21 maggio| 1647 Gerolamo Correr
Dispaccio del 10 agosto| 1647|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
non ho per anco veduto a comparir qui alcuno di quei Morlachi venuti alla divotione di Vostra Serenità, et portatisi ultimamente con le loro famiglie et animali, in questa provintia, né messo da Puola me n’è stato sin qui fatto imaginabil motivo, né risposto alle mie lettere, scritte in questo proposito a quell’Illustrissimo Rappresentante. Io però, per ben essequire le publiche commissioni, non tralascio di andar disponendo la continuatione di quegl’ordeni che stimo più proprii, col fondamento del pratticarsi ne’ tempi andati, in occasione della venuta in queste parti d’altri nuovi habitanti, perché, capitati da me essi Morlachi, restino per i buoni trattamenti et per l’aggevolezze maggiori pienamente consolati et contenti, et si avvidino di esser gionti sotto ad un felicissimo cielo, fatti sudditi d’un benignissimo et clementissimo Prencipe. Così riffletendo io con tutta mia applicatione all’importanza di quest’affare, ho procurato in primo luoco di penetrar la cagione, perché queste non si siano fin’hora portati all’obedienza di questo Reggimento; et m’è pervenuto all’orecchio che restino fermati da diversi particolari, che pretendono tenerli al loro servitio come lavoratori e coloni, trattando seco con patti et conditioni molto vantaggiose a’ propri interessi, ma non so quanto poi per avventura proficui a Vostra Serenità, mentre in questo modo non liberi et investiti de’ publici terreni, ma servi et destinati a travagliare per altri in colture, non credo che ciò fosse per valere d’invito al resto di questa natione per portarsi ad abitar in questa provintia.
Se si fossero dopo lo sbarco condotti a drittura alla mia presenza, gli haverei fatta consapevole la publica intentione, offerteglile investiture de’ beni, e se poi havessero stimato meglio per loro trattenersi al servitio di qualche particolare, haverebbeno elletto quel partito che più gli fosse piaciuto; ma l’haver, prima di venir qui, trattato et forse anche concluso con privati quello che qui a punto dovevasi stabilire, io non lo credo aggiustato all’interesse di questi poveri sudditi, come meno certo al servitio di Vostra Serenità. Penetrerò più oltre con le diligenze per più distintamente saper il tutto, altro io non bramando che d’incontrare nella sodisfattione e nel serviggio di Vostre Eccellenze.
Circa il sitto et qualità de’ terreni che si potessero assegnare a questi Morlachi, così col dovuto riflesso di quello comple a Vostra Serenità, come per quello riguarda il commodo loro, sarebbe desiderabile che lungi dal mare, sparsi nel più interno della provintia, stabilissero le loro case, perché divisi et mischiati con gl’altri sudditi, si renderebbe più sicura la loro fede, et ritrovando terreno più fertile con pascoli et con acque sortive, vi si fermerebbero molto più volentieri; ma veramente, sì come nei territorii di Puola, San Lorenzo, Parenzo et Humago vi saranno a sofficienza terreni, e per queste e per altre fameglie che colà capitassero, così nel resto della provintia, senza pregiuditio de’ vecchi habitanti, non veggo ricovero per questa gente, quando ad altre fontioni che di coltivar la campagna non fossero destinati, o da se stessi s’impiegassero in qualche mecanica proffessione che sapessero essercitare. Rappresento a Vostre Eccellenze, in obedienza de’ publici commandi, quello che in questo proposito stimo coferente a beneficio di cotesta Serenissima Patria, a cui bramarò sempre, con l’essercitio de’ miei deboli impieghi, riuscir fruttuoso. Gratie.
Pinguente, 10 agosto 1647.
Girolamo Correr, Capitanio di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 41.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.