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1635 Francesco Basadona

Relazione

Relazione di Francesco Basadona 1635

 

1635 primo dicembre. Letta nell’eccellentissimo Senato. Relatione dell’eccellentissimo signor Francesco Basadona fù inquisitor in armata

 

Serenissimo Prencipe 

L’armi marittime dell’Eccellenze Vostre che gloriose per segnalate attioni, si sono nel corso de questi secoli nell’opinione del mondo mantenute  formidabili, oscurata ne’ presenti tempi la fama dell’antico valore, servono per la maggior parte, se non a innutilmente consumare il publico errario, a inferrire in più maniere danni notabili a’ sudditi et ad eccittare il giusto sdegno della divina maestà, et se non proprie ressulutioni non saranno dalla prudenza singolare dell’Eccellenze Vostre nel loro primiero stato rimesse, ammaestrando l’esperienza non havere le possate per più cause giovato oltre li danni che per la perdita della navigatione con l’incaminamento delle scale estere, rissentirà sempre maggiore il publico nella diminutione delle rendite, et li privati nelle proprie facultà con molti altri rillevanti pregiuditii assai ben’ noti, le incursioni e le depredationi non dirò d’armate numerose, ma de soli corsari potranno esser facilmente tentate ne’ convicini lochi et in faccia di questa città.

Versarà il presente mio breve discorso sopra tre capi; nel primo rappresentarò il stato, nel quale ho ritrovato l’armata, nel secondo in quello che io l’ho rimessa, et il terzo contenirà l’inconvenienti penetrati et li miei riverentissimi sensi che in essecutione di quanto tengo in commune, stima la mia debolezza proprii per fermare in qualche parte almeno il corso a tante corruttioni. Humilissimamente supplicando l’Eccellenze Vostre, e particolarmente quei prestantissimi senatori, quali nella età con tanti dispendii et meriti singolari hanno in più tempi esercitata la loro esprimentata virtù in carichi grandi sopra queste armi, che compatendo la mia innesperienza in tutti li maneggi, et specialmente nelli marittimi non più praticati da me, se non in questa odiosissima carica d’inquisitore (adossatami con comminationi de gravi penne) a compiacersi gratiandomi della loro benignità escusare gl’orrori che io potessi prendere.

L’armata suttile in numero de 22 galere compresovi quattro fanò fu da me nell’ingresso della mia carica rassegnata et pagata nel porto di Zara, primieramente per debita essecutione delle leggi cassai quelli nobili che non ritrovai servire attualmente, et fatti li debiti reflessi ritrovai li capi de provisionati, la soldatescha, li bombardieri di qualità tale, che come ne ho conosciuti puochi atti al servitio con della maggior parte delle galere de signori sopracomiti potevasi stimare all’occasioni che fossero sopravenuti d’adoperar l’armi esiti se non infausti e lacrimabili. 

Haverei costato più numero di dette genti di quello che feci, ma per non lasciar la maggior parte delle galere senza custodia convenni astenermene.

Delli marinari per l’informationi prese ve ne erano diversi di valore et di molto merito, ma di numero in maniera ristretto, che veniva perciò stimato che li naufraggi d’alcune galere fossero per tale causa successi.

Le munitioni, li fuochi artificiali, l’artegliarie, suoi apprestamenti, et l’armi d’ogni qualità di publica raggione erano in diverse galere maltenute; molti moschetti corti di canna et imperfetti, oltreché non essendo tutti d’una sagoma le balle in qualche galea dispensate a’ soldati, non entravano ne loro stessi moschetti.

Nella maggior parte delle galere si ritrovavano notati quattro o sei sino otto pescatori, parte con paghe de scapolo et parte di compagno, sebbene non servivano ad altro che a pescare, era incoveniente considerabile, perché applicavano il loro servitio se non a utilità particolare de padroni, da diversi de quali li venivano anco affittate le tratte, et quando occorreva viaggiare, si lasciavano questi per il più hora in una parte, hora in un altra, dove le pescaggioni potevano seguire più abbondanti, et era anco introdotto che, mentre le galere si partivano da Corfù per Candia o per Dalmatia, se li permetteva il restarsene come più li piaceva a solo fine di pescare, per la qual causa veniva a restringersi il numero nell’armata tra soldatescha e marinari in più di centocinquanta. 

Ne seguivano inoltre altri disordini notabili, perché mentre ritornavano da luoghi di terraferma turcheschi, dove per ordinario sogliono seguire le pescagioni, non solo vendevano il pesce a modo loro senza alcuna sopraintendenza con diversi pregiuditii publici e privati, ma non rendevano alcuna obbedienza all’offitio della sanità, sebbene venivano da luoghi sospetti d’infettione, da quali conducevano anco passeggieri con perturbatione grande degl’animi de sudditi per li pericoli manifesti, che correvano d’appestarsi.

Ho divertito quanto più ho potuto queste per più rispetti dannabili introduttioni, ma presunto che habbino ritornato a rimettere le radici.

Levai li depositi de condannati, che per favori a pregiuditio d’altri sopracomiti si ritrovavano in alcune galere notati ne libri a parte, facendoli riponere sopra quelle che ne tenevano maggior bisognio, et fatte che io hebbi le dovute considerationi sopra il stato dell’armata d’all’hora, così in numero come in qualità de genti manifestamente conobbi, eccettuati li signori capi da mare, che le diciasette galere de signori sopracomiti assai ristrettamente si potevano riddure in dodici ancon non molto ben armate.

Ne’ pagamenti seguiti feci conforme alle leggi, et particolarmente in essecutione della parte 1627, dispensare li reali a lire otto, et perché le genti delle galere li havevano riceuti dalli loro padroni a più alto valore, ho voluto che tanto gli vaglino nella restitutione, et fatti portar li libri che contenevano indifferentemente li debiti d’ogn’uno alla mia presenza, ordinai che nelle rassegne fossero aggiustati a tutti li suoi conti, acciocché anco (come seguì) restasse in loro potere l’avanzo delle paghe, il che successe con indicibile consolatione di quelle miserabile genti, havendo io questo istesso stile sempre, che m’ è occorso di far paghe osservato, et in loco de nonantasei mille ducati, che si stimava andar l’armata sottile creditrice, con cinquantadue mille restò totalmente saldata, oltreché rimase anco nella cassa dell’illustrissimo signor proveditore d’all’hora Moresini, detratte l’intiere sue paghe e  panatiche, ducali due millia e settecento.

Né certamente li miei ministri hanno preso alcuno errore né in questo né in altri conti in tale proposito mandati, come si esibiscono di far sempre, che saranno ricercati chiaramente conoscere, sebbene, per quanto intendo da altri ministri di qui, è stato fatto apparere a questo eccellentissimo Senato in diversa maniera, perché hanno nelli conti d’esso gentilissimo Moresini computate (come essi stessi hanno detto) anco le dispense della vachetta, ancorché non possino per esser’ prohibite dalle leggi compensarsi nelli conti massime quando si dispensano le monete per propria utilità a più alto valore di quello che l’Eccellenze Vostre commandano, dovendosi distribuire il publico dannaro non in vachette a parte tenute, ma in paghe ne libri maestri, da quali (come conveniva) li miei ministri hanno cavato li conti che mandai, il che sia solamente detto a fine di far conoscere all’Eccellenze Vostre, che né io nel scrivere né miei ministri nel far detti conti hanno errato.

A Zara medesimamente diedi principio alla rassegna delle barche armate, le quali, sebbene non potei rivedere tutte, rispetto che pagate ch’io ne hebbi undici del numero de ventiquattro che erano, l’Eccelleze Vostre mi commisero che tralasciando qualsi fusse negotio in Dalmatia dovessi con ogni possibil celerità passarmene a Corfù, ho nondimeno in brevità di tempo anco nelle rassegnate ritrovato considerabili difetti. Molti soldati non erano disciplinati malissimo all’ordine d’armi, buona parte delli medesimi erano sudditi di Vostra Serenità, sebbene tutti conforme all’obligationi di capitani doverebbero esser tratti dal paese turchescho, et in sostanza per il maggior numero puoco atti a prestar quel buon servitio che per aventura viene stimato.

Delle undici ne ho, conforme l’auttorità che tenevo, regolata una d’un certo capitano instituito senza ordine alcuno di questo eccellentissimo Senato, quale con malissima sodisfattionedi quella soldatescha s’intitolava sergente maggiore, carica che non è stata in alcun altro tempo esercitata sopra quelle militie, et li soldati di essa barca furno rimessi nell’altre rassegnate in loco delli sudditi licentiati.

Ho ritrovato notati per soldati nell’istesse barche buon numero de capitani et altri riformati offitiali con assegnamento di proviggione, mentre servono si fanno questi rolare non con fine di servire, ma a solo effetto di adempire in apparenza le condittioni delli assegnamenti, et perché questi se ne stanno alle loro case, resta considerabilmente dimminuito il numero de soldati da fattione, et consumata innutilmente grossa somma di dennaro in modo che riuscirebbe di publico servitio o che non havessero l’obligo di servire ovvero non fossero rollati in dette barche.

Era introdotto dar le paghe intiere de soldati morti e falliti a capitani, non calculandosi ciò che di detta raggione potessero andar creditori, nel qual abbuso non havendo io voluto continuare, vengo ad haver avanzato al publico nelle predette undici barche doi mille seicento reali, ne’pagamenti delli quali sono stati dispensati a lire nove, essendo stato posto l’utile in Signoria, et per la sodisfattione d’altre barche che restavano a rassegnarsi et pagarsi feci esborsare il dennaro alli ministri d’illustrissimo signor generale di Dalmatia.

Nel rolo della barca del capitan Marin Pinci che serviva in Levante mi trovai annotati ottanta soldati, ventinove de’ quali apparivano essere Italiani da esso capitano né da’ suoi offitiali non conosciuti eccettuati doi, siccome in mie littere de 20 marzo 1634 ne raguagliai l’Eccellenze Vostre, et il dennaro che per l’accrescimento de soldati italiani contro gl’ordini publici sopranumerarii viene il publico haver ricevuto, fu da più ministri ritrovato importare per la summa de ducati milletrecentoquarantasette senza il bischotto.

Li sudditi poi grandemente si dogliono delli danni che ricevono dalli soldati delle medesime barche, particolarmente nelli luoghi convicini, dove sono mandati in custodia, et per quanto mi viene rifferto riescono insoportabili, perché li levano la robba, parte a violenza et parte con ristretto pagamento, essendomi anco pervenuto all’orecchie che qualchedun de capitani habbi fatto raccolte de animali trahendone utilità col tenergli sopra scogli di Zara, lamentandosi anco grandemente quelli poveri habitanti che in essecutione di certa terminatione antica li sia levata grandissima quantità de capretti et agnelli a prezzo de 24 soldi per cadauno et medesimamente li castrati a vilissimo prezzo, bramano li miserabili che questa introduttione, a tanto loro danno et pregiuditio, della suprema auttorità dell’Eccellenze Vostre sia levata.

Giunsi a Corfù a 24 di maggio, ne potei immediatamente dare essecutione alle commissioni dell’Eccellenze Vostre intorno il disarmamento delle due galeazze per il rinforzo delle sottili, rispetto che con l’un’ come l’altre tardorono molto tempo a capitare doppo l’arrivo mio a quell’isola.

Furono di subito comparse fatti li conti alle galiazze tanto invecchiati li fondi di gisse d’armizi, si rivedero l’armi, munitioni e prestamenti di ogni sorte, riconobi li marinari, soldatescha, bombardieri et ogni altra qualità di genti ad uno per uno per cassare gl’inutili, et scelger li migliori, distribuendoli poi a misura del bisogno nelle galere sottili, come segui anco dell’armi levando l’imperfette.

Feci medesimamente ripartire li galiotti di libertà sopra le galere sottili, aggiustati prima gl’interessi per l’assicuratione de capitali che importavanopiù dell’assegnamento delle sovventioni, et anco per riverente essecutione degl’ordini dell’Eccellenze Vostre ordinar la giusta compartita de galeotti sforzati pure sopra ogni galera. Et doppo effettuati tutti questi particulari, pagate le genti delle medesime galeazze, rassegnai poi tutte le  sottili havendo voluto rivedere la qualità delle loro genti, armi et munitioni, le quali ritrovai per il più nell’ordinario malissimo suo stato, et mentre non fossero state rinforzate con le genti delle galeazze, non haveriano certamente potuto per la maggior parte resistere a qualsisia debole incontro.

Né è per gratia del Signore Dio nel tempo che si è trattenuta tutta l’armata a Corfù successe alcun’accidente che habbi apportato pur minimo danno o disgusto a quelli fedelissimi sudditi.

Non ho mancato di persuadere li signori sopracomiti a tener le loro genti ben esercitate nel maneggio dell’armi, perché l’impiegare solamente il spirito in mantenere le galere veloci, non riesce totalmente de publico servitio, mentre non si sodisfaccia anco all’altri oblighi de’ buoni soldati, perché parerebbe che il fine all’occasioni non fossedi adoperar l’armi, ma di haver altri pensieri e tanto maggiormente con efficacia eccittai quei signori a disciplinar la soldatesca, quanto che ritrovai che li più vecchi soldati d’armata havevano minore esperienza delli nuovi che al presente si assoldano, onde chiaramente appare che non vengono ammaestrati .

Doppo le prenarrate fontioni si levò dal porto di Corfù l’illustrissimo signor provveditore Mocenigo dell’armatta con dicisette galere sottili armate in maniera che se si fussero conservate nel stato che se ritrovavano, si potrebbero inpiegare in fruttuosissimi servitii, poiché havevano il pieno numero de marinari, bombardieri, soldatesca, per quanto è stato possibile raffinata, et de galeotti con de libertà come sforzati, scoprendosi da libri che già molt’anni non se sia l’armata ritrovata in perfetto numero d’ogni qualità de gente.

Li disordini et inconvenienti penetrati da me sono in numero tanti et in qualità tali, che se per aventura volessi pienamente rappresentarli, troppo lungo e tedioso riuscirei all’Eccellenze Vostre. Mi restringerò, però, nelle più esentiali. 

Primieramente convengo dire, niuna legge, niun’ordine intieramente s’osservava, et se non se ritrova compenso tale al privato e da dubitare, assai ne presenti tempi ne quali gl’interessi et commodi proprii tengono il supremo predominio, che non occorra pensare all’introduttione de nuove riforme, così perché ve ne sono tante da celebri senatori instituiti et da questo eccellentissimo Senato a diversione di tutti l’inconvenienti approvati, come perché non serviriano ad altro che a sprezzo maggiore della publica dignità.

A capi da mare e sopracomiti è espressamente prohibito il tener case in terra, molti le vogliono tuttavia mantenere, anzi è stato dato principio all’introduttione di qualche carozza per solazzo e diporti, e con tutto che le leggi commandano, che non possino condur seco le mogli né le loro famiglie, non potendo se non cagionar molti mali effetti a diversione del publico servitio, tuttavia queste publiche deliberationi sono troppo arditamente sprezzate.

L’armata in loco di starsene in continuo motto, et ne’ porti eremi, si ferma per il più a Corfù infruttuosamente et con danno de poveri sudditi, perché le genti delle galere si lasciano indiferentemente et senza alcuna regola contro la forma de’ rigorosissimi parti caminare, et le ciurme de libertà talvolta sino al numero de mille al giorno, le quali vanno con aperta et manifesta violenza armati de’pugnali e stilli levando la robba a’ sudditi per le strade et nelle proprie habitationi né le condoglienze vengono esaudite, perché se il giudice castiga il reo, condanna se stesso per li debiti che li delinquenti tengono con loro padroni che sono quelli che li hanno da giudicare.

Né e si può dire mai giorno che in quella spianata di Corfù non sia ferito o ammazzato qualcheduno, e talvolta cinque e sei alla giornata con atricissimi assassinamenti, vedendosi rare volte questioni honorate, si sentono se non proferire hereticali bestemie. La religione viene affatto sprezzata, perché vi sono per il più capellani così scelerati che li loro scandolosi essempii eccittano quelli genti ignare al male operare, e pure al mantenimento della religione si deve avvertire con fondamento principale de tutti li governi et particolarmente dell’armate.haver capellani de condittioni insigni, ma che non se ne possino ritrovar de migliore qualità non me lo posso persuadere.

Anco li galeotti sforzati si lasciano con poca custodia contro le leggi caminare, onde ne fuggono frequentemente, e Dio sa con quali concerti, fugendo perlopiù li meno miserabili.

Si ricoverano nelle galere ogni sorte de scelerate genti con offesa della giustitia, et di quelli che governano nelle città, anzi se capita in pensiero ad alcuno di ammallare il suo nemico si fa prima rollare nelle galere per sottrarsi dal giuditio delli rettori, seguendo anco tal’hora il medesimo inconveniente per respetto de cause civili.

Li banditi per eccessi d’ogni qualità, et anco di navilii armati e disarmati si facevano notare per soldati, caminavano liberamente in terra in sprezzo deì publici rappresentanti che li havevano sententiati, e in faccia de poveri offesi, a’ quali dalli medesimi venivano anco fatte molte insolenze et date de grandi mortificationi sino nelle case proprie. A questo inconveniente io ho proveduto, non havendoli potuto haver prigioni, col scacciarli dall’armata, et la deliberatione prudentissima dell’Eccellenze Vostre seguita a mesi passati sopra questo particolare, è stata veramente propria, perché  riuscirà di sollievo et di sodisfattione grande a’ sudditi.

Per la maggior parte de capi da mare e sopracomiti è stato introdotto dar dannaro per il vitto a tutti quelli che son tenuti di fargli taccola, abbuso per più cause grandissimo, perché primieramente si conviene ogn’uno far la propria mensa, tenendo imbarazzate le galere, et l’offitiali sempre pensano di condurle nelli luoghi de più loro avantaggio, et sotto pretesto di mensa fanno provisioni anco per le proprie case et per altri, et quello che è peggio introducono tripperie vergogniose et pregiuditiali, altri si provecchiano col farsi dar da mangiare da poveri trippari galeotti, et per l’auttorità che tengono sopra di loro non ardiscono li miseri di adimandargli il pagamento, altri giocando il dannaro che li viene dato per la loro panatica convengono perire della fame o fuggire o rubbare. Quando si capita alle città, quelli che hanno case mangiano per ordinario fuori di galera, altri alle bettole, onde l’offitiali che doverebboro assistere del continuo alle galere, le abbadonano affatto e ben spesso nel tempo delle levate restano in terra sotto pretesto d’indispositione, e con diverse altre escusationi che se si facessero le tavole per non viver del proprio senza grave necessità non lasciariano il servitio.

L’armata talvolta è stata condotta dove le monete si spendono a maggior valore, et fatte ivi le paghe a pregiuditio delle povere genti che servono nel spatio di breve tempo ritrovata considerabilmente, se si sono diminuite con danno e discontento universale.

Quando occorre di veder le ciurme de libertà le monete si fanno valere alli prezzi che occorrono in questa città, et occorrendo di spendere in vino, drappi et altro per le medesime ciurme in Levante o in altri luoghi dove l’istesse monete crescono di valore l’utilità nel spendere resta a benefitio de padroni, et a crescimento di debito di quelli miserabili galeotti, et questo civanzo è notabile ascendendo ne capi da mare, et in quelli delle galeazze in particolare a migliara de ducati all’anno.

All’illustrissimo signor proveditore dell’armata viene pagato galeotti per mantenere una fregata e due caicchi, tiene solamente li caicchi et in loco di valersi delle genti che l’Eccellenze Vostre li pagano per li medesimi, si vale di quelle d’altre galere. Queste introduttioni doverebboro esser anco per l’avvenire fermate, perché riescono  per più cause note in aggravio del publico servitio, et con sentimento de signori sopracomiti, et occorrendo far delle speditioni non vi essendo la fregata segueno anco delle spese a danno publico.

Quattro galere, mentre non vi è inquisitore nel tempo che servono, non sono rassegnate né veduti li fondi di giave che da quelli stessi signori che le commandano, cioè quella dell’illustrissimo signor proveditore dell’armata, et quelle dell’illustrissimi signori capitani delle galeazze, capitano in golfo e capitano della guardia di Candia, et sebbene si deve stimare che in questi carichi con principali s’eleghino sogetti di candidezza et di ottima conscienza, la continuatione tuttavia di questa introduttione ha delle contrarietà.

Il condannare a tutta paga et a mezza paga diversi a servire per soldati in galera, riesce per il più dannoso all’interessi dell’Eccellenze Vostre, perché non riguardandosi di condannare vecchi impottenti huomini stroppiati, calogeri, et simili sorte di gente senza alcuna attitudine all’esercitio dell’armi, se ne stanno questi per la maggior parte alle loro case tirando le paghe, onde la condanna li serve ad utilità et a commodo.

Ho visitato in propria persona li ospitali de galeotti a Zara et a Corfù, et nella strettezza di dennaro nella quale mi sono ritrovato, non ho mancato di sumministrargli quelle maggiori summe che sono state possibili, ma certamente conviene o di struggerli affatto ovvero che restino proveduti a debiti tempi di dennaro conforme al bisognio, perché se vengono mandati infermi in essi per la povertà de quelli che assistono a quel governo perischino il più delle volte dalla fame, et se non sono condotti nell’ospidali vostre eccellenze restano aggravate di molta spesa senza benefitio o commodo alcuno di quelli miserabili. 

Et per tanti inconvenienti e disordini che seguono, è divenuta in tanto sprezzo appresso sudditi (massime in Levante) l’armata dell’Eccellenze Vostre che dicono liberamente et publicamente, che se non fussero le galere fiorentine et maltese, che assicurano li mari da corsari, restarebbe affatto interrotta la navigatione, alle quali galere, quando li occorre capitare ne porti di Ceffalonia e Zante, vengono usate cortesse grandi et sono ben trattate, et quelle dell’Eccellenze Vostre non non molto ben vedutte, e quello che è peggio et che è grandemente per più rispetti considerabile, le maestranze di Corfù et particolarmente della Parga, dove ne sono in buona quantità, tagliano negli boschi del Turcho convicini (delli quali l’Eccellenze Vostre se ne vagliano per la casa dell’arsenale) stortami et ogni qualità di legname per servitio di dette galere et altre ponentine, lavorandoglieli anco a perfettione, et con vascelli de greci sudditi turcheschi gli vengono ascosamente condotti in più lochi di sottovento, dove si torna a commodo.

Per quanto ho potuto, non ho mancato di far dare essecutione intiera alle leggi a diversione di desordini, e ne sono sortiti anco molti buoni effetti, ancorché le mie commissioni potessero in più maniere esser glosate, et che in qualche ducale mi sia stata piùttosto diminuita che ampliata l’auttorità et l’inquisitione, e anco seguita in quella miglior maniera che è stato possibile, fatti anco li fondi delle giave che non si sogliono dall’inquisitore far notare nelli libri delle galere, come pare che l’illustrissimo proveditore dell’armata presente accenna in sue littere che doveva eseguirsi.

Ho detto che l’inquisitione è seguita in quella miglior maniera che è stato possibile, perché molte volte occorreva che, mentre s’inquesiva, capitavano ordini publici et altri avisi che caggionavano che le galere immediatemente dovevano partire hor per una parte, hor per l’altra, cosicché non si poteva proseguire.

Tuttavia non ho tralasciato cosa di consideratione, perché anco doppo l’elettion dell’illustrissimo signor Capello et mia d’inquisitore, hanno quelli che dovevano render conto hauto tempo gl’anni intieri per aggiustar li loro interessi.

Et doppo che l’Eccellenze Vostre mi gratiorno benignamente della licenza di repatriare, passato che fui nell’isole di Ceffalonia e Zante, non mi son più ingerito nell’armata per essermi allontanato da essa, se non nel far la rassegna et pagar le quattro galere che venneto l’anno passato a disarmare, onde non posso con fondamento alcuno rifferire il stato presente della medesima.

Nell’Istria ho riveduto il maneggio delli biscotti, et ho anco cavato il conto di quanto dennaro è stato sborsato dalla cassa de sali all’armata, come ho fatto in tutte le altre camere.

In Dalmatia non ho riveduto cosa alcuna fuori che li ospitali, perché nella brevità del tempo che mi son trattenuto in quella provincia, non ho potuto, sebbene per l’informatione che tenevo v’era occasione d’affaticare assai nell’arsenale di Lenna, che per quanto intendo è stato per la maggior parte rubbato.

Quello di Corfù non ho potuto medesimamente riconoscere, perché poco tempo inanti che passai a quell’isola fuggì chi l’haveva in custodia, asportando tutte le scritture et ricoveratosi qui fu di ordine publico rimesso in riveder li suoi conti all’illustrissimi signori Cinque savii, et sebbene io non manchai di raguagliar l’Eccellenze Vostre con mie lettere de 29 giugno 1634 della fuga di costui, riverentemente raccordando non esser possibile fare qui conti de robbe che per il valore di centinaia de migliara de ducati si dovevano per necessità riconoscere a Corfù, ma non essendomi dato risposta alcuna convenni con danno publico tralasciar la funtione.

Feci la rivisione dìaltri ministri che assistevano al maneggio de biscotti et drappi da ciurme, ne ritrovai mancamento d’alcuna consideratione.

Al Zante anco reviddi l’arsenale assai ben tenuto da chi l’ha in custodia, che è un tale Cambisa, et nella revisione di altri nel maneggio de’ biscotti trovai mancare certa puoca quantità, et lasciai ordini tali che il publico sarà stato resarcito.

Et perché nelle maniere delli hobili d’armata si estraggono per il più sopracomiti et capi da mare, l’applicargli quanto qui si possa lo spirito, acciocché la qualità di essi siano tali che se ne possa sperare fruttuosa, riuscita giudicarei che fosse se non bene oltre l’accrescergli la paga, invitargli con qualche altro eccitamento quanto più si possa a servire nella professione da mare, stata in tutti li tempi tanto stimata et grandemente preggiata come presidio di questa istessa città, mantenimento delle publiche et private rendite, et fondamento principale della libertà della patria, non potendo certamente cittadino impiegarsi con maggior gloria in più fruttuoso servitio, et occorrendo molte volte, che mentre hanno servito lungamente in armata (non essendo dalla fortuna favoriti di rimanere alla prova) tralasciano per questa causa di non continuare nella professione.

Aricordarei col dovuto termine di riverenza parendomi, che non riuscirebbe né improprio né disdicevole che doppo l’età di 22 anni, non essendo rimasti alla prova potessero, nonostante che non fossero del corpo del Maggior Consiglio, essere admessi alla dimanda de soproacomito, mentre havessero piene fedi di haver servito per il corso di quel tempo che paresse alla prudenza singolare dell’Eccellenze Vostre, essendo conveniente che ogni honore s’aspetti, ogni prorogativa sia dovuta a quelli che consumano la loro gioventù in tanti pericoli, in tanti disaggi, in tanti patimenti per servire la patria.

Rincrescendomi sommamente di non haver talento né condittioni per inalzare il merito de tanti signori che in più carichi al presente fruttuosissimamente servono nell’armata, nella quale l’introduce anco capi de provisionati di qualità tali che potessero prestar il dovuto servitio, sarebbe anco effetto proprio della loro singulare prudenza, perché in questi principalmente consiste la custodia et all’occasione d’adoperar l’armi la preservatione delle galere. Giudicarei, pertanto, che questi dovessero essere eletti dall’eccellentissimo Collegio, gli fosse accresciuto il salario, con obligo però di provedere della soldatesca et di mantenerla in numero et in qualità, tenendola esercitata et disciplinata, et mentre che havessero le fedi di haver servito per quel tempo che all’Eccellenze Vostre parerà conveniente, et d’havere esequito in tutte le parti il loro debito, potessero godere delle prerogative et requisiti di capitano. Tale deliberatione, per quanto universalmente per tutti li luoghi da mare  apressente invitarebbe soggetti d’ honorate condittioni a venir a servir nella carica, et ne conseguirebbero effetti per più cause utilissimi al servitio dell’armata.

La caggione per la quale li bombardieri nell’armata non sono per la maggior parte atti al servitio segue, perché nel magistrato dell’arteglieria senza che faccino le debite prove, et senza altro riguardo, da quelli ministri li sono fatte le patenti. 

L’indagare per quelle vie che pareranno più proprie quanti sudditi servono per marinari altri prencipi (che per quanto mi sono informato sono molti e di valore) per farli ritornare alle loro case et al servitio, conferirebbe notabilmente agl’interessi di Vostra Serenità.

Dall’arsenale escono molte galere mal’acconcie, e talvolta s’ingegniano quelli periti per loro escusatione dar la colpa a quelli, a’ quali fuori di questa città incumbono le cariche di mantenirle, come è successo di quella del signor sopracomito Tiepolo, nella quale io ho servito essendo stato rifferto da chi aspetta essersi ritrovata in mal stato, perché li marinari di essa non habino nel spalmarla avertito di fare le debite brusature, il che è falsissimo, anziché devo aggiungere che bona parte de remi che escono da quella casa, et che si trasmettono nelli arsenali di Dalmatia e di Levante sono sobboliti e di malissima condittione, et medesimamente  le polveri e stuppini come li fuochi artificiati, che per esserne al presente introdotti di altre qualità, quelli che se adoperavano per il passato non sono più in alcuna stima, onde l’applicar anco il pensiero sopra questo particolare parmi sarebbe necessario.

Et se anco s’introducesse una stantia nell’arsenale a parte, dove si dovessero tenere li moschetti tutti d’una sagoma e d’una longhezza, et di quella qualità che si usano a tempi presenti da dispensare alle galere, et se in loco del piombo si consegnasse tante balle fatte a misura della medesima sagoma, riuscirebbe per più cause di servitio, perché oltreché si divertirebbero le ventite de piombi in bastoni e gaiandre che molte volte seguono, et sicali troppo ingordi per fabricar balle, si tenirebbero anco in pronto tutte le cose necessarie d’adoperarsi all’occasioni, occorrendo massime per il  più che le forme per far le balle si perdono o rompono restando impedito per questa causa il poterne quando occorre il bisogno rimettere.

Quanto all’impedire che li sopracomiti e capi da mare non tenghino case in terra, et che non conduchino seco le moglie e le loro famiglie, stimarei che non si potesse risolver altro che scrivere efficacemente per l’osservatione delle leggi, et se li principali capi da mare saranno li primi a dar l’essempio et risolveranno di starsene con le galere ne porti eremi, e non la maggior parte del tempo a Corfù, restarà levato il disordine. 

 A divertione de latrocinii, homicidii et altri eccessi che vengono commessi dalle genti delle galere, è di necessità medesimamente che l’Eccellenze Vostre scrivino per l’essecutione delle parti molto piene et rissolute, che prohibiscono il lasciar uscir dette genti castigando li transgressori, et acciocché per l’avvenire resti anco con maggior fondamento proveduto, raccordarei riverentemente che l’Eccellenze Vostre decretassero che gl’eccessi che dalle genti delle galere fossero commessi in terra siano giudicati dalli rettori, per fermare anco l’abbuso di quelli che appostatamente per sotrarsi dal giuditio loro si fanno descrivere in quei roli, et che le piezzarie reciproche di fuga, che si fanno le ciurme l’uno all’altro per assicuratione delli signori capi da mare e sopracomiti a fine che si lascino caminare in terra si levassero, il che seguito non li sarà così facilmente permesso l’uscita, respetto che se fuggiranno, li patroni perderanno li loro crediti, et per levare anco dell’altre fraudi a pregiuditio di quelle povere genti, la deliberatione sarà molto propria.

Se mentre d’ordine de signori sopracomiti saranno levati di catena e lasciati caminare o impiegati in qualsisia affare prohibito dalle leggi, fuggiranno li galeotti sforzati, doveranno essi sopracomiti restare obligati al pagamento de suoi debiti sottoponendoli, inoltre, a qualche altra pena pecuniaria, la fugga restarà certamente impedita.

Se medesimamente restaranno sottoposti li signori sopracomiti al pagamento del biscot to et vino che si consumerà per il vitto de galeotti, che per favori si pongono in deposito sopra galere per quel tempo che haveranno servito, scritti nei libri a parte, si fermarà anco quest’ altro inconveniente, rispetto che per non socumbere a spesa considerabile non saranno riceuti né accettati.

Per levare l’introduttione di condur l’armata dove le monete si spendono a maggior valore (che partorisce molti mali effetti), non sa la debolezza mia a questo male aplicarvi altro rimedio se non che si ponga a utilità publica sotto severissime pene l’intiero accrescimento delle monete, e non in parte come per il passato seguiva, il quale accrescimento calculato da ministri può importare per il meno vinticinque in trenta mille ducati all’anno, che servirebbe per l’augumento di paghe a’ nobili, a’ capi di provigionati, per capo soldo o provigione di quelli che havessero servito lungamente in armata, in quella maniera che s’usa d’assegnare a’ soldati che impiegano la loro servitù lungamente in altri servitii, il che servirebbe per invito a molti d’applicarsi con spirito a servire anco nelle galere. 

Il permettere che si continui da capi da mare e da soproacomiti a guadagnare nelle monete a danno notabile delle povere ciurme di libertà, siccome ho espresso per le spese che vengono fatte in vino, drappi et in altre cose, dovendo massime scontare quelle misere carni questa qualità de debito come schiavi in una galera contraviene certamente agl’effetti della giustitia.

Et acciocché anco non si passi d’abuso in abuso, crederei che fosse se non bene scrivere all’illustrissimo signor proveditore dell’armata, che non continuasse a valersi delle genti delle galere per suoi caichi, ma che si servisse di quelle che li sono pagate per questo effetto, e che medesimamente dovesse tener armata la sua fregata con le genti che pure a tal effetto li vengono pagate.

L’obligare li capi da mare a far li fondi di giacca frequenti a cadauna galera, inviandoli di volta in volta con le cerche et conti delle dispense del dennaro all’eccellentissimo Senato, et in qual luogo siano state fatte le paghe, in che qualità di moneta, et quanta utilità d’accrescimento sia stata posta in publico, et il prohibire ancora che non possino darsi paghe se non a quelli che saranno rollati a pelo e segno, come ho io introdotto, divertirà indubitatamente molti publici pregiuditii.

Se li capi e sopracomiti che armano in questa città di subito riceute le quattro paghe fossero obligati con tutte le sue genti trasferirsi al lido, con obligo di non permettere la scala ad alcuno sin tanto che da qualche capo da mare gli sia fatta recercha, et in caso che permettesero la scala a chi si sia, et che fuggisse restassero tenuti pagare il debito al publico, restarebbero divertite molte fraudi, particularmente perché molti passano con nomi suppositi et falsi, quali immediatamente ricevute le paghe s’absentano restando piezzi li più miserabili senza loro consenso né saputa alcuna, quali disperati, di subito che se gli rappresenta la commodità, fuggono anco essi, et le galere si partono da questa città debolissimamente armate.

Se l’inquisitione del Magistrato de tre savii sopracomiti seguisse in quella maniera che viene dalle leggi commandato, et che in sostanza quelli ministri essercitassero i loro carichi in conformità delle loro obbligationi ne sortirebbe non solo sollievo grande alle povere genti di armata, ma utilità anco considerabilissima agl’interessi di Vostra Serenità, come medesimamente conferirebbe al publico servitio le frequenti visite dell’istessa armata d’inquisitori. 

I’ levare l’introduttione di condannare per li respetti da me considerati a servire in galera a tutta paga o a mezza paga, doverà esser parto del riflesso prudentissimo dell’Eccellenze Vostre, come si far sapere all’illustrissimi signori rettori di Corfù che informati di quanto ho esposto sopra il particolare delli legniami che vengono dalle maestranze di quell’isola et della Parga tagliati ne boschi turcheschi per servitio delle galere ponentine divertischino per l’avvenire l’incoveniente.

Vostre Eccellenze non faccino reflesso sopra le genti delle tre isole per il rinforzo dell’armata, perché oltreché pochi sono atti a quel servitio, non hanno meno arme proprie, et se si introducesse frequentemente di levarne abhorendo loro questa servitù né essendo molto ben trattati, seguirebbe certamenmte degl’inconvenienti et per aventura ne passarebbero molti nel paese turchescho, et perché nel riarmamento che seguì delle galeazze l’anno passato, ne furono introdotti molti che per non haver havute le loro paghe continuatamente se ne lamentavano, stimarei che per consolarli fosse se non bene il commandare che fossero sodisfatti.

Et per fine di quanto la mia debolezza ha potuto conoscere che possa giovare all’interessi dell’armata, se a quelli signori sopracomiti che havessero marinari, soldatesca, galeotti di libertà, et in sostanza il pieno numero di tutte le sue genti, Vostra Serenità li facesse un regalo di paga avantaggiata. Et se le paghe de altri signori sopracomiti che non havessero l’intiero di tutte le genti, dovessero essergli fatte in raggione et a misura del numero di esse, et se per quel tempo che lacuni altri convengono stare ne mandracchi per mancamento de marinari, scappoli et galeotti di libertà (restando per questa causa il servitio delle loro galere innutile) non potessero sin tanto che stanno otiosi tirar paga de sorte alcuna, e che medesimamente non potessero conseguire le loro paghe quelli che non faranno taccola, stimerei che questi interessi particolari dai signori sopracomiti partorissero ottimi effetti al publico servitio.

Si scopre manifestamente che la maggior parte de disordini et inconvenienti nell’armata seguono (sia detto col dovuto termine de riverenza), perché le paghe conforme agl’ordini dell’eccellentissimo Senato, contenuti particolarmente nella parte 1627 14 agosto, non sono a debiti tempi somministrate all’armata, et se anderanno questi ritardi continuando, tenghino l’Eccellenze Vostre per certo di vederla in breve tempo affatto distrutta né si potrà rimettere, perché li marinari tutti finalmente fuggiranno et andaranno a servire altri prencipi, da quali purtroppo sono ricercati né si troverà soldati né altra qualità di persone che voglino servire in tanti disaggi, in tante necessità, in tante miserie, diminuendoseli le loro paghe in tale maniera per le mercantie che da più persone li vengo fatta, sopra che ristrettamente possono servirle per il solo pane, oltra che non capitando le paghe a debito tempo, viene Vostra Serenità a perdere quantità grande d’oro, perché non potendo seguire le rassegnie frequenti, non si possono divertire le fraudi, e quello che più importa, la riputatione istessa della Serenità Vostra grandemente attaccata, perché li patti che seguono de denari che si pigliano ad interesse, l’impegno che fanno quelle genti di drappi e d’altro concludono per il più che saranno pagati li debiti quando capiteranno le paghe.

Altri considerabili rispetti caddono in consideratione, poiché nelli paesi turchesci passano publiche voci del bisognio che tiene Vostra Serenità per pagare la Sua armata, et della debolezza della medesima.

Le povere ciurme vanno creditrici di minestre in numero di quantità di migliara de risi, et incontrandosi anco più volte mancamento de biscotti, si conviene destribuirgliene per necessità assai minore quantità dell’ordinario per il loro vivere, le quali per non potersi (sempre si può dire affamate) sostentare in tante fatiche e patimenti e lacrimabilissime miserie ne morono quantità grande.

Anco nell’arsenale di Levante e di Zara essendovi per ordinario penuria de remi, d’armizzi, legnami di tutte le sorti, pegole, rase et ferramenta, convengono le galere starsene per molto tempo infruttuosissime nelli porti.

Mi è stata in nome dell’illistrissimi signori capi da mare e signori sopracomiti che al presente servono  presentata una scrittura, la quale con buona gratia dell’eccellenze Vostre sarà letta, acciocché fatto anco sopra di essa le Loro prudentissime considerationi, risolvino a debito tempo quello che, per solevo delli aggravii che detti signori rappresentano, stimeranno convenire. 

Alcuni processi spetati all’interessi dell’armata sono stati da me presentati, le colpe contenute in essi sono considerabili, delle quali per varii accidenti (come a suo tempo considerarò) non son devenuto ad intimatione de mandati, et sebbene io benissimo conosco che anco questi serviranno a mia opressione, tuttavia per qualsisia rispetto non devo tralasciare di sodisfare il mio debito verso il servitio della patria a solevo de miseri opressi e della mia stessa conscienza.

Seguono esempii a tempi presenti, che convengono grandemente per turbare gl’animi di quelli che servono, che io non devo a questo eccellentissimo Senato tener celati, e tanto più quanto che non si manca anco di far correr voci che quelle cose che in tali propositi sono stati rappresentate da me siano vanità de niuna consideratione et persecutione.

L’anno passato inviai un processo con littere de informationi a questo eccellentissimo Senato contro la persona del signor Francesco Querini sopracomito, et con due priggioni, quali erano il scrivano di detto signore et il tariffa della medesima sua galera, il contenuto del qual processo in sostanza è che detto signor sopracomito havendo hauto tre scrivani fossero da questi tenuti pesi scarsi, con quali destribuendo il biscotto alla povera ciurna restasse considerabilmente deffraudata , del qual danno sia poi stata in parte dal medesimo signor sopracomito rissarcita con l’esborso di denaro, il che resta comprobatto con scrittura d’acquietudine seguita con l’istessa ciurma, alla quale pur ancora pare che sia stato dispensato vino guasto comprato a prezzo basso, et che volendo li trippari comprar vino venissero astretti a torne di quello che era di sodisfattione d’esso signor sopracomito, dal quale anco veniva alli medesimi dispensato formaggio a prezzo esorbitante, che li condennati venissero astretti a far legne in Candia per la casa propria d’esso signor sopracomito et suoi parenti, servendosi anco di questi miserabili nelli affari di vila, et che in questi servitii ve ne siano morti alquanti. Che quattro galeotti di libertà nelle rassegne passate sotto capi da mare passassero uno per canevaro, un’altro per fante di pizzolo, et li altri due per martio de casa et scalco, et che conseguisse le paghe per questi carichi. Che a diversi galeotti siano stati adossati debiti de drappi non havuti. Che un Bortolo Massari sforzato chiamato tariffa della ciurma, carico del quale è tener le ragioni della medesima, fosse consapevole delli pesi scarsi e compartecipe di questo mancamento. Che il scrivano attuale havesse anche egli dispensato con li medesimi pesi scarsi per qualche tempo il biscotto alla ciurma, et che fattili agiustare havesse ancur lui esborsato certa poca quantità di danaro per resarcimento della medesima.

Io haverei espedito il scrivano attuale et il tariffa complici in quelle colpi, ma dovendo l’Eccellenze Vostre giudicare il signor sopracomito, che era absente all’hora, havendo abandonata la galera, sarebbe seguito disordine notabile, mentre li rei disunitamente si spedissero, onde risolsi con l’occasione massime della stessa galera che veniva a disarmare di farli capitare in questa città come priggioni con il processo formato (come successe), acciocché dalla prudenza singolare dell’Eccellenze Vostre fosse rissolto quel tanto che Li paresse convenire.

Le mie lettere di informatione furono lette nell’ in questo eccellentissimo Senato, et doppo presa parte nel medesimo che fosse consegniato il processo ad uno dell’illustrissimi signori advogadori (come seguì) obligandolo a rifferire il suo contenuto, e fra tanto occorso che uno delli rei, che è il tariffa, è stato rimandato in armata, et il scrivano che era in priggione è stato rilasciato, nonostante che fossero dechiariti anco rei di questo eccellentissimo Senato, in qual maniera sia seguito inconveniente con pieno fondamento, io non lo posso portare alla notitia dell’Eccellenze Vostre, ma stimo certamente che l’illustrissimi signori proveditori all’armar siano stati ingannati, che qualità d’essempii siano questi, e ciò che finalmente possino partorire, la prudenza singolare dell’Eccellenze Vostre lo vidde d’avantaggio. Io parlo così liberamente, perché non voglio restar macchiato di haver nelli carichi publici hauto immagginabile riguardo a’ miei particolari interessi.

Delli negotii commessimi nell’isole del Zante et Ceffalonia non conosco necessario trattarne al presente, havendo io massime l’operato in esse con mie pienissime lettere rappresentato all’Eccellenze Vostre. Solo dirò che se io havessi hauto auttorità di riscottere in quelle camere, haverei saldata l’armata, et preservati anco li cinquanta mille ducati per il regno di Candia, ma li servitii notabili che qualche rettore conseguisse da debitori in camera et da altri, caggiona che il denaro publico non si esiggiè, sebbene ritornarebbe più a conto a’ debitori di pagare li loro debiti che ricevere altre qualità de maggiori danni et pregiuditii, convenendo vendergli le loro uvepasse a vilissimi prezzi senza esborso di danaro, le quali poi amassate in grosse somme si consegnano al console de Inglesi et ad altri facendosele pagare a prezzi esorbitanti, et queste tatiche le convengono comprare, ricevono talvolta delli favori a publico pregiuditio, et così si guadagnano col mezzo dell’auttorità molte migliara de reali, senza esborsare pure minima quantità di denaro, con lacrimose opressioni per più rispetti di quelle povere genti, et se l’Eccellenze Vostre con modi rissoluti et proprii non levaranno queste qualità de mercantia a danno publico et privato, tenghino per certo che l’entrate di quelle camere s’anderanno sempre maggiormente diminuendo, come già si è principiato di vederne li effetti, et l’isole se anderanno sempre più spopulando.

Intendo di haver detto questo tanto a solo mio solevo per esser stato scritto contro la verità, che io volessi con troppo rigore far essecutioni contro debitori, che per questa causa li datii potrebbero diminuirsi, non intendendo io per questo mio discorso d’attaccare altri rettori, perché ne sono stati per quanto le voci corrono de giustissimi, sincerissimi, et di qualità tali che hanno avantaggiato il publico e tenuto sonsolati quei fedelissimi popoli.

Et perché anco l’Eccellenze Vostre mi commisero che io dovesse riveder le piazze di Corfù et Asso Ceffalonia, brevemente rappresentarò alcuni particolari.

Ritrovai quelle di Corfù con ristrettissima quantità di monitioni da vivere, l’altre da guerra et arme in malissimo stato con la maggior parte de pezzi  scavalcati, tenedosi per certo che la polvere del deposito grande nella fortezza vecchia sia anch’essa, per quanto si è potuto vedere, in gran parte guasta per esser molti anni (dicono) che non è stata solleggiata, et se quelle piazze restano nell’essere che io l’ ho lasciate, con l’assedio in pochissimi giorni convenirebbero cadere, et sebbene io so che dalla vigilanza dell’illustrissimo signor Lorenzo Dolfino sono state le medesime cose rappresentate, tuttavia per riverente essecutione delle mie commissioni non devo tralasciar anco al presente (siccome con mie lettere per il passato ho fatto) di portarle a notitia delle Loro Eccellenze.

Quella d’Asso oltre il poter esser da più parti scalata, l’artigliarie per il maggior numero non potevano adoperarsi, perché ve ne erano molte scavalcate, et l’altre sopra letti di condition tale che nel primo tiro sarebbero caduti li pezzi; l’altre armi come erano in numero poche, così per il più anco improprie.

Ho servito l’Eccellenze Vostre nella galera del signor sopracomito Lorenzo Tiepola, suggetto veramente di degne condittioni, la sua galera era una delle migliori d’armata, et quando già alcuni giorni con l’occasione del mio ritorno alla patria comparve in questa città, haveva il pieno numero di tutte le sue genti, come dalle cerche fattegli dall’illustrissimi signori proveditori della camera dell’armamento si può vedere, ma per esser stata ritrovata la sua soldatesca esperimentata et bravissima, gli sono stati d’ordine publico levati trenta scapuli et mandati a servire in terraferma, onde ha convenuto in questi tempi massime che tanti capitani fanno levate provedersi di quella quantità de scapoli che è stato possibile. 

Ho stimato a sollevo di detto signore convenire al mio debito notificare questo  tanto all’Eccellenze Vostre, acciocché essendo di già stato trattato in questo eccellentissimo Senato sopra alcuni particolari della sua galera, con occasioni del denaro inviato all’armata non resti in concetto de non haver fatto compitamente la parte sua, havendo egli massime incontratto in accidenti pregiudialissimi non più occorsi in questa città ad alcun altro sopracomito.

Li miei raggionati sono stati Pariglia e Lucadello, li quali come hanno esercitato la loro carica con assiduità inesplicabile, con mia piena sodisfattione, et con rilevantissimo publico servitio, apparendo da loro conti le grosse summe di denaro ricuperate, così si rendono degni della benigna gratia dell’Eccellenze vostre.

E tanto magiormente quanto che gl’altri passati inquisitori hanno hauto quattro ministri, sebbene non tenevano cassa, et questi non solo hanno convenuto riveder conti et altri maneggi, ma anco impiegarsi nelli pagamenti dell’armata, onde soli hanno esercitato due importantissimi carichi.

La mia servitù, le mie incessanti applicationi et fatiche con consumo della magior parte delle mie sostanze in otto laboriosissimi carichi, ne’ quali dalla benignità dell’Eccellenze Vostre ho ricevuto spetialissimo honore di servire, ancorché non ricercati, se non mi hanno d’apportare alcun merito, considerato il gran debito che ogni cittatido deve alla patria, non mi doverebbero almeno servire a demerito per haverli esercitati con solo riguardo di sodisfare al debito della giustitia, a sollevo de miserabili oppressi, et a solo fine di fedelmente et diseresatamente servire, ma per quale si sia male incontro il mio desiderio non restarà che accompagnato da una ardentissima volontà di spendere il rimanente delle mie ristrette fortune, et di sigillare li miei anni in servitio della mia amatissima patria et di cadauna dell’Eccellenze Vostre illustrissime.

Allegata scrittura presentata all’ inquisitore dell’armata Basadona a nome dei capi da mar e dei sopracomiti (2cc)