precii che si sono venduti per conto di Vostra serenità, che è stato con avantaggio di quello sono valse in man d’altri, onde per questo hanno sentito più tosto beneficio, ma di più loro satisfatione sarrebbe stato se havessero havuto li danari, come il mancamento di essi mi ha più volte travagliato, non havendo possuto paghar li soldati, li quali mancandoli le page a tempo, convengono cascar in miseria et necessità, non havendo possuto paghar li soldati loro modo da viver, se non sopra di essa et molte volte da questo tardare vi è pericolo di qualche abbutinamento, che ho cercato divertire, con quelli modi mi sono parsi migliori; è stato Providitor di quella cavallaria il clarissimo messer Fabio da Canal, che conoscendo la debollezza de quei soldati et havendo il più del tempo havuto molto più numero de nemici, contra de quelli poteva farli resistenza, ha con molta prudentia et accorta maniera preservato li nostri dalli danni, seben quando occasione si è appresentata ha tenuto gli nemici lontani et fattogli delli danni, è gentil huomo pien del buon volere et che ha ben servita Vostra serenità.
Li territori di quelle città di Dalmatia, come ho detto, restano perduti, li scogli non producono biave che possino somministrar il viver né alle città, né manco alli pochi habitanti in essi, dal paese nemico per cambio de sali cavano qualche poco frumento, quelli luoghi che sono più commodi, come Spalato, Traù et anco Sebenico, ma in tempo di estate, quando le guardie sono più diligenti, questo ancora manca, onde resta tutta la speranza del viver a quei popoli delle vittuarie sogliono venir da sottovento, della Marcha et Stato d’Urbino, che sono di grandissimo agiuto, perché oltre li huomeni et farine, quando non sii strettissima la prohibitione di cavarne et anco non ostante quella ne portano, danno grandissimo agiuto di pane et di vino et altre cose necessarie, ma questo soccorso suole molte volte esser impedita dalle fuste, che a man salva vengono et depredano molte di dete barche, le quali per questo inpaurite cessano et quelli lochi molte volte patiscono, onde il tenir netto il Colfo, oltre che importa molto per rispetto de gli altri interessi et dignità di Vostra serenità, è anco d’importantia grandissima per questa causa; et perché questi agiuti sono in certi et come ho detto più del tempo impediti, è necessario che Vostra serenità provedi di frumenti et massime la città di Zara, che et per li habitanti et per queli che di continuo passano ne consuma assai, non essendo bene lasciar quella città in bisogno, si per rispetto delli soldati, a quali mancando il pane potrebbe causar qualche inconveniente, come perché sapendo gli nemici così facilmente tutto quello si fa, non resuona bene che intendino una fortezza tanto importante ridursi in necessità di pane, è ben vero che astradandosi le cose et prendendo un poco di principio, vedo che mercanti, sentendo il beneficio potranno cavare, condurrano delli frumenti, come già alucuni hanno cominciato et io per inanimarli et darli modo di condurre, li ho dato tutta quella libertà ho possuto et mi hanno ricerco [?].
In tempo mio è costato alla Serenità vostra le paghe de soldati et capitanii tenuti in quella provintia, delle barche armate et della cavallaria, bombardieri et altri simili, oltra quanto sono restati creditori, che ho lasciato al clarissimo mio successore, ducati 222.886 lire tre soldi quattro di più le costano spese estraordinarie et condotta de monition a Novegradi, noli de barche per soldati venuti et licentiati ducati 1.491 [?], ho speso in spie et in quelli per il mezo de quali ho creduto poter intender li progressi de nemici ducati 1.488. Et li conti et libri tenuti da messer Lodovico Marchesini, dilgientissimo et pien di desiderio di veder preservato il danaro publico, ho fatto presentar all’ufficio delli signori Tre savi, da quali sarano revisti; spero che si come in me è stato ardentissimo desiderio di manegiar ben il danaro, con quel sparagno et con quella fede che mi si conveniva, a che mai niuna cosa mia è stata da me con tanta avvertenza trattata, così Vostra serenità tenirà per fermo che in questa parte, se ben in tutte le altre posso haver mancato, habbi fatto quello mi si conveniva.
Non posso render particolar conto del manneggio delli danari delle Camere di tutte le città, perché né il tempo mi ha servito, per la improvisa mia partita, né manco ho creduto sii mio particolar carrico, dico bene che molti luoghi hanno bisogno di regola et perché è solito che la Vostra serenità, cui a [?] mandato alli Rettori biave et danari in groppi, per poter con essi et il tratto di dette biave per far pagamenti de soldati, che parte sono manegiati da Rettori et parte da camarlenghi, che causa confusione grandissima de scrittura, dovendosi tutte queste cose conciar et saldar nelli libri del Proveditore, al quale quando fossero tutte le cose indrizzate, passerrebbe con più regola et si vederrebbe più facilmente la spesa dispensa.
Nelli danari mandatimi da Vostra serenità in valuta corrente in Zara, che nel resto di Dalmatia si sono spesi di più, ho dato di utile et acconcio nelli libri in credito di Vostra serenità ducati 2.236.
Si trovava all’arrivo mio in quella provintia Governatore general di quella militia l’illustre signor Giulio Savorgniano, che circa mesi cinque da poi fu chiamato da Vostra serenità, la diligentia del quale signore et peritia nelle cose della fortificazione è molto ben conosciuta et provata et di quel poco tempo io posso affermarle haver visto tanta solicitudine et desiderio, che le cose di Vostra serenità siino avantagiate, che non credo l’habbi il più affetionato servitore di lui.
Venne di suo ordine poi Governator generale della militia in Zara, l’illustrissimo signor Baldissera Rangone marchese, il quale doppo la partita del signor Giulio è stato fino al principio di febraio, che di ordine di Vostra serenità li ho concesso poi doi mesi venir a suoi piedi, che è gentil huomo di buonissima mente, desideroso di haver occasione di adoperarsi et credo lo farrebbe volentieri et per acquistar gloria, della quale è avido et per servir Vostra serenità, alla quale mostra esser affetionato et desideroso perpetuarsi nel servicio, se il modo del servir diverso da quello s’è imaginato et l’ambir troppo li gran gradi, non mette a sé medesimo qualche difficultà, quello che vagli nelle cose di guerra, non è venuta molta occasione di provare, si potrebbe desiderar un poco più bravura in loco della natural tardezza, che con li soldati lo fa manco stimato.
Venne con detto sior marchese il conte Paulo Emilio Scotto per governar di quella città di Zara, che è conduttier d’huomeni d’arme di Vostra serenità, il qual certo, se ben desidera honori et gradi, è veramente di animo dispostissimo, né mai è mancato né si è tirato in driedo a nessuna occasione con la persona, quando è accaduto andare et molto più spesso s’arrebbe uscito a danno de nemici et delli luoghi, se all’animo suo ardito havessero corrisposte le nostre forze o almeno la poca cavallaria non si fosse dimostrata così avilita, sarà sempre buonissimo et fedellissimo servitore di Vostra serenità; dubito bene che da qui avanti cominciarà metter difficultà di star sotto ad alcuno et se il sior marchese ritornarà al governo di Zara, farà dimandar licentia a Vostra serenità di venir in armata, desiderando sorpamodo carrico in quella o di maestro di campo o di capitano delle artellarie. Hanno servito et servono molti capitani, fra quali alcuni honoratamente, che per non tediare lasciarò di nominar, havendo suplito con le occasioni mi sono apprsentate, ma non taccerò giacché’l colonello Chieregato merita haver la gratia di Vostra serenità, perché nel servicio gli ha prestato, nel quale non ha voluto acquistar altro che honore, anci ha speso il suo et impegnato molto di quello havea, in tanto che se da Vostra serenità non vien compassionato et concessoli venir veder et riparar alle ruine sue, casa sua perderà un honorato cavaliero et Vostra serenità un utilissimo servitore, dirò questo di più a laude sua, che così come fra quanti sono venuti a quel servicio, non ho conosciuto alcuno che mostri haver cognitione di ordinar militarmente le genti, così lui con molta disciplina delli suoi, che del continuo ha tenuto esercitati, li fa parer soldati de esperienza et farrebbe eccelentemente l’officio da mastro di campo.
Mi ha servito per secretario messer Alvise Landi, conosciuto per li servicii ha prestato in doi ambascierie di Roma et Savogia con doi prestantissimi senatori et per esser nipote delli magnifici Albini, tanto benemeriti et per la continua buona servitù et per la morte in Cipro de messer Pietro et delli suoi, il qual’è giovane di molto ingegno et valore et desideroso di servire, come potrà honoratamente riuscire in tutte le occasioni se li appresentarano, è degno della gratia di Vostra serenità et di esser honorato de quelli gradi, che tanti altri con manco fatiche hanno facilmente conseguito.
Ho havuto per rasonato messer Lodovico Marchesini, venuto per ordine dell’eccellentissimo Consiglio de dieci, del quale si debbo far quella vera fede, che il debito mi astringe, convengo dir con verità, che sono due cose in lui che non ho saputo scoprir quale sii maggiore o il valore con che ha esercitato quel laboriosissimo carrico, che non li ha lasciato mai un’hora di quiete, o la diligentia et l’avvertimento in proccurar che il danaro sii conservato di Vostra serenità et la vigilantia in divertir che non sii rubbato, perché dell’una et dell’altra mi son mirabilmente compiaciuto. Ho commesso alla fede sua, che ho conosciuta esser grandissima, tutto’l maneggio delli danari et n’è riuscito con molta diligentia et universal satisfatione et mia particolare; è stato così avvertito nelle fraudi si patevano [?] alli denari publici, che per il suo principal avvertimento, accompagnato con la diligentia usata, le accerto che si è salvato et sparagnato grandissima quantità de danari, onde è degno della gratia di Vostra serenità. Et per l’utilissimo servicio ha prestato et di esser riconosciuto et io che con verità lo dipingo, lo raccomando alla Serenità vostra, accertandola che ogni recognitione sarà fatta nella persona sua dell’utilissimo servicio ha prestato, oltre che sarà atto proprio di Vostra serenità giustissima, darà animo a tutti di servirla, in modo che come ha fatto lui il servito riuscirà profitosissimo.
Successi al clarissimo messer Zuanne da Leze cavallier et procurator, l’innocentia del quale son certo sarà conosciuta et io non posso mancar di dire haver sentito da tutti è stato amato et che ha lasciato et nelli populi et nelli soldati grandissima benevolenza.
Consignai alli 22 di marzo 1572 al clarissimo messer Alvise Grimani, mio successore, il carrico di quella Provintia, della diligentia et valor del quale conosciuta da Vostra serenità non parlerò, ma dirò che subito gionto, con mirabil prontezza, ha cominciato ad operarsi e impatronirsi del negocio, di maniera che come prestissimo si averà del tutto informato, così dalla diligentia et valor conosciuto di sua signoria clarissima in questo governo, riuscirà mirabilmente mannegiato.
Restarrebbe che concludendo dicessi di me medesimo qualche cosa, essendone dua alli quali desiderarei grandemente satisfare. L’una nell’escusarmi delle molte imperfettioni mie, che potranno haver fatto parer il servicio mio più imperfetto et nell’altra render a Vostra serenità et a Vostre eccellenze quelle gratie, che infinite si ricercarrebbono alli infiniti oblighi miei, sapendo niun altro nel qual concorra così poco merito come in me, esser stato di quella maniera honorato et che alla benignità sua è piaciuto di fare la persona mia, le qual dimostrationi della sua gratia, non tanto incitano et accendono l’animo mio a non risguardar ad alcuna cosa mia propria, né pensar a casa, figliuoli, perché per l’absentia mia sentono danno et incommodo grande, ma me invitano, per servicio della Serenità vostra et della mia carissima patria, ad espuoner la propria vita, che tante volte spenderei se potessi rinovare, quante mi occorresse poter sacrificarla, per benefitio et esaltacion di quella eccellentissima Republica, mi rincresse però che le debol forze, la inesperienza mia, ritardano questo ardore, che in me non si possono veder effetti corrispondenti al desiderio et all’animo mio devoto et ben disposto, del quale così come la maestà di Dio si suol pagare, così debbo sperare che la Serenità vostra, ad imitatione sua, come la supplico, habbia a restar satisfatta et tenir, che come si deve tenir per certo la ellettion mia a tanto grado et in tempi così importanti, tanto meno da me aspettata, quanto è lontana da ogni merito mio, esser seguita con semplice volontà et intervento del signor Dio, che nel servicio delle cose sue sarà dalla maestà sua favorito, la quala da me continuamente sarà pregata restarmi lume di ben comprender il voler della Serenità vostra, forze da servirla, come mi si conviene et sapere di renderle il servicio mio quanto più utile et profittoso sarà possibile.