1612 Francesco Priuli
Dispaccio del 6| novembre| 1612|
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe,
attendo la matina et doppo desinare ad ascoltar infiniti che mi vengono davanti per contratti illeciti, […] et cose simili per suffragarli, et troncando ogni cavillo procuro di far sodisfar molti poveri così delle loro mercedi, come di sentenze, delle quali per la potentia degli aversarii non hanno per molto tempo potuto haver la debita sodisfatione, formando anco inquisitione per l’estorsioni et tirranie che potessero esser state usate da chi si sia, secondo la mia commessione. Ho principiato a far riveder i conti della camera et, se devo dir il vero, trovo infiniti disordini et infiniti debitori; ho trovato anco una cosa nova nel nostro governo, che da Clarissimi rettori vien fatta habilità di tempo di 25 et 30 anni a debitori della Camera, cosa che torna grandemente in pregiuditio della Serenità vostra perché li debiti col tempo si fano inesegibili, et ciò non può esser neanco fatto da altri che dall’auttorità dell’Eccellentissimo senato. Ho veduto parimenti che liberi della Serenissima signoria vengono dato a livello senza legitima auttorità, et con grandissimo danno della Camera è stato anco introdotto da alcuni Clarissimi rettori donar alli suoi cancellieri, le decime dell’utilità incerte et limitationi assignate a gli Illustrissimi signori governatori delle entrate; et trovo che, quando more alcuno senza testamento, si fano spese a conto della Camera di centenara di ducati per mandar fuori a riveder i beni, senza che prima si intenda se il defonto ha lasciati heredi, et infinite […] spese superflue introdotte a farsi dalla medesima Camera da tempo in qua, con grandissimo maleficio publico a che tutto proceda con quella miglior maniera che potrò, et che il Signor Iddio mi […] di remediare, et a parte provederò de […], et in alcune altre cose reintegrar da chi si doverà la Serenità vostra. Il terzo giorno che […] qui fu commesso un furto et sacrilegio di notte nel convento di padri di San Domenico nella Camera del reverendo Vicario di monsignor vescovo di questa città, rubbandoli centenara di ducati di parte di monsignor reverendissimo vescovo et parte di esso vicario, oltre alcune cose sacre di argento et oro, et essendomi venuto esso reverendo vicario a dar notitia di questo fatto, ho formato diligente processo […] hora ne ho anco pregioni tre di essi ladri et sacrileghi, et mancherò con l’auttorità concessami dalle Eccellenze vostre illustrissime quanto prima di far quella giustitia, che si convenirà a caso simile; et tutti quelli particolari mi è parso esser mio debito darne conto alla Serenità vostra di comandarmi con le sue lettere di 23 del passato, ricevute solamente li tre del corrente in proposito delli botini, et se ben con questi pochi animali come la Serenità vostra havrà inteso per la mia di 28 pur del passato, non so come potrò dar sodisfatione a tutti li daneggiati, tutta via procurerò al meglio potrò di essequir l’intentione delle Signorie vostre eccellentissime. Gratie etc.
Di Cappo d’Istria, li 6 novembre 1612,
Francesco di Priuli, Capitano di Raspo, Podestà et Inquisitore.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 7
Trascrizione di Francesco Danieli.