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1649 Antonio Diedo di Iseppo

Dispaccio del 31 maggio| 1650|

N. (senza numero)

Serenissimo principe,
nel primo mese di questo mio governo, contestando littigio questi datiari con alcuni di bene di nascita originata da zupani, niente di meno habitanti et accasati per longo corso di anni in questa giurisditione et in quella di Budua, pretendendo questi di godere l’essentione delli datii di intrada et ussita di ogni sorta di mercantia, nell’istesso modo che fu concesso alli medesimi di Zupa l’anno 1647 che si diedero alla devotione di Vostra serenità; il che, quando fosse loro concesso sì bene, non si attrovavano in detto tempo a Zupa, essendosene un grosso numero sparsi per provincia et che negotiano non solo capitali de loro stessi, ma di altri ancora, li datii, così qui, come di Venetia, grandemente detheriorebbero, con danno et pregiuditio delle intrade publiche; che però, conossendo la materia zelantissima [?], non ho voluto terminare alcuna cosa, ma fatto fare li depositi per li datii pretesi, per dover stare così fino che dalla Serenità vostra mi sarà dechiarita la publica intentione sopra questa mia riverente rappresentatione, per regolarmi in conformità di essa.
Ho anco scoperto molti altri disordeni et pregiuditii che, non incombendo a me la regolatione, passerò con silentio, dirò solo verità che alla mia venita qui ho rittrovato il pane della scaffa fabbricato con le farine di publica ragione di frumento et segalla mescolate, della qualità della mostra, che invio a Vostre eccellenze per dover esser veduto et osservato, dispensandosi di tutta la millitia in vece di dannaro per ordine dell’illustrissimo signor proveditor estraordinario, che solo maneggia questo affare, a soldi sei ogni due panetti, cavandosi [?] qui col lire 52 [?] il staro, convenendo ai soldati rivenderlo per ricavar qualche soldo per comprarsi del vino, a soldi quattro e mezo, descapitando poco meno del tarzo [?], con grandissimi lamenti che giornalmente io sento; et in particolare li bombardieri veneti, qui da lochi lontani, si danno alla disperatione, per non saper come sostentarsi, che mi fa grandemente temere della loro opera in qualche occorenza contro l’inimico; et tanto maggiormente quanto che ho veduto un particolare, che non mi è niente piaciuto, scritto da Ragusi da persona confidente al signor cavalier Francesco Bolizza, sogetto principalissimo di questa città, molto fedele, et che non cessa di ogni parte et per tutte le vie di invigilare quelli avisi che possono complire alli interessi di Vostra serenità, con accressimento del continuato suo merito, et ancorché mi persuado che per altra via le possi esser pervenuto esso particolare; per ogni modo ne trasmetto la copia.
Per ora volevo et ho ricordato che si dovessero comprare delli formenti et farine, che capitano da Montenegro et Nixichi, a lire 33 il staro, et mescolarle con le publiche; billanciato il precio dell'una et dell'altra, far godere il vantaggio et benefficio a questi poveri habitanti et millitie; ma questo mio buon pensiero non si è possuto esseguire, poiché di già dalli illustrissimi signori [...] estraordinarii è stato in altro impiegato tutto il capitale del fontico, et così li dannari di raggion di commissarie destinati a poveri di [...] et fino li depositi da particolari [...] né dalla camera fiscale non occore pensare di disponere di un quattrino.
Il racolto mostra dover riuscire bellissimo, ma però il pane della scaffa non sarà per megliorare, et farine publiche, con sommo pregiuditio dei poveri compratori et mia mortificatione.
Questa piazza così importante è mancante di quelle cose che sono più che necessarie, non vi essendo altro capo da guera che il signor governatore ordinario, il castello sprovisto et la fortezza di Budua, in tempo di pace, non sarebbe tenuta nel stato che si rittrova.
La carica del rettor et proveditor ordinario, spogliata quasi di tutta l'auttorità, si rende superflua, conossendo infatti che quelli pochi affari che li restano potrebbero anco essere sostenuti dalli illustrissimi signori estraordinarii, nel tempo che li sopravanza; et però io per non restare qui infruttuoso rappresentante, se fossi certo che alla Patria si retrovasse l'illustrissimo signor Bragadin, che doverà succedermi, le scriverei ad incaminarsi alla carica, che le sarebbe renontiata da me ancorché ciò dovesse seguire con detrimento delle ristrette mie fortune, ma con altretanto solievo del mio cuore, che grandemente patisce nel veder gli inconvenienti et di non poter operare in conformità del bisogno et solievo dei sudditi. Gratie etc.
Cattaro, li 31 maggio 1650.

Antonio Diedo, rettor et proveditor.

Allegati:
Copia di una particolar scritta da un confidente da Ragusi ad altro suo confidente et fidele di Cattaro, li 19 maggio 1650, tralassiato il resto (1 c.)
Un amico di questi signori ci avisa per turco che la soldatesca forestiera che si attrova in Cattaro desidera molto qualche quantità di turchi appresso la città di Cattaro, per dechiararsi in favore loro et voltarsi contro [?] li venetiani. Io aviso vostra signoria tanto che il sudetto amico con corrispondenza si è scoperto con me, et lei et cotesti […] io credo potranno penetrare più distinti particolari sopra ciò.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.