25 maggio| 1610 Piero Bondimier
Dispaccio del 13 dicembre| 1611|
N. (senza numero)
Serenissimo principe,
mi son condotto in questa città, come ne diedi conto a Vostra serenità, con le mie di 22 del passato, da dover fare per proveder in qualche parte al bisogno di queste genti albanesi, et particolarmente alle fameglie venute il mese di settembre passato, per essequire in tutto il comandamento dell’Eccellentissimo senato, et come li scrissi fin sotto il medesimo giorno del loro cattivo stato in che si ritrovavano, per esserne morti buona parte di loro, et il rimanente sono per il più mal condicionati per esser stati quasi tutti ammalati; et havendo voluto vederli, ho ritrovato esser ciò che mi è stato rifferto verissimo, et di pieni di ogni necessità et miseria. Mi son transferito personalmente nel luoco concessoli per farsi le habitationi, per vedere di levare certe difficoltà che ressistono tra di loro nuovi con questi vecchi habitanti, ma sono gente barbara, facili alle tumultuationi, et vorrebbero andar sopra li terreni et vigne fatte di questi pochi vechi habitanti. Pretendono le cose a loro modo, ma con occasione di tuor in dissegno questo territorio et dovendosi dividere li beni coltivati dagli inculti, con il cattastico che si dovrà fare degli inculti, si potrà all’hora assai facilmente terminar questo negotio, restandogli per hora terreni nella sua concessione, che Dio vogli, ne mettino a coltura la mittà di essi. Hanno dato principio a farsi certe picciole habitationi, ma non le hanno ancora coperte, iscusandosi non haver paglia da poterlo fare, et se ne stanno tuttavia in Parenzo con poco gusto di quelli patroni che per obedienza publica gli hanno accomodati delle loro habitationi. Li terreni da loro ridutti a coltura, fin hora, sono si può dire niente, perché se hanno seminato qualche poco di grano, l’hanno gettato in terreno, che han trovato così atto alla coltivazione che poca […] vi hanno messo del suo. Il stato suo è compassionevole, non hanno con che vivere, sono per il più spogliati, si instentano [?] con fare qualche fasso di legne, sono gente che mi parono assai da poco, né molto atte all’agricoltura. Io, per esseguir il suo comandamento, ho dato ordine che le sia provisto de carni, de instrumenti rurali, gli ho sovvenuti tutti di un poco di danaro per poter seminar et viver per pochi giorni. Sono anco di questa natura che quando hanno qualche soldo, se ne stanno così volentieri sopra le betole a consumarlo, come fanno li propri terreni. Delle fameglie che capitorno ultimamente in questa provincia, et che alcuni delli capi di esse sono stati a suoi piedi, supplicandola diqualche aiuto, come hanno havuto gli altri, ho ritrovato al mio arrivo qui che queste, non intendendosi bene con le altre 25 fameglie venute prima, si erano ritirate nel territorio di Humago, sopra alcune terre già furno concesse al capitano Vicenzo Chiuchichi [?], et desiderando io che tutte esse famiglie se ne stassero unite, conforme alla mente di Vostra serenità, ho fatto venir qui li capi di esse et dettoli che tengo ordene publico per provederli di anemali et di altro, come è stato fatto delle altre fameglie, che io ero perciò venuto qui, ma che bisognava che stessero unite, perché si potesse col tempo formar una villa della loro natione, et recusando loro il voler farlo, doppo molte contese, la mittà di loro hanno assentito di riuscire, alli quali ho dato un poco di danaro per provedersi per li loro urgenti bisogni, et dato ordine acciò le sia proveduto di anemali et instromenti come agli altri. Altre quattro fameglie non hanno mai voluto condescendere ad unirsi, mostrando di non intendersi ben insieme, et si sono accasate sopra il territorio di Humago, come ho detto di sopra. In tutte queste famiglie, che sono in numero di 29, vi sono restati pochissimi huomini buoni da fattione, ma sono per il più vecchi, donne et putti di poca età; et come so di haver sempre procurato con ogni mio spirito et con molta carità la conservatione et augmentatione di questa gente, così ne ho sempre dubitato puoco bon essito di loro, l’uno perché è senza capo, sebene gli ho fatto elegger uno delli più vecchi per Zuppano, tuttavia poco lo stimano. Sono poco uniti tra di loro; alcuni soliti servir nelle barche armate, che li hanno condotti qui, sono parte tornati all’istesso servitio, qualche d’uno anco si è messo alla rapina, perché questi tali non hanno havuto mai pensiero di affatticarsi alla coltivazione et estirpazione de terreni. Di tutto li danaro che gli ho dato così per compreda d’anemali, de instromenti rurali et per provedersi in qualche parte alli loro bisogni, sono stati per via di imprestido con obligarli tutti insieme alla restituzione conforme al comandamento della Serenità vostra. Il […] Camillo Bergomi, destinato per venir a tuor in disegno questa provincia, non è ancora comparso, ma tengo lettere dal signor Benetto, mio fratello, che mi avisa esso Bergomi ritrovarsi in cotesta città, et spero havendo io deliberato di passarmene in Capodistria a far queste santissime feste, ivi ritrovarlo, che se così sarà me impiegarò volentieri in questo mi è stato comandato dall’Eccellentissimo senato. Gratie etc.
Di Parenzo li 13 decembrio 1611.
Piero Bondomier, Capitano di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 6
Trascrizione di Francesco Danieli.