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9 settembre| 1616 Geronimo Donado

Dispaccio del 23 luglio| 1617|

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
Hoggi per freggata ho ricevute le lettere della Serenità vostra scritte sotto lì 14 del corrente, nelle quali con copia d’alcuni particolari accennatile dal residente di Napoli mi da avviso dell’andamenti e pensieri di spagnoli. Ho fatto alzare le mura di questa sua fortezza, havendola provista di tutto quello che m’è stato possibile, e starò con gl’occhi di Argo, e con quella gelosia et vigilanza che si conviene a devoto e sviscerato cittadin della patria, e della Serenità vostra raccordandole con ogni debita riverenza ch’in questo castello non si ritrovono altro che tre colubrine che siino di consideratione due de quali sono da quatordeci, et l’altra da vinti, et gl’altri alla suma de quindici o vinti sagri, e falconi tutti in simil bisogni di poca consideratione. Per il che ho necessità grandissima di altre quattro colubrine, doi da vinti e doi da trenta, e quel che più importa non mi ritrovo altro che un bombardiero che sii prattico in simil professione, et quaranta soldati alla diffesa di detta fortezza sotto il capitano Livio Gritti, tutta gente nova et inesperta in simil bisogni, con poco fondamento in questi popoli, che per esser di poco numero, la più parte pescatori et mall’avvezzi nell’arte militare, e per i progressi dell’inimici di tal maniera inviliti, che nulla o poco in loro posso sperare, com’anco di questo n’ho dato parte all’eccellentissimo generale Zane. Per il che riverentemente la supplico d’ordinare che sii provisto dell’accennata artigliaria di quattro o sei bombardieri, et almeno d’una compagnia de soldati, acciò occorrendo il bisogno possi far quella diffesa che si conviene per conservarle questa fortezza per il sito, per il porto, et per altri degni rispetti di tanta consideratione, rimettendomi sempre al maturissimo consiglio della Serenità vostra. L’armata nemica s’è ritirata nel porto di Brindisi, coma dall’inclusi costituti potrà vedere. L’altri hieri, essendo andata una feluca de spagnoli a spiar della nostra armata alla Pelagosa, fu assalita da una delle mia barche che tengo per quest’acque per far scoperta de nemici, e doppo l’esser stato uno de loro ferito, gli fu data la caccia, che non potendo più fugire fu necessitata entrar nel porto, quali non ostante haver tirato un moschetto da ziogo per sicuranza furono fatti tutti prigioni alla suma di 13 persone, tutti armati d’arcobuggi et armi da filo con fochi artificiali, et anco con doppi armiri, quattro de quali ho mandati all’eccellentissimo generale, acciò possi costituirli, gl’altri con bona guardia faccio conservare sino ad altro ordine di Sua eccellenza. Di questa felucca me ne servirò per mandar spiando per quest’acque, che questo è quanto per ora mi occorre dire alla Serenità Vostra. Gratie.

Lesina, 23 luglio 1617.
[Post scriptum:] Per lettere dell’illustrissimo di Curzola con avvisi di Brindesi mi da parte che l’armata spagnola vuole venire ad assaltare questa città e fortezza con scalate. Però Vostra serenità resterà servita d’ordinare che sii subito provisto di quanto desidero.
Gieronimo Donado conte e proveditor.

Allegati: costituto di due prigionieri, marinai di una feluca della flotta spagnola (n°1).

Allegato n°1

In lettere di Liesena de 23 luglio 1617.
Adì 22 luglio 1617. Liesena, verso sera.
Constituto in [?] alla presenza dell’illustrissimo signor Gieronimo Donado conte e proveditor di Liesina, Anastasi Jomenitti di Zuanne dal Zante, fu interrogato: da dove viene et come è qui capitato. Rispose: dirò particolarmente il tutto, fui con l’armata spagnola, et da doi medi che commando sopra la loro felucca doppo che manco da Napoli, con la quale felucca giovedì passato hoggi terzo giorno circa un’hora di notte fu spedito da quel generale di reghentini in compagnia d’unaltra felucca, et quattro brighentini per andar a Fiume et starsene ivi per combattere con ordine che haveva detto generale de brighentini, et come partissimo da Rodi, tutti noi predetti con la 3° felucca picola appresso, io immediate havevo pensiero sbrazzarmi da loro per andarmene al Zante mia patria, overo a Venetia, dove mi son maritato, che ho la moglie et tre creature. Interrogato rispose: doppo che manco da Rodi non son stato in terra in altro luoco, che hieri a due hore di giorno alla Pellagosa, venuto ivi per fortuna da Grego Tramontana, che ho havuto a perdermi quasi perché dissegnavo, immediate venir qui et presentarmi all’eccellentissimo signor proveditor generale, ma la passata notte, essendo così alla Pellagosa da due barche mi fu dato assalto con buone archibuggiate, per causa delle quali me posi in fuga immediate, et arrivai qui a questa hora, che sono le 24 in circa. Interrogato rispose: doppo che mi son partito et sbrazzato dalli predetti quattro brighentini et due altre felucche da Rodi, non ho toccato alcun altro luoco che a Pellagosa come vi ho detto, et li già detti altri senza fallo devono andar verso Fiume. Interrogato rispose: tra tutti questi che vi sono inviati verso Fiume pono essere da tre cento persone in circa de diverse nationi, che portavan grandissima quantità d’armi et fuochi artificiali, et in particolare otto petardi, che dicevano portare per prender Rovigno, et altri luochi per Istria, il che da me saputo mi son sbrazzato da esse, come vi ho detto, et venuto a questa volta. Interrogato rispose: siamo dodeci in questa mia felucca de greci, dua dal Zante, uno da Parisi, dua inglesi, et altri napolitani, uno de quali è stato ferito d’archibuggiata, mentre l’armata spagnola s’attrovava a Sant’Arcangelo da quelli di terra. Interrogato rispose: tutti questi miei compagni, come scopersero la mia intentione, si contontorno venire meco, perché alquanti altri delli medesmi brighentini at filucche sono fugiti via a Pestici lunedì passato doppo che manchemo da Rodi, non piacendoli andare in corso per timore dell’armata venetiana. Interrogato rispose: non ho alcuna sorte di lettere, né fedi, né vedo che gli altri ne habbino. Interrogato rispose: io mi trovavo con l’armata spagnola con occadione che navigar col vassello venetian patron Pellegrin de Rossi per nocchiere, et arivati a Brindici d’Alessandria con carico per Venetia, ci trattenne il Duca d’Ossuna, et fece scargarci il vassello già 4 mesi sono, et coì da quella volta mi ha trattenuto con dire di mandarci in corso in barbaria, et vedendo io al contrario la detta armata che hebbe ardire di navigar et far danno con i […] in questi mari, presi questa rissolutione come ho fatto di fugirmene, et stare all’obedienza del mio prencipe, et per godermi con le mie creature. Interrogato rispose: la mia moglie ha nome Betta di Francesco da Padova, habita a Venetia in corte de Ca’ Gritti a San Martin, che tanti di questa nostra armata venetiana mi conoscono, anzi un mio fratello et il fratello della mia moglie servono la detta armata venetiana, er per mostrar la mia fedeltà son venuto come ho esposto, et volutovi far questo affronto di condur meco questa filucca, ed d’altri ch’erano in quella pur che Sua eccellenza illustrissima mi facia andare, non più che con due galee, et vedrà se farò far presa delli [?] brigentini et filucche che doveranno navigare a tera una sino in Ancona, per poter passar una notte la banda verso Fiume per il conseglio che facevano, et non bisognarebbe induggiare che volesse prenderli. Interrogato rispose: commanda questi brighentini et filucche un inglese per nome Ruberto, [?] luterano, anzi già otto giorni sono fuggite le altre due filucche sotto vento, non sapendosi la certezza verso dove. Interrogato rispose: l’armata spagnola s’attrova a Brindici quella sola che se fece veder de [?] li dì passati al numero di 33 galee et disdotto vasselli, tra grandi et picoli, et una tartana senza che vi sono sopragionte altre galee o vasselli per accompagnarsi insieme, né meno si diceva che doveva venirli altro rinforzo. Veramente questi hanno gran gente in particolare sopra le galee, et sopra li quattro galeoni più grandi, che sono ben armati, ma gli altri non così essendo li loro pezzi la maggior parte di ferro, ma credo che adesso s’attrovano da mille amalati, che hanno sbarcato a Brindici prima che furono ultimamente in queste acque, quando erano venuti per investir la nostra armata venetiana, la quale se havesse voluto prendeva tutti li loro galeoni, che erano rimasti per un giorno et una notte quasi in Bonazza, perché le galee si erano inviate verso le basse per prendere le galee di mercantia, per la nuova che havevano havuto da quelli delle barche da loro prese, non sapendovi dire che pensiero ha la detta armata, quanto a me giudico che più tosto potria cornar de qui di nuovo, che altrimenti. Interrogato et in relatione disse questo generale che commanda questi breghentini et filucche, fu spedito dal generale di quella armata per passarsene a Fiume et come fussimo a Rodi circa la 3 hore verso sera, vedendosi una barca in terra che veniva dalle peschere, subbito questo che commandava ai detti brighentini mi mandò con la mia filucca et compagni per riconoscer la detta barca, come feci, anzi per più facilmente fugire volsi andare il patrone de detta barca dal predetto nostro generale per constituirlo, acciò con l’occasione di tornarlo a buttar sopra la sua barca et che intanto si facia scuro che posso più facilmente sbandarmi et fugire, come ho fatto. Et fatteli diverse altre interrogationi rispose: non ve so dire più di quello che ho narato. Le qual cose havute fu d’ordine di Sua signoria illustrissima insieme con altri suoi doi compagni in tutto tre, inviato a Sua eccellenza illustrissima in custodia del governator Pavcovich d’Almissa.
Imediate.
Constituto in [?] alla presenza di Sua signoria illustrissima un huomo di honesta statura, di età d’anni 40 in circa, con barba rossa, vestito da marinaro et sca[?] fu interrogato del suo nome, cognome, patria, et essercitio. Rispose: ho nome Antonio Menero da Juvente discosto da napoli 24 miglia et son marinaro. Interrogato rispose: vi dirò, essendo patrone della filucca spagnola, il mio capitan mi disse, voglio che andiamo a Venetia, overo all’armata, dove haverne cento scudi di beneraggio[?] et cinque scudi al mese, havendomi ciò detto più d’un mese fa a Brindici, né prima havemo potuto fugire, perché il capitano delli breghentini ci faceva stare legati alla sua puppa ogni sera. Interrogato rispose: giovedì la sera mentre il capitano delli 4 breghentini et tre filucche compresa la medesma s’attrovavimo a Rodi, per passar a terra via sino in Ancona et poi a Fiume con diverse sorti d’armi et monitioni per dar credo alli uscochi il mio capitano per nome Anastasio, che è greco ma non vi so dire da dove, ha ben moglie et figlioli a Venetia per quanto egli mi ha detto con occasione che il capitano delli detti brighentini ci mandò con la nostra filucca a riconoscer una barca ch’era li vicino in spiazza, noi andassimo et doppo che li conducissimo, il patron di quella per pigliare il suo detto, nel gettar d’intorno sopra la sua barca esso patrone cieca una hora di notte, detto capitan Anastasi mi disse, patron Antonio hora è tempo di quello vi ho parlato, da dove si partissimo per venir qui a Liesena a trovar l’armata venetiana et che esso capitano Anastasio si facia dare da Sua eccellenza due o tre galee per prendere questi breghentini, et filucche, che sono andati a terra via verso Ancona per andar a Fiume. Interrogato rispose: hieri circa le 20 hore per fortuna di [?] Tramontana arivassimo alla Pellagosa, dove verso sera venne una barca con salumi, che dicevano passar a Besti, la qual andassimo per riconoscere et poi entrati tutti nel porto mangiassimo insieme, poi circa un hora di notte, venuta una barca ben armata cridandoci ferma canaglia, et cominciano trarci dell’archobuggiate, et da quella prima le sassate, che con una fui colto nella spalla sinistra, onde anco dalla nostra filucca fu da uno napulitano per nome Horatio sbarrata una archobuggiata in aria, ma non per ammazzare alcuno, se non per poter più sicuramente fugire, come salpando facesimo la vella et venissimo a drittura in questo porto a forza di remi per trovar l’armata venetiana. Interrogato rispose: siamo dodeci in tutto tra marinari, et soldati in questa filucca, tre greci col detto capitan Anastasi, due inglesi che quella sera ci havea dati il capitan delli breghentini per andar in terra, uno siciliano, et gl’altri napolitani. Interrogato rispose: ho moglie nel mio paese con quattro creature maschie et due femine. Interrogato rispose: se ben son maritato, et ho queste creature, son fugito sopra la parola del detto capitano Anastasi per aiutare con quello mi fosse dato la mia famiglia, perché mi facevan servire di bando con quella armata, per pativo fame a Brindici facendomi sbrusciare la vita da cane col vogare. Interrogato rispose: non havemo lettere né altre fedi perché le filucche servono li breghentini, ne meno havemo l’insegna, né bandiera, che questo non portamo. Interrogato rispose: in dieci giorni sono fuggite due altre filucche, che una in mezzo Colfo, et l’altra quando ultimamente fu l’armata spagnola sopra Lissa, tutte due la seconda fiata, che fu essa armata de qua via, et della 3° filucca a Pestici la gente scampò in terra, che all’hora fugivan ivi dalla mia due, un soldato et un marinaio, et dalla para mia scamporno tre marinari et un soldato et di quella piccola sei, uno di quali fu preso da quelli della terra per esso vecchio et lo condussero al capitano de breghentini, il qual lo [?] rada[?] et darli doi cento bastonate sopra la panza et schena. Interrogato rispose: sempre capitan Anastasi predetto è stato meco in questa filucca da 26 di maggio doppo che mandemo da Napoli, et dieci giorni passati che il d’Ossuna l’ha trattenuto. Interrogato rispose: quello che commanda alli breghentini et alle filucche è un certo inglese per nome Ruberto, con intentione d’andar con noi insieme in barbaria per depredare, et pigliar alcuni sopra certa fiera, et poi ha voluto venire con l’armata venetiana, che per questo siamo fugiti, perché detto Anastasi manco sui havea alcun perio per il servitio in essa filucca per la qual tansa è anco fugito et per trovare li suoi a Venetia. Interrogato rispose: questi altri della filucca non giudicavano da principio, che noi dovevimo fugire per queste parti, ma per il concerto fatto tra me et esso Anastasio con gli altri due greci li dicessimo l’animo nostro, finalmente si contentorno tutti, né ci restava altra paura se non che ci incontrasse qualche barca armata, acciò non fossimo ammazzati, ma poiché arrivassimo in questo porto tutti restassimo allegri. Interrogato rispose: a mio giuditio l’armata spagnola s’attrova a Brindici, né vi è venuta altra armata ivi per quanto posso sapere, perché noi con le filucche et breghentini non siamo stati insieme ultima volta a Brindici con essa armata, la qual a lascio per occhio in mezzo il mare perché si continui il viaggio per Fiumme, verso dove haverà ordinato il duca d’Ossuna che si vada, dove non volendo noi andare fugissimo per venir di qui come vi ho narato. Interrogato che dica il nome di tutti questi della filucca ad uno per uno, particolarmente rispose: di quelli greci uno Zorzi, l’altro Antonio, dell’inglesi non so, quel siciliano Vicenzo, li napolitani uno et l’altro Anniello, terzo Sappatello quondam Horatio, et dell’altro non so. Interrogato: essendo tu il patrone della detta filucca, et essendo sottoposti a te li compagni, et non li sai il nome, però dilo per meglio spontaneamente perché la giustitia te lo farà sapere in un altro modo. Rispose: non so dirlo per che l’imbarcai quella sera come vi ho detto. Interrogato dicens: quel ferrito ha nome Giulio et fu offeso appresso Santo Arcangelo ultima fiata che fu ivi l’armata spagnola da quei de terra. Le qual cose havute fu d’ordine di Sua signoria illustrissima fatto poi in pregione per ogni buon fine.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.