25 maggio| 1610 Piero Bondimier
Dispaccio del 25 maggio| 1610|
N. (senza numero)
Serenissimo principe,
le ducali della Serenità vostra, date con quell’Eccellentissimo senato sotto li 21 del presente, con le qualli mi commette che debba prohibir a Triestini il commertio non solo de sali, ma di qualunque altra robba, solita così estranea, come a condursi in Trieste per mare, tanto con bolletta, come senza; mi sono state presentate hieri, alle quali da me, in tutte le sue parti, sarà data la debita essecutione. Havendo di già fatto publicar in questa città un proclama, come farò nelle altre terre di questa provincia, conforme in tutto al comandamento della Serenità vostra, et tutti li vasselli che saranno trovati e trattenuti, così con sali, come con ogni altra mercantia de forestieri, invierò quelli de sali all’officio illustrissimo del sal, et gli altri alli Illustrissimi signori cinque savii alla mercantia; et di quelli de sudditi della Serenità vostra, essequirò quanto mi viene commandato. Starò aspettando le galere che devono esser mandate qui per servir a queste guardie, et quanto prima capiteranno, tanto più presto mi vedrò sollevato dal pensiero in che mi ritrovo, per vedermi con le due sole barche armate, delle quali non so quanto mi possi promettere, comparendo vasselli grossi con vento propitio, al loro vantaggio, se gli possi impedire l’intratta in Trieste. Et anco non devo lassar di pensare che, tenendosi dette barche de Albanesi alla ponta di Marenzi, detta la ponta grossa, lontana circa sette miglia da Trieste et cinque da questa città, per arrestare ogni sorte di vassello che volesse così entrare, come uscire, dal detto porto; convenendogli ben spesso a dette barche armate seguitar qualche vassello che non gli volesse render obedienza, fino sotto Trieste: come, a punto, è seguito hieri sera, che sul far della notte, con tempo assai nuvoloso, scopersero due barche che, dalla banda di Monfalcon a terra via, se ne andavano in Trieste. Queste scoperte da dette barche armate et seguitate da esse, una si salvò in porto, et l’altra, vedendo non poter fuggire, diede in terra vicin al castel di Trieste, sfondrando la barca et salvandosi in terra le persone, la qual gli fu levata dalle barche armate; nonostante che dal castello gli fossero tirate quattro cannonate et che alla marina fossero comparsi alquanti cavalli, questa barchetta è stata da essi Albanesi condotta qui, et è una brazzera, che da Venetia a Trieste se ne andava. Dentro della quale non si ha trovato altro che dui forzeretti da campo, con dentro robbe da uso di assai poco momento, et una cassetta deperita, con alcune merci, et altre poche bisinelle di pochissimo rilievo. Questi, venuti da Venetia, benissimo consapevoli della volontà della Serenità vostra, vedendosi andargli adosso esse barche armate, si diedero alla fuga; havendo entratte queste poche merci o per contrabando, overo (come sono informato) che sogliono fare in simili occasioni, con bolletta fatta per Cao d’Istria o altri luoghi di questa provincia, per poter transitar in queste acque, senza esser molestati da officiali per queste operationi, che bene spesso ponno succedere, da doversi fare dalle dette barche armate sulla propria faccia di Triestini; quali, benissimo consapevoli che altri vasselli armati non si attrovano qui, per la commodità che hanno di barche et di gente assai buona, et in particolare di quei soldati del vinaduol [?] non mi fanno star senza dubio che non possino tentare di insidiar li nostri, per il ché non ho mancato di avvertire il capitano Piero Zarcovich, della barca dei corvati, et l’alfier del capitano Paulo Ghini, di quella d’Albanesi, poiché il suo capitano, avanti il mio arrivo qui, era partito per Dalmatia a starsene con buone guardie, et bene avvertiti, acciò non gli succedesse qualche cattivo incontro. Tuttavia, non posso restar di non vivere con qualche pensiero, ma con altro tanto desiderio che comparino quanto prima queste galee, la venuta delle quali dubito che sarà più longa di quello forsi comporterebbe il servitio delle Signorie vostre eccellentissime.
Non debbo tacere che, così come io penso assicurar le cose sue per mare, così stimo non si debba tralasciare di dar qualche buon ordine alli confini di terra, perché, essendovi buon numero di gente arciducale che custodiscono li passi, acciò non siano venuti a levar sali nelle città et terre della Serenità vostra, possiano li Arciducali, per resarcimento delli danni che sono, per sentir loro, dalla parte di mare, far servir qualche cattivo incontro alli nostri sudditi per la via di terra; et importando questo negotio al Serenissimo arciduca Ferdinando intorno 60.000 ducati all’anno di rendita, che ne traze da questa saliera introdotta in Trieste, mi fa credere che non sia così facilmente per condesender alla distruttion di essa. Io, per non lassar a dietro cosa alcuna che habbia potuto pensar poter giovare al suo servicio, feci, subito gionto in questa città, con li sopradetti sindici, l’officio che mi vien hora commandato dalle Signorie vostre eccellentissime, essortandogli che in ogni occasione che accadesse de rinforzar, per qualche accidente, le galie, et di concorrere a qualche faccione et servicio, trattandosi del principal interesse di questa città, dovessero ancor loro mostrar quella prontezza che ricerca il suo debito, per coagiuvar ogni mio ordine. Questi, doppo essersi reddotti insieme, hanno fatto descrivere sotto alcuni capi uno honesto numero di buona gioventù et, per quanto mi hanno riferto, saranno sempre pronti ad ogni comandamento publico. Et ho raccomandato questo negotio per bene ordinarlo al cavalier Lugretio Gravisi, stipendiato dalla Serenità vostra, se bene di queste sorte di germi, non vedo se ne possi in poco altro servire che per huomini da spada, sopra le galere, quando nell’istesso tempo del besogno se ritrovassero in questo porto. Di questa provisione fatta, ne sento contento per haver operato cosa secondo il gusto et commandamento della Serenità vostra, non essendo ancora restato di dare altri ordini stimati da me necessarii; che è il prohibir a Muggesami, soliti andar a lavorar in le saline de Triestini, che, sotto grande pene, non debbano ingerirsi, né haverne parte, né commertio in esse, come solevano far gli anni passati. Ho medesimamente prohibito in tutti li luoghi, ove sono saline in questa provincia, che da un’hora di notte indietro non vi possi star barche alle saline, né andarvi più, se non la mattina all’hora solita, di condur l’operarii sul lavoro, per levargli l’occasione di far contrabandi; poiché invigilano in ciò quanto ponno, per il grosso utile che ne cavano. Gratie etc.
Di Cao d’Istria, a dì 25 maggio 1610.
Piero Bondimier, Capitano di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 6
Trascrizione di Francesco Danieli.