25 maggio| 1610 Piero Bondimier
Dispaccio del 13 marzo| 1611|
N. (senza numero)
Serenissimo principe,
hieri mi sono state presentate le ducali della Serenità vostra di 26 del passato dalli quattro capi delle famiglie di Albanesi, che sono comparsi a suoi piedi per rappresentarle il bisogno loro e de loro compagni, che tutti sono venuti ad habitare in questa provincia et, insieme con esse ducali, ne ho ricevuto un’altra, diretta al Clarissimo podestà di Capodistria, con la quale gli vien commesso che debba inviaremi ducati 500 da esser spesi a commodo delle sopradette famiglie, dandomi auttorità di distribuirgli in tante biave e danari, a chi più et a chi meno, secondo che conoscerò ricercar il bisogno, acciò con essi si possino comprar instrumenti rurali e animali, come sarà loro necessario: obligandogli l’uno per l’altro, affinche che la Serenità vostra ne debba a suo debito tempo esser rimborsata; dovendo io tenir conto di quanto andarò spendendo; procurando che prima di ogni altra cosa si vadino facendo delle habitationi, per potersi retirare, commettendomi inoltre che vi sia persona fra di loro et di lor medesimi che habbia la sua protettione; raccommandandomi la Serenità vostra questo negotio fino che capiterà in questa provincia l’Illustrissimo signor Zorzi, destinato Proveditor general et inquisitor in essa; dovendo ancora, di quanto andarà operando darsene particolar conto. Ho espedito però subito in diligenza le ducali in Capodistria, acciò mi siano mandati li danari sopradetti, et nel resto procurerò (per quanto sarà in poter mio) di bene essequir il commandamento publico. Ma, perché dubito assai del poco buon essito che sia per finire il presente negotio, et del dubio che tengo che queste genti non vadino di male, essendo state condotte de qui senza alcun buon ordine, et acciò che in qualche tempo non se ne attribuisca in alcun conto la colpa a me, non debbo, né voglio restar de dirle brevemente quello che con più mano di mie lettere le ho significato, et in particolare con le mie di 7 et 12 del passato; con le quali ho avisato la Serenità vostra di havermi conferito in Parenzo personalmente per farli sbarcare del numero di essi, che erano in tutto 87 in 18 famiglie, di ogni età et sesso, con 23 persone sole di facione; et che li ho trovati mal […], senza alcuna cosa da vivere, senza animali di alcuna minima sorte, privi a fatto di instrumenti rurali et colmo di ogni necessità che, dopo haverli ricovrati in alcune di quelle case deshabitate in Parenzo, ho convenuto provederli di pane per qualche giorno, per non vederli perir dalla fame, et di quanto havevo speso per il lor bisognom, che è in tutto ducati 69 et soldi 16, compresi ducati 41, lire tre, soldi quattro, spesi in tanto biscotto; il resto dispensato tra di loro in […] contadi, havendo lasciato il biscotto in mano del Clarissimo signor Vido Avogadro, podestà di Parenzo; con commissione di doverglielo somministrare assai legermente, et di già son avisato con lettere di esso Clarissimo signor podestà esser finita la distributione di esso, come anco mi avisa la partita di quattro delli sopradetti Albanesi et una donna, che sono andati via, et di un altro huomo che è passato all’altra vita. So di haverle anco scritto che Luca de Duino, che ha condotto le sopradette famiglie in questa provincia, è miserabile come gli altri, et ha bisogno più di esser agiutato lui che esso habbia il modo di aiutar gli altri.
Presentate che mi furno dalli sopradetti Albanesi le ducali della Serenità vostra intesa da me la continentia del suddetto ordine, che io tenivo […] della quantità del danaro che doveva esser compartito fra di loro, de 18 capi di famiglia, nel modo a punto che commandano le Eccellenze vostre, delli quali primi pare convenire che siano estratti li ducati 69 et soldi 16, spesi per me per sustentamento loro; ove resterà da dividerli ducati 430, lire cinque et soldi otto; che, divisi in 18 parte, si venirebbe a tocar ducati 24 in circa per famiglia. Il che, inteso da loro, mi hanno detto non saper vedere, con questo danaro, come potersi provedere di animali, instrumenti rurali, et di vivere per molti mesi; poiché non ponno sperare così presto poter ridur a coltura le terre che sono sassose e spinose, et che anco, dovendo applicarsi a detto servitio, non possono sperare di poter in altra maniera, con li lor sudori, impiegarsi a cosa alcuna, per guadagnarsi il pane, et se bene doverano provedersi di habitationi in campagna, fatte de masiere, tuttavia si vuol pane, qualche poco di legname, ferramente e paglia per il coperto. Et volendosi provedere di animali grossi da lavoro, che senza essi non potran certo ridur terreni a coltura, questi li costeranno almeno (come è vero) ducati 40 e più al paro. Li vuole ancora instrumenti rurali, così di ferro, come di legname, non potendo senza essi estirpar e nettar terreni, cavar sassi et meno governar terre, per ridurle a coltura. Queste cose, da me intese e conosciute esser verissime, non ho potuto far di meno di non rappresentarle, con la mia debita riverenza alla Serenità vostra; assicurandomi che io sarò del continuo molestato da questa gente, dalla quale convengo anco restar in qualche parte interessato. Quello che maggiormente mi travaglia è il veder questa gente senza un capo, né tra di loro esservi persona atta, né che habbia alcuna minima cognitione del paese; et che possi e habbi il modo di aggiutarli, et quando doverà il tutto derivare dalla Serenità vostra, veddo che la convenirà interessarsi molto, et le venirà costar molto cara questa coltivatione. Et, se bene io essequirò il suo commandamento, con farli promettere l’uno per l’altro a quanto gli sarà prestato (nella qual cosa non gli sarà difficultà alcuna), dubito però che altre tanta difficultà si ritroverà nel ricuperarlo. Io mi ritrovo in questo luoco lontano miglia 30 e più, fra terra, da Parenzo, e di strada cattivissima benissimo provata da me, se questi poveri hominii, sempre che gli occorrerà bisogno di qualche cosa, doveranno in tanto numero ricorrer qui, si consumeranno nelli patimenti del viaggio; et se bene io, conforme al mio riverente debito, non lascierò (quando comporti così al bisogno), di andar di nuovo a Parenzo, per giovar al loro servitio, non guardando né all’incommodo, né alla grossa spesa che portan con sé li viaggi longhi per terra, non è possibile però di assistervi del continuo. Questa gente invero è stata condotta qui senza alcun ordine, né veddo come con così poco danaro si possi, in un bisogno così urgentissimo di tutte le cose, provedirgli. Gratie etc.
Di Pinguente, a dì 13 marzo 1611.
Piero Bondumier, Capitano.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 6
Trascrizione di Francesco Danieli.