21 maggio| 1647 Gerolamo Correr
Dispaccio del 6| settembre| 1647|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
se bene per stabilire alle quaranta nove famiglie Morlache le loro habitationi in questa provintia io non ho mancato delle applicationi et diligenze maggiori, confesso però a Vostra Serenità non haverne riportato intieramente quel frutto che grandemente desideravo, per poter distribuire i terreni alle sodette famiglie con fondamenti più chiari, et senza dubio di pregiudicare a’ vecchi habitanti; ma mentre da Puola da quell’Illustrissimo signor Conte e Proveditore mi sono stati scarsamente somministrati quei lumi ch’erano necessarii, et ch’io gli ho rischritti con replicate lettere, ho convenuto da diversi di quella parte, et altri della provintia, mendicarne le informationi. Così in questa Cancelleria pure, dove distintamente si doverebbe vedere o in disegni, o in scrittura almeno, tutt’i territori che di publica ragione sono stati sin qui assegnati et restano da distribuirsi a’ nuovi habitanti, altro non osservo in questo proposito che in confusione molte investiture fatte in varii tempi, ne’ quali par anco sia stato disposto di qualche parte di quei terreni medesimi hora in generale da me concessi al Capo Zuppanovich, onde per questa causa nell’investitura fattagli, ho salvate le ragioni a quelli che ne potessero havere. Se io havessi creduto, che il differire a concedere ad esso Zuppanovich, et che quanto mi ricchiedevano, et li è stato promesso dall’Eccellentissimo General di Dalmatia, non fosse riuscito di publico pregiuditio, molto volentieri l’haverei fatto; perché a questo modo con maggior fondamento, senza ombra di pregiudicare ad alcuno, haverei loro conceduto i terreni c’hanno riccevuto; ma di conseguenze troppo importanti, ho stimato l’induggio nel consolarli; amonito da quello, che a punto in altri tempi è accaduto, et in particolare nell’anno 1634, mentre mal sodisfatti alcuni Morlachi venuti alla publica divotione sotto un tal Capo Milinco si portorono nel Paese Cesareo, per non haver potuto per pretensioni dell’Illustrissimo signor Marco Barbarigo, fermare la lor stanza nella Contrada di Castagnizza, ch’è quella medesima hora con altri luochi promessa al predetto Capo Zuppanovich. Io non so, né qui si veggono le ragioni del detto Illustrissimo Barbarigo; ben suppongo perché all’hora fossero giuste, mentre in espresso è stato da cotesto Eccellentissimo Senato commesso al Capitanio di Raspo, in ducali di primo febraro 1634, di far partire dalla predetta contrada di Castagnizza il predetto Milinco, et assegnarli altri beni; fu esseguita, et veramente con eccedente rigore, la publica volontà, et concessoli in cambio il Carso di Santa Dominica delle monache di Puola, terreno montuoso et sassoso, non habile alla coltura; onde quei nuovi habitanti, credendosi come scherniti, et concambiatili i buoni terreni in sassi et diruppi, abbandonorono questo Stato.
La somma prudenza di Vostre Eccellenze, con cui tutto veggono, conosce anco senza dubio, quanto rilevi in quest’importantissime congionture consolar questa gente, che piena di fede e divotione s’è portata sotto il vessillo di cotesta Repubblica Serenissima.
I beni de’ quali sono stati investiti, eccettuate le montagne, per li pascoli de’ loro animali, sono certamente la maggior parte inculti et spinosi; onde se bene vi fossero altri anticamente investiti, decadono dal possesso, non havendoli coltivati dentro il termine dalle leggi prescritto, come ho veduto in questo proposito nel deliberato dall’Eccellentissimo Senato l’anno 1582, dopo haver in contradittorio giudicato udite le parti, cioè i nobili, cittadini distrittuali di Puola da una, e dall’altra i Cipriotti, et nuovi habitanti.
Quanto a quella parte de’ terreni che fossero lavorate, si essibisce il prenominato Capo Zuppanovich con gl’altri compagni di prontamente pagare a’ patroni l’affitto, come nella loro supplicatione, che ho trasmesso a Vostra Serenità in mie riverentissime di 13 del caduto. A che suppongo siano volentieri per assentire i medesimi patroni, mentre dall’opera et dal lavoro di questa gente saranno ben certi di migliorare la conditione de’ loro fondi.
Nelle medesime mie di 13 ho accennato a Vostre Eccellenze che le montagne concesse loro, per nutrire i suoi animali, sono di ragione di questo Capitanato, et sono state affittate sempre pro tempore da chi s’è ritrovato a questa Reggenza. Hora le aggiongo, come per le stesse (han) contribuito a Vostra Serenità lire correnti de piccoli cento e (cin)quanta, cioè per quella di Tribglienizza lire cento et quaranta, et per quella di Valbona, overo Dobardol et Orgliach, come loro la dimandano, lire dieci, che in tutto rilevano la somma delle dette lire cento cinquanta. Il di più dell’affitto, che comprese diverse regalie, può ascender dall’importare de’ ducati cento cinquanta, è stato sempre di particolar ragione del Capitanato di Raspo, come utile spettante a questo Reggimento. Tutto sinceramente rappresentato a Vostre Eccellenze per quelle deliberationi, che pareranno alla loro prudenza.
Circa poi a quanto vien supplicato dalli sodetti Morlachi, così d’esser proveduti per il vito per anni tre, come d’istrumenti rurali, per lavorar le campagne, de’ animali bovini, per quelle delle loro famiglie che se fossero mancanti, et di legname per costruire le loro case, io porterò a Vostre Eccellenze, col fondamento dell’uso della ragione e delle congionture presenti, tutto quello che stimarò conferente al servitio publico.
Osservo ne’ tempi andati che questa gente è stata altre volte sovvenuta dalla benigna mano di Vostra Serenità per il loro sostentamento, e trasmesso per quest’effetto danaro al Capitanio di Raspo, come particolarmente in ducali di 7 giugno 1634 e 28 genaro 1638 si può vedere; ma in questa occasione essendo già stati proveduti dall’Eccellentissimo signor General di Dalmatia di cento e due stara di miglio, alla restitutione de’ quali, mentre mi sono obligato nel termine d’anno uno, non doverebbero circa il vito dimandar di vantaggio, perché se nel corso d’un solo anno pretendono d’esser in stato di far questa restitutione, tanto più devesi credere che haveranno anco il modo per il loro necessario alimento; tuttavia rifflettendo nel proffitto, che col render intieramente sodisfatte costoro, può riceverne il publico, crederei che con un’altra soventione di qualche ducento stara di miglio, o altra mistura, si potesse supplire al loro bisogno.
Quanto agl’istrumenti rurali, questi veramente in molte occasioni sono stati somministrati a diversi nuovi habitanti, et veggo decretato da Vostre Eccellenze, in ducali di 7 giugno 1634 et di 18 decembre 1638 registrate in questa Cancelleria, la quantità di essi istrumenti che fosse ragionevole di distribuire alle preaccennate quaranta nove famiglie, crederei, che per l’informationi che tengo da’ periti Bifolchi, potesse aggiustare al numero degl’huomini da’ fatti che si ritrovano nelle famiglie medesime, et mentre questi, per la nota mandata dall’Eccellentissimo signor General di Dalmatia, ascendono il numero di sessanta sette, una provisione d’un zappon et un roncone, d’una starpazza et una manara per ogni testa, et ogni quattro huomini un versone, sarà sofficiente alle loro occorrenze; la qual spesa, quando di qui si dovesse fare, rileverà ducento cinquanta ducati in circa.
Per supplire poi al bisogno delli animali bovini, per quelle famiglie che non ne havessero, essendone state condotte più di mezo migliaro, parmi che in tanta quantità quelli che ne abbondassero doverebbero a gli altri somministrarne, et ben intendersi tra di loro; niente di meno, mentre Vostre Eccellenze risolvessero di concederle il noto, crederei che il consolarli anco in questa parte fosse conveniente et proficuo, concedendo in tal caso un animale per cadauna famiglia che ne fosse mancante.
Per il taglio de’ legnami pure che nel bosco di Puola, di publica ragione, et altri luochi circonvicini, ricercano per fabricar le loro case, quando non si tocchino quelli buoni, o che possono farsi tali, per la Casa dell’Arsenal, mi paiono degni della publica permissione, mentre senza questa non potrebbeno certamente costruire le loro habitationi; la qual provisione stimo tra le altre una delle più necessarie et proficue insieme per la preservatione di questa gente, acciò in questo modo possino riparar se stessi et i proprii animali dall’ingiurie di quel cielo, che per la mala intemperie dell’aria cagiona et a huomini et a bruti infinite male influenze.
Tanto humilmente esprimo a Vostre Eccellenze in obedienza pontuale de’ loro commandi, capitatimi se non hieri l’altro, in ducali di 24 dello spirato. Per adempimento pure delle precedenti dei 18, porto alla Loro notitia il più mero delle genti fin’hora gionte in provintia essere da’ fatti sessanta sette, putti ottanta due, di femine cento settanta quattro; de animali, cavalli cento e ottanta, bovini cinquanta cento venti otto, et peccorini tre mille settecento e cinquanta. Sono in oltre posteriamente capitate altre quattro famiglie con persone quaranta una, senz’animali di sorte alcuna. Gratie etc.
Pinguente, 6 settembre 1647.
Girolamo Correr, Capitanio di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 41.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.