19 marzo| 1604 Marco Antonio Erizzo
Dispaccio del 11 agosto| 1605|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
Quando io credeva che con le tante deliberationi et ordini efficacissimi della Serenità vostra nella materia importantissima de novi habitanto et con le molte fatiche da me fatte in 25 mesi che son a questo regimento acciò siano esseguite per interesse publico et per sollevamento loro fusse di modo stabilita la coltivatione et rehabitatione dell’Istria et messo fine alle perturbationi et molestie di questa povera gente a lei tanto cara, che non vi bisognasse altra provisione, trovo che il troppo ardire che a questi tempi hanno alcuni de nostri cittadini, i quali sprezzando ogni ordine et ogni regola vogliono fare ciò che vien loro in pensiero et non quanto piace alla Sublimità vostra è causa che li novi habitanti siano più che mai travagliati, il Capitano di Raspo al quale dall’infinita prudenza di lei sono raccomandati disturbato et vilipesi tanti et tanti ordini dell’eccellentissimo Senato ha in diversi tempi dati perché questo reggimento con la superiorità che gli è piaciuta dargli in materia di essi novi habitanti habbi da proveder all’indennità loro et seben a 1602 a tre di novembre fu ordenato che niun Rettore dell’Istria possa contravenir a qualsivoglia ordine, suffragio et mandato del Capitano di Raspo et alli 3 di settembre 1603 fusse commesso al clarissimo Podestà di Rovigno che debbi osservar quanto dal medesimo Capitano è promesso alli novi habitanti et che alli 13 dello stesso mese la Serenità vostra chiamasse costì il Podestà di Doi Castelli nel suo concetto per haver transgresso gli ordini miei; et quantunque del 1604 a primo di marzo l’eccellentissimo Senato scrivesse motu proprio a tutti li Rettori della provintia che al Capitano di Raspo è espresso tutto il negocio de novi habitanti et che però si conformino agli ordini suoi, di modo che non restino punto turbati o molestati per qual sivoglia accidente, dovendo esso Capitano proveder et rimediar a quanto paresse ricercar il bisogno in ogni loro occasione; et che alli 31 dell’istesso fosse tagliata la sentenza[?] fatta con Tomaso Curlavich dal clarissimo Conte di Pola perché non havesse obedito al suffragio datogli da me; et alli 20 di giugno posteriore fusse da nuovo scritto a tutti li Rettori et mandata inclusa la parte del Maggior consiglio per la quale vien surrogato in luogo del Provveditor nell’Istria il Capitano di Raspo per levar loro ogni occasione di punto contravenire agli ordini suoi; et ben che la Sublimità vostra stimando, come è veramente, questa materia importantissima et piena di molte conseguenze di gran rilievo si sia risoluta a 20 d’aprile 1604 di conferir nella mia persona auttorità estraordinaria di bandir di terre t luoghi li transgressori delli ordini miei nelle contraffationi concernenti l’indennità delli novi habitanti venuti da paesi alieni, repplicandomi quasi il medesimo a 4 di giugno ultimo passato con dichiaratione che quanto sarà da me terminato nella materia de beni concessi a simili habitanti resti inappellabile et come fusse giudicato dallo stesso Senato; seben, torno a dire, la Serenità vostra con tante et sì fatte deliberationi ha udito in ogni tempo che tutto questo negocio sii raccomandato al Capitano di Raspo et che gli ordini suoi siano dalli clarissimi Rettori esseguite io però stimo che quando ella non si risolva di trovar col suo immenso sapere modo di fare che sia obedito il voler di lei siano superflue et che non si conseguirà mai da esse qual buon effetto che si ha per fine, perché quasi tutti li clarissimi Rettori nei principii de loro reggimenti si mostrano molto renitenti, come ha fatto particolarmente il clarissimo Podestà di San Lorenzo nuovamente venuto, che subito ha cominciato a volersi ingerire nelle persone et beni di Nicola Ponesich et di Andrea Oplanich venuti dal paese arciducale ad habitar in questi territorio, ove attendono alla coltivatione con la quale et con le essentioni c’hanno dalla benignità di lei si sono fatti comodi come sono per l’istesso[?] tutti li novi habitanti, a quali perciò molti hanno la mira et chi permette che si cominci metter mano nelle sostenze loro presto resteranno mendichi nel modo che sono gli altri contadini del paese; et se bene io gli ho scritto et repplicato il voler della Sublimità vostra ricercandolo a non ingerirsi in loro, ma rimetterli a me come giusdicente delegato, egli però dopo haver voluto saper ogni particolare dell’auttorità ch’è parso a lei di volermi concedere, di che l’ho sodisfatto, et dopo l’haver allegato che il statuto di San Lorenzo dispone che tutti li animali che vengono trovati in danno debbono pagar un tanto che va al medesimo clarissimo Rettore; al che io ho risposto che non è ristreta da quel statuto l’auttorità suprema della Serenissima republica, la quale ha potuto dopo ordinanze quanto le è parso; mi ha tornato a scrivere una lettera altretanto impertinente quanto lunga, la qual insieme con le altre che le invio per sua informatione potrà lei così parendole commetter che sia veduta da chi meglio le piacerà per doverle poi riferire in sostanza il contento et far essa quella deliberatione che giudicherà bisognosa in materia tanto stimata et importantissima, acciò che con l’essempio di questo anco li altri Rettori che pur troppo saranno pronti non ardiscano di contravenire all’intentione sua. Assicurandola io che se per ogni bagatella dopo d’haver il p[?] non habbi fatti doi o tre viaggi di 40 et di 50 miglia l’uno, con perdita di tempo, spesa o fatica, dopo l’haver il Capitano di Raspo sufragatolo et più d’una volta repplicato che non lo molestino si doverà sempre venir a questo di darne conto alla Sublimità vostra, ella non haverà da far altro che occuparsi in udir simili richiami, quando però chi doverà informarla voglia haver questa patienza dalla quale non trae se non disturbo e travaglio d’animo; et prima che vengano le risolutioni le quali per la molteplicità di negocii rarissimamente si hanno s non sono sollecitate dalli interessati quali non porta la spesa correr ogni volta a Venetia o da quelli delli stessi pubblici rappresentanti che non torna loro conto tenerli occupati in ciò li poveri novi habitanti continueranno a star a descrittione di chi non ha voluto l’infinito saper di lei che li governi; et a poco a poco s’annichileranno come gli altri o si risolveranno di ritornar alle patrie loro et abbandonar la coltivatione alla quale non recaderà sperare che vi correranno altri allettati dalla munificenza et dalla liberalità di lei male essequita da suoi rappresentanti. Perdonimi la Serenità vostra se parlo forse troppo liberamente et credami che le rappresento il vero con grandissimo ramarico, perché fra le altre povere terre dell’Istria meze derelite et disolate so d’esser stato a San Lorenzo, dove non trovai pur una persona per le strade, ma ben delli animali che andavano pascendo dell’herbe che per tutto si vedono; et se quel territorio vien dishabitato da quelli che per la vicinità et per l’imunità vi concorrono dall’Imperio sarà non men derelitto che la terra stessa. Per non attediarla più non le dirò altro se non che accennando quel clarissimo Podestà nel fine dell’ultima sua lettera che se ben io doverò esser cognitore tra il Ponesich et chi lo ha accusato, Sua signoria clarissima però ha da esser essecutore, ciò vuol dire che gli animali tolti et le spese fatte nella sua corte et nella sua Cancelleria non saranno per questo restituite; io non ho voluto repplicargli cosa alcuna, vedendolo interessato et molto appassionato, né meno voleva scriver a lei, ma questo poveretto del Ponesich è venuto a molestarmi tanto, dicendo di voler comparer a suoi piedi che non ho potuto mancare di rappresentarle tal fatto et aggiungerle che del 1580 a 22 di marzo l’eccellentissimo Senato in contraditorio giudicio con quelli di Pola, ove è il caso della coltivatione, terminò che nelli danni che facessero li novi habitanti o fussero fatti a loro il detto Conte non dovesse ingerirsi a modo alcuno, ma solamente in quelli fatti fra Polesani ne quali fussero osservati gli statuti di quella città, ch’è quanto mi occorre fedelmente et riverentemente rappresentare alla Sublimità vostra. Gratie.
Di Pinguente li 11 di agosto 1605
Marc’Antonio Erizzo Capitano di Raspo
Allegati: copie del carteggio tra Marcantonio Erizzo con Andrea Surian, Podestà di San Lorenzo (6 cc.), 30 giugno – 31 luglio 1605.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 2
Trascrizione di Damiano Pellizzaro